La città è ferma
Il Salva Milano non è frutto di illegalità, il decreto chiuso nel cassetto per otto mesi: politica sconfitta per abbandono
Il Salva Milano è rimasto chiuso nel cassetto per otto mesi, il tempo necessario alla magistratura, che rischiava di vedersi sconfitta dal buon senso, per trovare il modo di colpire ai fianchi una politica fragile

A destra c’era chi si domandava se sarebbe stato più utile, al fine di metter le mani su Milano, far lo sgambetto al sindaco Sala o mostrarsi dalla parte dei costruttori. A sinistra si tentennava tra la necessità di blindare l’amministrazione o lisciare il pelo ai pasdaran dell’ambientalismo ideologico.
Intanto il Salva Milano restava chiuso in un cassetto, dopo una lenta approvazione alla camera, in una infinita attesa di approdare in Senato. Otto mesi di silenzio, attorno ad un provvedimento che – vale la pena ricordarlo – aveva l’unica funzione di tradurre una pratica condivisa per decenni da costruttori e istituzioni autorizzanti in una legge interpretativa coerente e definita fatta oggetto in tutto questo tempo di una serie di ricorsi ed esami giudiziari, tutti finiti in nulla. Un tempo sufficiente a quell’azione della magistratura che rischiava di vedersi sconfitta dal buon senso, per trovare il modo di colpire ai fianchi e spaventare una politica fragile.
La nuova inchiesta esplosa con clamore, non dice che il Salva Milano è frutto di illegalità, semplicemente perché non può dirlo. Al massimo potrà dimostrare che qualcuno ha tratto qualche vantaggio personale lungo il percorso. Ma il risultato è stato la sconfitta per abbandono. Ha dichiarato di non sostenere più il Salva Milano l’amministrazione comunale, così come le principali forze di maggioranza in consiglio comunale. Contemporaneamente i partiti facevano altrettanto anche in parlamento. Il tutto dopo una giornata di “no comment” che non lasciavano presagire nulla di buono. Milano è ferma, il decreto è morto e la politica prova a darci spiegazioni.
«Vogliamo una città governata in maniera scientifica, non ideologica»
Per Milano ci vorrebbe una legge speciale, non un emendamento, riguardo alle concessioni edilizie: una normativa più completa non applicabile nel resto del Paese, perché la realtà del capoluogo lombardo è un unicum in Italia. Ma a prescindere dal Salva Milano, il malcontento in città è tangibile; non c’è un ambito in cui i milanesi possano ritenersi soddisfatti. Noi proponiamo una città governata in maniera scientifica e non ideologica, dove prevalgano le scelte lungimiranti e di buon senso, non quelle che seguono le tendenze e i sentimenti del momento. Inoltre, se continuiamo solo a pensare a una tipologia di politica finalizzata alle elezioni, senza una visione per la città, i prossimi anni saranno duri per tutti. Le schermaglie e le boutade forse portano una visibilità e un consenso immediati ma, alla lunga, stancano i cittadini. Rischiamo che i milanesi si allontanino ulteriormente dalla politica: ricordo che Sala è stato votato solo da un terzo degli aventi diritto e i cittadini dovrebbero avere il potere di mandare a casa chi non è in grado di governare, prima che la città ne esca completamente a pezzi. Se arrivasse nel mio ambulatorio il “paziente città di Milano”, che dopo 7 anni continua ad aggravarsi, mi farei delle domande sulle capacità del medico che l’ha avuto in cura e dovrei ripartire con una nuova e corretta diagnosi (cioè una visione) e delle terapie (cioè soluzioni) in modo che questo paziente torni a vivere, invece di sopravvivere.
Luca Bernardo, Forza Italia
«Non serve il Salva Milano: dobbiamo approvare il nuovo PGT»
Ho votato in aula consiliare contro il Salva Milano per ragioni che rimangono immutate, al di là dei recenti sviluppi giudiziari. In sintesi: da alcuni anni a Milano, sulla base di precisi indirizzi politici tradotti in “circolari” applicative per i funzionari del settore edilizia, la “semplificazione” delle procedure autorizzative (SCIA) ha progressivamente prevalso rispetto ad una preventiva valutazione complessiva delle ricadute sul territorio di ogni singolo intervento, con conseguente decisione da parte del Comune. Attenzione: non stiamo parlando dei grandi interventi di rigenerazione urbana che vengono sottoposti a procedure e atti pubblici (AdP, PII, ecc.) dove si definiscono volumetrie, standard, servizi, oneri ecc: parlo di una serie di singoli interventi di edilizia residenziale privata diffusi in modo capillare su ambiti limitati del territorio urbano già edificato ed urbanisticamente saturo, riguardante piccoli spazi dismessi, spesso all’interno di cortili ed ambiti residenziali consolidati. Le procedure con modulistica SCIA bypassano Consiglio e Giunta e non vengono nemmeno esposte all’albo comunale. Se all’interno di un cortile abitato e in un quartiere urbanisticamente già saturo, demolisci un laboratorio di due piani ed edifichi al suo posto due torri di 50 e 80 metro per oltre 300 nuovi abitanti senza opere compensative di urbanizzazione (per il semplice motivo che non c’è lo spazio disponibile per realizzarle) stai facendo un’operazione che produce utili per il costruttore e danni al contesto urbano interessato; stai producendo una “densificazione edificatoria” che, infilandosi tra le maglie di normative e regole nate in epoche diverse e da livelli istituzionali differenti, da un lato attrae investitori immobiliari ma, in assenza di una preventiva valutazione autorizzativa del decisore pubblico, produce squilibri urbanistici: che significa, al di là del pagamento degli oneri dovuti, la mancata realizzazione dei necessari standard (scuole, strade, verde, accessi, parcheggi, servizi). Nella primavera del 2020, appena entrato in Consiglio alla fine del primo mandato Sala, come primo atto presentai un Ordine del Giorno nel quale si vincolava ogni procedura semplificata ad un preventivo esame e valutazione in sede di Municipio e di Consiglio. Il documento venne votato a maggioranza, ma ignorato. Non serve il Salva Milano: dobbiamo approvare il nuovo PGT, ci servono nuove linee guida precise per ricondurre i singoli interventi ad uno schema unitario.
