Perché un libro sul socialismo liberale? Certamente non per fare ricostruzioni storiche sul socialismo, né per affidare al lettore un’altra prospettazione volta a rivalutare personalità o fatti di storia recente. L’intento del libro (Per un socialismo liberale europeo, scritto da Gianni Pittella ed Enrico Caterini per Pacini editore, ndr.), è tutt’altro. Il punto d’avvio della narrazione è lo stato di crisi.  Non si può nascondere che l’idea socialista per come i più la conoscono soffre una lunga fase declinante. È da tempo che non suscita passioni nelle nuove generazioni in parte affascinate da sensibilità politiche «destrutturate» perché disincantate da un passato che le ha rinnegate.

Nel libro si esamina lo stato di crisi a tutto tondo, poiché la crisi delle idee non è indipendente da fenomeni che incidono sulla stessa concezione che la modernità rilascia dell’uomo. Da un quadro decomposto si prova a riconnettere alcuni punti cardine di una storia che, piantati i piedi a terra, allunghi uno sguardo presbite oltre il groviglio del presente. Il socialismo liberale è l’ipotesi di un socialismo possibile nell’era dell’intelligenza artificiale, dell’economia sovrastante e della società ingorda e cieca di fronte all’enormità dei soprusi.  È un socialismo, quello liberale, che tende una mano a quella parte dell’umanità che ha preservato un’intelligenza divergente, cioè non conformabile, senza però dimenticare chi resta indietro e ha bisogno di misure protettive. È l’ipotesi di un socialismo che fa i conti con il valore della persona, che rispetta nella sua dignità, ma che considera non più terminante nella sua finitezza là dove necessita di una perennità offerta dall’umanità come entità concreta della dialettica politica.

È un socialismo che si dissocia dalla sua identità storica per aprire con essa un dialogo franco, che non ne cancella l’essenza ma ne relativizza i contenuti.  L’umanità nella sua integrità organica composta di persone, esseri senzienti e inanimati, costituisce il nuovo polo ideale del socialismo liberale che così svolge anche il tema ecologico. Tema, questo, che non deve cedere all’avvitamento carpiato dello spodestamento dell’antropocentrismo, ma deve affermare l’etero-contenimento dei poteri dell’uomo sulla natura.  L’umanità come corpo dà all’idea una componente di doverosità che preserva il futuro sì, ma neppure nega il presente a chi il presente viene negato.  Quello liberale è un socialismo che rimuove gli steccati per aprire alle convergenze sui temi umanitari e lasciare fuori le egoità e i sentimenti privativi.  Le società occidentali, sempre più in affanno dinanzi alle culture orientali, hanno bisogno di attingere a una nuova fonte ideale che riaccenda le speranze di giovani con visioni mistiche. Occorre avviare un processo dialettico volto a semplificare la vita politico-istituzionale europea e italiana, in modo da liberarla da vecchie e sempiterne incrostazioni, per intravedere un sistema semplice nelle linee di fondo, accessibile perché democratico e dinamico perché diacronico.

Nel socialismo liberale v’è la sinderesi del paradosso una volta identificato nelle «parallele convergenti». In esse vi era la verità di una geometria geodetica contro il falso di una geometria euclidea, lì dove la prima esprime la complessità dei sistemi socio-politici che sono propri dello spazio pluridimensionale, mentre quello unidimensionale è di per sé un falso.  Il libro vuole aprire alla discussione dentro un mondo dedito alle partizioni come sinonimi di separatezze, ponendo sul tavolo la necessità di far coesistere convergenti opzioni etiche e politiche. La relazionalità dialettica è la chiave di lettura di una sintesi unitaria che non è indistinzione. Anche l’eguaglianza e la libertà e, quindi, la giustizia devono essere relazionali, cioè espressi in una datità dinamica e sistemica che supera le percezioni soggettive e di parte.  Il libro, quindi, vuole contribuire a liberare dal vaso di Pandora anche la speranza di una parte della politica italiana.