Il Garante dei detenuti di Napoli Pietro Ioia ha scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Riportiamo di seguito il testo integrale.

Gentile Ministro Bonafede,
ho pensato di scriverLe una lettera aperta per condividere con Lei alcune osservazioni e per farLe un invito. Le scrivo con l’immediatezza che tanto mi caratterizza, quella che spesso viene letta come irruenza, che in realtà è la passione che metto nelle cose. Soprattutto quando si parla di persone ristrette. E quando si parla del mio operato, del lavoro che quotidianamente mi impegna da vent’anni. Sono un ex detenuto. Sono garante dei diritti delle persone detenute. La prima affermazione è un’etichetta che continuo a sentire sulla mia pelle, la seconda è una realtà che ho conquistato con dignità, sacrificio e tanto lavoro, su me stesso e sugli altri. L’etichetta che ti lascia il carcere dovrebbe piano piano essere cancellata dalla pelle dei detenuti. Con la dignità, il sacrificio e il tanto lavoro, appunto. E con la fine della pena la persona che esce da un penitenziario dovrebbe avere la possibilità di raggiungere obiettivi diversi, dovrebbe poter conquistare la propria libertà con il lavoro, inserendosi in un circolo positivo che aiuta se stessi e la società tutta.

Quando sono stato nominato garante sembrava che l’etichetta fosse del tutto e finalmente svanita. L’obiettivo tanto cercato era stato raggiunto: sulla mia pelle l’etichetta scompariva e inoltre potevo aiutare altre persone detenute ad ottenere lo stesso. Gli attacchi che ho subito e che continuo a subire sono in contraddizione con le mie conquiste. Le mie conquiste, i risultati che io ho raggiunto, prima di essere mie, sono le conquiste e i risultati di una società giusta e democratica. Sono una Sua conquista, il Suo obiettivo raggiunto, gentile Ministro. La Costituzione e i forti valori in essa contenuti sono miei e suoi, sono miei e della Polizia Penitenziaria. Sono miei e sono dei Garanti, degli educatori e delle persone che amministrano le carceri. Sono una conquista e un risultato del nostro popolo. Il mio obiettivo raggiunto, quello di
aiutare altri ad uscire con dignità e con prospettive diverse da quelle legate alla criminalità, è una conquista per tutti.

I 1.600 € donati ad aprile dai detenuti di Poggioreale all’Ospedale Cotugno di Napoli sono una conquista, perché sono il risultato di una politica penitenziaria efficace. Così come lo sono le mascherine prodotte dai detenuti di Secondigliano e di altri Istituti Penitenziari italiani, destinate a chi vive e lavora dentro e fuori dal carcere. Potrei parlarLe ancora a lungo dei paradossi e delle critiche, e farLe tanti altri esempi di una realtà penitenziaria positiva, ma quello che mi più mi preme è andare oltre, pensare all’immediato futuro. In questi giorni sentiamo parlare ed attendiamo in Italia una fase 2 che ci permetterà di uscire dall’emergenza che stiamo vivendo, leggo continuamente (e giustamente) di come mettere in sicurezza i nostri ospedali, di come riaprire le aziende e le scuole, per consentire a noi persone libere di recuperare una qualche forma di normalità. Ma purtroppo difficilmente ho sentito parlare di una fase 2 per le carceri.

Sono indelebili nei nostri cuori le terribili immagini delle rivolte penitenziarie di marzo, che hanno fatto temere il rischio di una escalation, scongiurata solo grazie al lavoro di tutti quelli che si occupano delle carceri. Rivolte nate dalla paura di ciò che stava accadendo, dall’amplificazione di ogni notizia che viene da fuori – che, mi creda, rimbomba all’interno di quattro mura – dal non aver saputo comunicare in modo adeguato alla popolazione carceraria il perché della sospensione dei colloqui con i familiari. Gentile Ministro mi creda se le dico che, per chi vive la restrizione della propria libertà, il colloquio con l’esterno è una vera e propria ragione per andare avanti.
Per questo Le chiedo di pianificare una fase 2 per le carceri fin da adesso, che potrebbe coinvolgere i detenuti e i professionisti che operano in ambito penitenziario ed extrapenitenziario, per una progettazione partecipata, che venga dal basso, che sappia trovare soluzioni per una transizione serena dall’emergenza. Si potrebbe lavorare insieme per dare spazio alle misure alternative, alla giustizia riparativa e di comunità, puntare concretamente sulla rieducazione dei detenuti attraverso la formazione, il lavoro e il mantenimento dei legami familiari.

Rischiamo, altrimenti, fin da subito, che la paura e il vuoto vissuti dai detenuti e dai loro familiari possano dirigerci in senso opposto, suscitando nuove tensioni. La invito, dunque, a venire a Napoli quando inizierà la fase 2 del nostro Paese, per entrare insieme nei reparti delle case circondariali di Poggioreale e di Secondigliano, nel carcere minorile di Nisida e in quello femminile di Pozzuoli. Lavoriamo insieme, affinchè questa emergenza possa essere un’occasione di cambiamento, in direzione di quel circolo positivo di cui parlavamo. La lascio infine con un augurio e con una promessa. Auguro a Lei e a tutti noi di superare questo momento difficile e di saper ripartire con orgoglio e a testa alta, potendo dire a noi stessi che abbiamo fatto di tutto per uscirne insieme. Io, nel mio piccolo, Le prometto che continuerò a lavorare duramente affinchè i detenuti che incontrerò sulla mia strada possano realmente inserirsi in un circolo virtuoso, lontano dal crimine. Insieme, semplicemente, sarebbe più facile.

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