Parte uno
Dibattito sul riformismo: non si può ignorare Craxi
Un vero peccato che a Milano non si sia svolto nel Pd il confronto su Bettino Craxi richiesto dalla giovane generazione di quel partito e che è stato rinviato con molti strascichi polemici e limitato al movimento giovanile. Milano è sempre stata una sede fondamentale di confronto politico e culturale. Per quello che riguarda poi il socialismo italiano è stato il teatro del dramma sia al suo decollo (Bettino Craxi nasce e ha il suo punto di forza a Milano) che alla sua tragica conclusione (Mani Pulite e la distruzione di Craxi e del Psi). Oggi Milano, per molti aspetti, è la punta più avanzata del riformismo nel Pd (il che non vuol dire affatto che il Pd a Milano sia tutto riformista e quindi garantista). Il sindaco Sala impersonifica questo riformismo, ma, come diceva Mao, esistono “le contraddizioni del popolo” e aggiungiamo noi le differenze interne ai partiti.
A testimoniare nei fatti l’esistenza di questa anima positiva di una larga parte del Pd a Milano c’è il fatto importante costituito dallo svolgimento delle manifestazioni del 25 aprile: per una pessima scelta dell’Anpi è stata da anni inserita in quella celebrazione una forza a esso del tutto estranea, quella delle organizzazioni palestinesi, sia perché nella Seconda Guerra Mondiale pezzi cospicui del mondo arabo simpatizzarono con Hitler e il nazismo, sia perché più semplicemente comunque il 25 aprile i palestinesi in Italia sul campo di battaglia non c’erano, mentre invece c’era la Brigata Ebraica con i suoi morti e i suoi feriti. Ebbene, a Roma siamo arrivati al punto che per responsabilità dell’Anpi e per la fuga dalle responsabilità del Pd laziale la Brigata Ebraica e la Comunità non possono partecipare alle manifestazioni del 25 aprile per non essere aggrediti dagli antisemiti palestinesi e dai centri sociali; invece a Milano proprio il servizio d’ordine del Pd ha sempre consentito la partecipazione piena al corteo dei reduci della Brigata Ebraica e dei membri della Comunità.
Ciò detto, c’erano quindi le migliori condizioni per un libero dibattito su Craxi e sul craxismo, sulle sue luci e anche sulle sue ombre (che a nostro avviso non sono quelle giudiziarie). Anche alla luce non tanto del film (che affronta in modo straordinario l’ultima fase della vita di Bettino Craxi), ma dei libri usciti anni fa (in primo luogo quello di Massimo Pini e anche lo straordinario 1993 di Mattia Feltri) e nel ventesimo anniversario della sua morte (da quello di Claudio Martelli, a quello di Andrea Spiri, Fabio Martini, Marcello Sorgi) è evidente che si tratti di una personalità fondamentale nella storia politica di questo Paese, del socialismo italiano e nel dibattito della sinistra. Craxi per primo nel 1981 ha rilanciato come punto di riferimento politico e culturale “il riformismo”.
Oggi tutti si dicono riformisti, ma allora riformismo e riformisti erano “una parolaccia”, tanto era stata forte e penetrante la demonizzazione di quella tendenza del movimento operaio fatta dai massimalisti e dai comunisti. Non a caso prima del VII Congresso dell’Internazionale Comunista per tutta una fase il termine “socialfascismo” fu usato dal comunismo internazionale per criminalizzare i partiti socialdemocratici. Non a caso Berlinguer ha riesumato proprio il termine socialfascismo per demonizzare Craxi, prima di Mani Pulite, segnando così tutta una fase involutiva nel dibattito della sinistra italiana. Ma oltre al rilancio del riformismo, con gli approfondimenti e gli aggiornamenti culturali costituiti dal progetto socialista e dal Vangelo socialista, il contributo di Craxi, anche del Craxi di Hammamet, ha riguardato l’Europa: per un verso Craxi ha riannodato i rapporti del Psi con l’Internazionale Socialista e i suoi grandi leader (da Brandt a Schmidt a Mitterand a Gonzales e a Soares) ma egli ha sviluppato anche forti riflessioni critiche su alcuni aspetti della costruzione dell’Unione europea che hanno prodotto guai a non finire negli anni 2000: si è trattato di autentiche profezie. Poi Craxi ha reso concreta la solidarietà socialista nei confronti dei cileni, dei greci, degli spagnoli, dei portoghesi, di tutto il mondo del dissenso dell’Est comunista e anche nei confronti del mondo arabo e dell’Olp.
Essendo determinante per l’installazione dei missili americani Pershing Cruise, che hanno vanificato il tentativo sovietico di finlandizzare l’Europa, e invece scontrandosi proprio con gli Usa a Sigonella Craxi ha dato una prova, assumendosi dei rischi rilevanti, di che cosa vuol dire essere collocati nell’Occidente, amici degli Usa e nel contempo del tutto autonomo in nome della sovranità nazionale. Gli altri capitoli sono stati quelli costituiti dalla tematica della grande riforma e del confronto con il sindacato sul punto unico di contingenza. Che poi Craxi, dopo il 1987, non è stato coerentemente “craxiano” e ha perso colpi rompendo con Segni sulla riforma costituzionale malgrado quello che aveva scritto nel 1979 sulla grande riforma e ha oscillato senza scegliere fra linee politiche di opposto segno, ciò è a nostro avviso vero, ma non può certo essere preso come pretesto o giustificazione di quella che anche Giorgio Napolitano ha affermato essere stata di “durezza senza eguali sulla sua persona” da parte della magistratura.
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