Caro direttore,

vale la pena fare una riflessione un po’ su tutto, dall’articolo di De Giovanni sulla fine della parola socialismo (di una quarantina di giorni fa) ai giorni nostri perché nella sostanza è come se da allora fossero passati almeno 10 anni. Partiamo da Adamo ed Eva. Emerge un paradosso. Per molti aspetti la globalizzazione, e per quello che ci riguarda più direttamente la costituzione dell’Unione Europea, sono aperture d’orizzonti ineliminabili, ma nel contempo causa di fortissime contraddizioni. Come dimostrano le due crisi in rapida successione verificatesi a livello mondiale nel 2008 (i titoli tossici delle banche americane) e nel 2010 in Europa (il cosiddetto debito sovrano) entrambi questi processi sono stati eccessivamente accelerati (su questo nodo ha insistito più volte Tremonti) e sono stati anche regolati o in modo pessimo (fiscal compact, patto di stabilità) o non regolati per niente.

In questo contesto si sono affermati due fenomeni devastanti: l’eccesso di finanziarizzazione dell’economia accompagnato da una selvaggia deregolamentazione: entrambi questi fenomeni specie negli USA sono stati gestiti proprio dai democratici che ne hanno pagato le conseguenze sul piano politico con la vittoria di Trump. Infatti, per un verso la globalizzazione non si è risolta come prevedevano sia i teorici neoliberisti sia quelli neomarxisti nell’ennesimo trionfo dell’Occidente, ma si è risolta nel suo contrario: si sono affermati i paesi andati sotto il nome di BRICS e fra di essi in primo luogo la Cina.

Ora la Cina già di per sé costituisce la negazione degli schemi tradizionali riguardanti la netta dialettica fra gli opposti, cioè socialismo versus capitalismo – liberismo perché invece ci troviamo di fronte ad un autentico ircocervo: rimane in piedi il ferreo stato comunista edificato da Mao Tse-tung attraverso milioni di morti che però, grazie all’indubbia fantasia e duttilità degli epigoni (in primo luogo Deng Xiaoping) ha dato vita ad un capitalismo selvaggio che per un verso ha dato vita a grandi gruppi per altro verso ha sottratto milioni di cinesi alla fame facendo anche nascere una vasta e ricca classe media.

Su un altro piano la Cina sta portando avanti un fortissimo imperialismo economico e geopolitico che si sta propagando in tutti il mondo sulla base di un forte impiego di risorse. La nuova via della seta si fonda su tanti mini-piani Marshall regionali che però implicano l’assoggettamento di intere nazioni e la conquista di una rete di porti, da Gibuti al Pireo forse a Trieste.

La Cina è entrata nel WTO, ma non rispetta le regole della concorrenza. Il risultato è stato che negli USA e in Inghilterra sono saltate molte industrie manifatturiere con dei colpi durissimi alla classe operaia di quei due paesi con conseguenze politiche molto rilevanti: siccome i democratici americani e i laburisti sono stati portatori di una visione acritica e ottimistica della globalizzazione e della deregolamentazione le conseguenze politiche sono state da un lato la vittoria di Trump dall’altro lato di Farange per Brexit.

Caro direttore, lei ricorderà certamente l’aureo libro di Rudolf Hilferding che metteva in evidenza che se si fosse affermata una finanziarizzazione dell’economia si sarebbe verificata una compressione di entrambe le classi sociali protagoniste dei rapporti di produzione capitalistici, cioè sia gli imprenditori che la classe operaia (il libro di Hilferding è “Il capitale finanziario”), se poi alla finanziarizzazione aggiungiamo la deregolamentazione la miscela economico-sociale, il risultato è infernale.

Orbene, rispetto a tutto ciò la posizione dei democratici americani, dei laburisti inglesi, del PD italiano, di molti partiti social-democratici è stata di un ottimismo beota. Altrettanto vale su una serie di aspetti per i meccanismi dell’Unione Europea. Questo ottimismo beota, a nostro avviso, insieme alla crisi per decerebralizzazione del centrismo liberale e di quello cattolico, è la ragione di fondo dell’esplosione culturale, politica ed elettorale delle forze populiste e sovraniste.