Il Comune di Napoli scivola quasi sempre in fondo alle classifiche relative alla spesa degli enti per verde, politiche del lavoro o per il turismo. Quando si tratta di arredo urbano, però, contro ogni aspettativa Palazzo San Giacomo schizza in prima posizione. Il capoluogo campano spende più di tutte le grandi città italiane per la predisposizione e la realizzazione di politiche urbanistiche e per la programmazione dell’assetto territoriale: 48,98 euro pro capite e, negli ultimi quattro anni, l’amministrazione guidata da Luigi de Magistris ha incrementato del 44% gli investimenti per arredo urbano e piazze.

I dati raccolti da Openpolis rivelano che Napoli spende molto più di Venezia o Milano che dedicano a questa voce di bilancio, nella quale sono comprese gli esborsi per la riqualificazione e la manutenzione di spazi come piazze e aree pedonali, rispettivamente 32,43 euro e 18,87 euro pro capite. Fanalino di coda Verona con una spesa di appena 8,35 euro per abitante. Ma spendere molto non equivale a spendere bene: guardando le condizioni della città, dei marciapiedi, delle piazze e l’arredo urbano in generale, l’esborso sostenuto non ha prodotto risultati lusinghieri.
«Per una volta il problema non è la mancanza di denaro – spiega l’architetto Pasquale Belfiore, già assessore comunale al Centro storico e all’Edilizia – Viene meno il solito alibi con il quale usiamo lamentarci.

Il problema è da rintracciarsi nell’incapacità della macchina comunale di progettare e realizzare interventi, ma soprattutto di farli durare nel tempo. E il fatto che i soldi ci siano e vengano pure spesi rende tutto più grave: in città questa spesa non è visibile, anzi». All’incapacità dell’amministrazione comunale si aggiunge la carenza di personale: basti pensare che Bologna, con la metà degli abitanti di Napoli, ha il triplo di tecnici negli uffici comunali rispetto al capoluogo campano. «Bisogna ricominciare tutto da capo e riorganizzare gli uffici tecnici del Comune – aggiunge Belfiore – La madre di tutte le battaglie è la riforma della pubblica amministrazione: si possono avere risorse economiche e umane, ma se non c’è un apparato tecnico funzionante è tutto inutile».

E sul personale aggiunge: «I tecnici vengono assunti tramite concorso e mandati direttamente “nell’arena” e fare il tecnico a Napoli è molto complicato. Bisognerebbe prima formarli adeguatamente». Altro nodo cruciale che impedisce a Napoli di essere una città decorosa è la manutenzione. «Qui si realizzano i lavori e dopo poco le aree interessate versano già in condizioni di degrado – prosegue Belfiore – Questo perché manca un piano di manutenzione. In una condizione di civiltà urbana diversa, gli interventi vengono realizzati. Penso ai lavori di riqualificazione degli spazi pubblici che hanno una loro tenuta nel tempo; a Napoli questo non succede. Certo, c’è poca coscienza civile, ma anche un’assoluta mancanza di manutenzione».

Anche il controllo del territorio rappresenta un tassello fondamentale affinché il denaro speso dall’amministrazione non risulti una manciata di soldi gettata al vento.  «Nella nostra città c’è una totale assenza di controllo – sottolinea Belfiore – Se un edificio storico viene vandalizzato e nessuno provvede a cancellare le scritte sui muri, si produce degrado e questo degrado chiama altro degrado. È tutta la struttura pubblica, insieme con la polizia, che dovrebbe sorvegliare il territorio». Controllo e manutenzione, quindi, sono un binomio inscindibile. «Si tratta di due attività che sono sempre mancate a Napoli: è un deficit storico delle nostre amministrazioni. Ora non si tratta di invocare più risorse, ma una spesa e un controllo migliore di queste risorse – conclude Belfiore – Ancora una volta è la macchina comunale a non funzionare correttamente. Il problema non è fare lavori, ma farli bene e conservarli nel tempo. A Napoli, invece, è più facile fare un tronco della metropolitana di 10 chilometri che tenere in ordine centro metri di strada per tre mesi».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.