Una storia dimenticata
Il mistero del vulcano di Sambiase: il segreto del Monte Sant’Elia e il collegamento col Marsili

Al centro della Calabria, nella Piana di Sant’Eufemia delimitata dalla Sila a nord, dalle Serre a sud e che arriva fino al mar Tirreno, c’è il silenzioso Monte Sant’Elia. Un gigante buono che custodisce un segreto millenario: nelle sue viscere, infatti, ci sarebbe la storia di un antico vulcano, dimenticato dal tempo e dalla memoria storica ma che porta ancora i segni geologi. Lo sanno bene gli agricoltori del luogo che nella Piana scavare pozzi artesiani è un impresa difficile se non impossibile. Spesso, infatti, le trivelle sono costrette ad arrestarsi. Dal sottosuolo emergono gas e fluidi ad alte temperature che tendono a fondere le trivelle. Questo ci fa ritornare ad un remoto passato.
A Lamezia ci sono le Terme di Caronte ubicate proprio ai piedi del Monte Sant’Elia che sono la testimonianza più evidente e diretta di un’area vulcanica. Le acque e i gas ci restituiscono un luogo tipicamente termale con temperature elevate e fluidi cariche di minerali, come se provenissero direttamente da una caldaia naturale nascosta nelle profondità. La storia di questo vulcano dimentica si intreccia con quella dell’antica Bretto, città dei Bruzi, il cui nome stesso significava “pozzo di fuoco“. Non è un caso che i nomi dei luoghi dell’area sembrano un catalogo di riferimenti vulcanici: Caronte (ardore), San Sidero (espulsione di fuoco), Santi Quaranta (luogo bruciato). Come se gli antichi abitanti avessero voluto lasciarci una mappa parlante della natura vulcanica di questi luoghi.
Il vulcano dimentica nel corso della sua vita ha lasciato tracce indelebili anche nelle profondità. Due grandi faglie, infatti, si estendono tra Nicastro e Sambiase, creando quello che gli esperti chiamano un sistema di “camere magmatiche sepolte“. Sul monte stesso esistono profonde grotte che si aprono come antiche bocche laterali in testimonianza, probabilmente, di eruzioni dimenticate. Ma il Monte Sant’Elia non è un gigante isolato nella Calabria, terra che per molti è ritenuta non vulcanica. Gli studi hanno evidenziato che proprio al largo del Golfo di Sant’Eufemia, nelle profondità del mar Tirreno, si nasconde il Monte Marsili, il più grande vulcano sommerso del Mediterraneo. E proprio di fronte alla costa calabrese anche altri due vulcani sottomarini, i Monti Lametini, sembrano poi collegare il sistema vulcanico terrestre con quello marino.
La prova della natura vulcanica dell’area arrivò il 27 marzo 1638, quando un devastante terremoto trasformò Sant’Eufemia in un lago di fango bollente. I testimoni dell’epoca raccontarono di acque marine ribollenti e lingue di fuoco che emergevano dalle spaccature del terreno. L’antica Abbazia Benedettina, i cui resti ancora oggi emergono dalla terra, venne completamente distrutta e inghiottita dalla melma vulcanica. Oggi è un vulcano quiescente ma non spento. L’energia geotermica che si nasconde nel sottosuolo potrebbe essere una risorsa preziosa, eppure non è mai stata studiata approfonditamente. È come se la Calabria avesse un giacimento energetico non sfruttato. Oggi, il Monte Sant’Elia domina silenzioso la piana. Un gigante addormentato che dovrebbe ricordarci come la terra sia viva, in continua evoluzione, e come il passato vulcanico della Calabria non sia poi così remoto come potremmo pensare.
Bisognerebbe riscoprire questo vulcano dimenticato, non per timore di un suo risveglio, ma per comprendere meglio il territorio che continua a custodire, nel suo cuore pagine ancora da scrivere della storia geologica del Mediterraneo.
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