Giovanni Brusca chiede scusa in un video inedito ai familiari delle sue vittime, ai suoi stessi familiari, a tutte le persone che hanno sofferto per i suoi delitti. È il contenuto del messaggio dell’ex mafioso, oggi collaboratore di Giustizia, braccio armato della famiglia corleonese di Totò Riina, appena scarcerato. Il video, con Brusca con il volto coperto per motivi di sicurezza, è stato pubblicato da Il Corriere della Sera, un estratto del docufilm Corleone, girato dal regista-documentarista francese Mosco Levi Bocault. Un video che risale a cinque anni fa.

Brusca oggi ha 64 anni. È stato soprannominato “verru”, il maiale, o lo “scannacristiani”. Era affiliato della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, quindi fedelissimo di Totò Riina. Il padre Bernardo era capomafia di San Giuseppe Jato. Ha rivelato segreti di Cosa Nostra e confessato la partecipazione in circa 150 delitti. Ha ucciso lui Giuseppe Di Matteo, 12 anni, figlio del pentito Santino Di Matteo, rapito e sciolto nell’acido. Ha azionato lui il comando della strage di Capaci nella quale morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. È stato arrestato nel 1996 in un blitz in una villetta vicino Agrigento. Dal 2000 ha ottenuto lo status di Collaboratore, ha lasciato il carcere duro. Le sue indicazioni a sostegno di arresti e condanne hanno commutato la sua pena da ergastolo a trent’anni.

L’intervista a Brusca, per il film presentato al Festival di Roma nel 2018, cominciava con un messaggio di scuse, registrato nel carcere di Rebibbia a Roma. “Non so dove mi porta, cosa succederà. Spero solo di essere capito – esordiva – Ho deciso di rilasciare quest’intervista per fare i conti con me stesso, metterci la faccia, e mi dispiace non poterlo fare per motivi di sicurezza. Grazie per questa opportunità di chiedere scusa, perdono, a tutti i familiari delle vittime a cui ho creato tanto dolore e tanto dispiacere”.

“Ho cercato di dare il mio contributo, il più possibile, e di dare spiegazione ai tanti che chiedono verità e giustizia. E chiedo scusa principalmente a mio figlio e a mia moglie, che per causa mia hanno sofferto e stanno pagando indirettamente quelle che sono state le mie scelte di vita, prima da mafioso e poi da collaboratore di Giustizia. Perché purtroppo chi collabora con la Giustizia nel nostro paese viene sempre denigrato, viene sempre disprezzato quando invece credo che sia una scelta di vita importantissima, morale e giudiziaria, ma soprattutto umana – concludeva – perché consente di mettere fine a Cosa Nostra, una catena di morte, una fabbrica di morte né più né meno. L’ho sempre chiamata nei processi un’agonia, un’agonia continua”.

Brusca ha divorziato dalla donna che era con lui nel 1996, la sera del blitz dell’arresto, durante la sua detenzione. È rimasto in contatto con il figlio, che all’epoca dell’arresto aveva cinque anni. La sua scarcerazione era prevista per l’autunno ma ha subito un’accelerazione inattesa. Dovrà osservare la libertà vigilata, con firma settimanale e pernottamento fisso. Riceverà una nuova identità e presumibilmente un posto di lavoro.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.