“È volato via come un soffio … ma quanto rumore e dolore ha lasciato la sua uscita da questo mondo terreno”. Antonella ha perso suo marito, il suo uomo, il suo compagno di vita a causa del coronavirus. Massimo aveva 70 anni e una vita attiva nonostante qualche acciacco sofferto negli ultimi tempi. La moglie, a pochi giorni dalla scomparsa dell’uomo, avvenuta mercoledì 25 marzo, condivide sui social la storia straziante che ha colpito la sua famiglia. Una storia anche di inadeguatezza e inefficienza, di un sistema sociale e sanitario colto a volte impreparato dall’emergenza Covid-19. “Aveva 70 anni e aveva ancora tanto da dare e ricevere – scrive del marito Antonella – ma, il destino o la superficialità di chi doveva prendersi cura di questo essere umano, si è scagliata inesorabilmente su di lui”.

Il calvario dell’uomo comincia il 15 marzo: “Dopo una giornata allegra con i nipotini, nonostante le giuste restrizioni, il mio Massimo verso sera si sentiva un po’ febbricitante. Misurata la temperatura risultava 37.4. Non aveva nulla che potesse ricondurre al maledetto virus, solo un po’ di costipazione e sporadicamente tosse grassa”. Il giorno dopo il medico di base diagnostica all’uomo una bronchite e prescrive un ciclo di antibiotico. La febbre continua però a salire e Massimo accusa spossatezza e inappetenza. Da una visita a domicilio emerge un focolaio di polmonite. Ma non è coronavirus, dice il medico che prescrive un altro ciclo di antibiotici. “Ovviamente questa affermazione così perentoria ci rassicurò, anche perché avevamo molta fiducia nel medico che si era sempre comportato scrupolosamente nei confronti di mio marito che quattro anni fa aveva avuto un infarto ma che con le opportune cure conduceva una vita attiva”.

Nel giro di due giorni la situazione precipita: Antonella vuole che il marito venga sottoposto al tampone ma il giorno dopo, mentre la febbre continua a salire e i sintomi (tosse secca e debolezza) a manifestarsi, il medico di guardia, dopo aver visitato Massimo, decide di chiamare il 118. “Fu l’ultimo giorno che vidi l’amore della mia vita. Riuscii a malapena a stringergli le mani e a incoraggiarlo guardandolo negli occhi disperati, forse perché la sua arguta intelligenza gli aveva già fatto capire la gravità della situazione, e gli dissi ‘Forza amore, ci rivedremo presto’”, ricorda la donna.

L’esito del tampone è positivo: polmonite bilaterale diffusa. Massimo è stato contagiato dal coronavirus. “Fu una lama che mi trafisse senza pietà il cuore. E da quel momento iniziò il terribile incubo”. L’uomo viene curato con farmaci antimalarici e con il casco C-PAP per la ventilazione polmonare. Dopo tre giorni è trasferito nel reparto Covid. “Martedì 24 marzo Massimo si aggrava – continua la donna – e necessita trasferimento in sala rianimazione per essere intubato, ma non ci sono posti! A mia richiesta di spostarlo ad altro ospedale la risposta è stata che la decisione spetta all’unità di crisi secondo alcuni parametri: età, patologia e gravità”, racconta Antonella.

Alle 11:30 di mercoledì 25 marzo la telefonata: Massimo non ha superato una crisi respiratoria. Nel giro di dieci giorni il virus ha stroncato un uomo stimato, apprezzato, come lo ricorda la moglie, che aveva ideali e credeva nella giustizia. Nel dramma di Massimo e Antonella si riflette lo stesso di oltre 17mila vittime in Italia causate dal Covid-19. La tragedia di chi se n’è andato da solo, dolorosamente, senza nemmeno le celebrazioni funebri. “Quante domande tormentose per una morte così assurda … senza il conforto dei suoi cari … senza un saluto decoroso per un grande uomo …. per un grande amore”.

Redazione

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