La Cina attende le mosse di Papa Leone XIV. E l’attesa riguarda non solo la Repubblica popolare intesa come Stato, ma anche i fedeli cattolici cinesi, divisi tra Chiesa patriottica e clandestina, e anche tutti coloro che vogliono capire se in questo dossier Robert Francis Prevost sarà o meno in continuità con Francesco.

Da Pechino sono arrivati messaggi per dimostrare la volontà di mantenere aperto il canale di dialogo voluto da Jorge Mario Bergoglio. Le due istituzioni legate al Partito comunista cinese, e cioè l’Associazione patriottica cattolica e la Conferenza episcopale, “hanno inviato un messaggio di congratulazioni al nuovo papa Leone XIV per la sua elezione”. E subito dopo, il portavoce del ministero degli Esteri. Lin Jian, ha detto che Pechino “spera che, sotto la guida del nuovo papa, il Vaticano continui a impegnarsi in un dialogo costruttivo con la Cina e a condurre una comunicazione approfondita su questioni internazionali di reciproco interesse”.

Il governo cinese cerca di mostrarsi aperto nei confronti del Vaticano dopo il rinnovo dell’accordo “provvisorio” e più o meno segreto con cui Pechino e Roma si coordinano sui vescovi. Quell’intesa fu voluta da Francesco nella speranza di ridurre la repressione dei cattolici in Cina e aprire un dialogo con il Partito comunista. Ma con il nuovo pontefice, il dossier rischia di essere un enorme punto di domanda. Dopo la morte di Bergoglio, a cui i funerali la Cina non ha inviato alcun funzionario anche per ribadire l’assenza di relazioni ufficiali con la Santa Sede, la Repubblica popolare ha nominato altri due vescovi. Una mossa che ha suscitato non poche perplessità anche tra chi sosteneva la candidatura dell’ex segretario di Stato, Pietro Parolin, protagonista dell’accordo con la Cina e che ha subito la scelta di Pechino. E quel patto è entrato inevitabilmente nelle congregazioni dei cardinali, diventando oggetto di discussione.

In tanti credono che la strategia di Francesco e Parolin fosse giusta: una mossa pragmatica per evitare ulteriori guai ai cattolici cinesi cercando di penetrare in un Paese con più di un miliardo di persone. Ma in molti, invece, da sempre credono che l’intesa con il Partito comunista cinese sia stato un tradimento, non solo all’istituzione ecclesiastica ma soprattutto a quei cattolici che in Cina hanno pagato per decenni per non piegarsi alla volontà del Politburo. Due visioni opposte che, come molte altre su altri temi, ora Papa Leone dovrà ascoltare per decidere cosa fare.Come statunitense con radici in Europa e proiettato all’America Latina, Leone XIV è in una posizione particolare. Da americano, ha un’idea chiara sulla libertà e i diritti umani. E qualcuno, tra gli osservatori, pensa che una rivisitazione di quel patto o un raffreddamento con Pechino possano avere convinto i cardinali nordamericani a sostenerlo, così come altri porporati critici su quell’accordo (e quindi critici verso la politica di Parolin).

Suggestioni che non troveranno mai conferme al di là del segreto del conclave. Ma è anche vero che Prevost arriva nei Sacri Palazzi in uno dei momenti più complessi dei rapporti tra Cina e Stati Uniti. Ieri, Donald Trump ha inviato un primo segnale di distensione sui dazi al leader cinese Xi Jinping. Ma lo scontro tra le due superpotenze rimane. E uno di suoi fronti più caldi è anche Taiwan, che, come noto, il Vaticano riconosce come Stato, al punto da definirla formalmente Repubblica di Cina. Ieri, l’ambasciatore uscente di Taipei presso la Santa Sede, Matthew Lee, ha detto all’agenzia Cna di avere incontrato nel 2023 l’allora cardinale Prevost, che gli assicurò di comprendere bene la differenza tra “Taiwan democratica e Cina comunista”.

E da Taipei, il presidente William Lai ha rivolto al nuovo pontefice un messaggio chiaro. “Non vediamo l’ora di consolidare i nostri legami diplomatici con la Santa Sede, forti di 83 anni, per promuovere la pace, la giustizia, la solidarietà e la benevolenza”, ha scritto Lai su X. E questo messaggio è arrivato il giorno dopo in cui Xi ha ricordato ai media russi (al mondo) di considerare la riunificazione di Taiwan “una tendenza storica inarrestabile”.