Geopolitica
Il futuro è in Groenlandia: l’Unione Europea metta Trump alle strette
La regione è ricca di risorse strategiche e presto sarà crocevia di altre rotte commerciali Se l’Europa resterà a guardare, perderà un’occasione storica

“Così come l’aria, il mare non si può occupare e non può essere aggiunto ai possedimenti di qualsiasi nazione”. Questo elegante precetto seicentesco fu enunciato dal giurista olandese Ugo Grozio nel trattato Mare Liberum, che lo consacrò come uno dei padri nobili del diritto internazionale e della navigazione. È un precetto che, oggi come allora, dovrebbe servire da monito e consiglio di buonsenso per dissuadere Donald Trump dal suo proposito di acquisire il controllo della Groenlandia per accedere al Mar Glaciale Artico. Come Italia e come Europa, possiamo stracciarci le vesti per il fatto che il repubblicano non sembri minimamente intenzionato a desistere e che sembri marciare imperterrito verso la distruzione di ciò che rimane dell’ordine mondiale. O possiamo scegliere di avere uno scatto di reni e di scaltrezza strategica e far leva su Trump a nostro vantaggio. Osserviamo questi due scenari, attentamente, nel caso specifico ed estremo della Groenlandia.
I due scenari
Lo scenario “strappiamoci le vesti” prevede manifestazioni più o meno scomposte di costernazione alla sfacciataggine trumpiana. La Danimarca, di cui la Groenlandia è territorio autonomo (e paese che conosco piuttosto bene, avendo diretto per diversi anni la politica estera nel think tank del governo di Copenaghen), ha ribadito che la boutade di The Donald è “assurda”. Nelle ultime settimane l’esecutivo ha rinforzato la difesa della Groenlandia, il re Federico X l’ha inclusa nel suo stemma ufficiale, la prima ministra Mette Frederiksen ha convocato i vertici politici di tutti i partiti per concordare una posizione. Per 5 lunghi anni, da quando Trump fece per la prima volta l’oltraggiosa proposta di acquistare la Groenlandia, Copenaghen ha ripetuto ad nauseam che l’Artico è la regione meglio regolamentata al mondo e che i paesi litoranei si sono impegnati a risolvere dispute e controversie con mezzi pacifici. L’Unione europea tendenzialmente segue e sostiene l’approccio danese. Non credo ci voglia Machiavelli per affermare che, nell’attuale contesto, questo purismo bacchettone e ostentato non andrà molto lontano.
Per capirlo, introduciamo lo scenario alternativo. L’Artico è da tempo terreno di dispute geopolitiche anche brutali, che piaccia o meno ai paciosi scandinavi. La Russia ha piantato una bandiera sul letto dell’Artico già nel 2007; il Canada fa da anni esercitazioni militari. La Groenlandia è ricca di minerali e idrocarburi sotterranei, che diventeranno più facilmente accessibili grazie al cambiamento climatico. Stesso discorso per le vie commerciali che si apriranno e accelereranno i trasporti merci esponenzialmente, motivo per cui la Cina da tempo ha messo gli occhi su quella che può chiamare la Via della seta artica. L’atteggiamento di Trump non fa che registrare quella che è una realtà assodata di confronto e competizione.
Far leva su Trump
Abbiamo scritto lungamente in queste pagine che il primo scenario è oggi in minoranza, in un mondo che va nella direzione opposta e che non offre molte possibilità all’Europa di influenzarlo. Perché, dunque, non tentare di far leva su Trump per cercare di ottenere risultati pragmatici e favorevoli anche a noi? È palese che per decenni la Danimarca abbia trascinato una relazione complessa, e a tratti molto dolorosa, di tipo post-coloniale con la Groenlandia. Se i groenlandesi ancora non si sono decisi a dichiarare indipendenza, è per la dipendenza economica che hanno nei confronti di Copenaghen. Ma un modello di sovranità più indipendente per la Groenlandia potrebbe avvalersi del sostegno strategico ed economico sia della Danimarca che degli Stati Uniti. Potrebbe anche essere molto meglio equipaggiata ad affrontare le provocazioni e le pretese cinesi e russe, piuttosto che affidarsi allo Spirito santo di Ugo Grozio (che nessuno sembra intenzionato a evocare).
Più in generale, dobbiamo vedere l’affaire Groenlandia come la punta dell’iceberg di un ordine mondiale in fase di liquefazione. Dobbiamo uscire – e farlo rapidamente – dallo schema mentale che l’Europa riuscirà a contenere la nuova America che nascerà la prossima settimana, mettendo Trump alle strette con un manuale di diritto internazionale. Dobbiamo cominciare a essere noi più trumpiani e cercare di allineare le nostre priorità, facendo leva – per quanto possibile – sulla forza americana e, perché no, sulla vanità del suo prossimo Comandante in capo. Mi si obietterà che questa non è una tattica necessariamente nobile o elegante come lo era Grozio, ma temo che il tempo per la nobiltà ed eleganza europee stia scadendo.
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