Enrico Fedrighini, Gruppo Misto
«Nella patria di Tangentopoli, si trasforma in materia penale una vicenda tutta politica»
Nel dibattito apertosi con la proposta di separazione delle carriere dei magistrati, non va perso di vista il vero obiettivo: l’equilibrio tra poteri dello Stato, in assenza del quale cadono le garanzie per i cittadini. Il tema riguarda le fondamenta della nostra convivenza civile. Due esempi. Il primo: in Regione Lombardia si è proposto di regolamentare il suicidio medicalmente assistito perché così avrebbe imposto una sentenza della Corte costituzionale. Aldilà di come la si pensi nel merito, il Pirellone, su iniziativa del sottoscritto, ha votato una pregiudiziale di costituzionalità con cui ha ribadito tre semplici cose: 1) la Corte non può “produrre” nuovi diritti; 2) questo spetta al legislatore nazionale nella sua piena discrezionalità; 3) non essendoci alcun nuovo diritto non esiste alcun obbligo da parte delle Regioni ad erogare alcunché (e ogni eventuale iniziativa è quindi nulla). Secondo esempio: da oltre un anno a Milano la Procura della Repubblica ha messo nel mirino operatori, professionisti e tecnici comunali del settore edilizio e urbanistico. Secondo l’accusa, il Comune avrebbe concesso permessi di costruire attraverso procedure eccessivamente semplificate e interpretazioni “estensive” delle norme sulla ristrutturazione che risalgono addirittura al 1942. Un “rito ambrosiano”, come è stato ribattezzato. Non importa che gli uffici, gli operatori e i professionisti abbiano messo in atto regole votate da Palazzo Marino, coerenti con le leggi regionali in materia e confermate da una consolidata giurisprudenza amministrativa. Ancora una volta, nel capoluogo dove scoppiò Tangentopoli, si trasforma in materia penale una vicenda tutta politica. Certo, ci sono responsabilità che le giunte Sala si devono assumere. Ma, appunto, di ordine politico. Infatti la sinistra non ha saputo coniugare l’attrattività della città a livello internazionale, innescata dalle amministrazioni di centrodestra nei primi anni Duemila, con uno sviluppo inclusivo e sostenibile per tutti coloro che a Milano vogliono vivere e lavorare, a qualsiasi fascia di reddito appartengano. Chi, se non la sinistra, avrebbe dovuto combattere gli eccessi della rendita fondiaria e una crescente finanziarizzazione degli investimenti immobiliari? Chi avrebbe dovuto cogliere per tempo le disuguaglianze che hanno portato intere fasce di popolazione fuori dalla città?
Matteo Forte, Fratelli d’Italia
«Questa retorica anti-Milano non rende giustizia all’ultimo decennio di florida crescita»
Sul caso Salva Milano, saranno gli organi giudiziari a procedere nel rispetto delle tutele previste dallo stato di diritto. Parlare di un sistema-Milano di dilagante corruzione è prematuro e irrispettoso della presunzione di innocenza: prima ancora che vi sia un riscontro giudiziario di comportamenti scorretti, già i singoli vengono esposti indebitamente al pubblico ludibrio dalle pagine dei giornali. In relazione a queste vicende, vedo con preoccupazione l’insorgere di una retorica anti-Milano, un attacco che non rende giustizia all’ultimo decennio di riqualificazione urbana e di florida crescita che ha permesso alla città di diventare un polo attrattivo di investimenti e risorse da tutto il mondo. Una spirale prospera che ha generato lavoro e opportunità anche per il resto dell’Italia e di cui si deve essere orgogliosi. In questa fase delicata, il pericolo è di gettare retrospettivamente una luce negativa sulle eccellenze raggiunte dalle ultime amministrazioni. Bisogna invece difendere la logica di sviluppo e gli obiettivi di espansione perseguiti nell’ultimo decennio, con soddisfazione di tutte le parti politiche che adesso ricusano quanto è stato raggiunto. L’altro rischio che intravedo è per i cittadini stessi: quelli le cui costruzioni sono congelate per un tempo non ancora definito, e tutto il comparto dei lavoratori impegnati nelle opere edilizie. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, il compito precipuo della politica è tutelare gli uni e gli altri. Sciogliere le incertezze deve ora essere l’obiettivo primario del Sindaco, della giunta e della maggioranza, che auspico agiranno di concerto in sede di Consiglio comunale e garantendo il miglior governo del territorio. Milano ha già dimostrato sensibilità per la questione edilizia, quando con la giunta Sala ha elaborato un piano straordinario per la casa per rendere accessibili le abitazioni a diverse fasce di reddito. Di questa stessa reattività agli imperanti cambiamenti dei bisogni e delle richieste della cittadinanza bisogna dare ora prova. Italia Viva, come sempre, è pronta a lavorare in questo senso”.
Ivan Scalfarotto, Italia Viva
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