Il gran ballo
Il valzer delle alleanze: Meloni in Ue sarà fedele alle destre o busserà ai popolari?
Anche Salvini (che ora abbassa il tiro e attacca Tajani) vuole essere della partita, governare l’Europa, ma il suo gruppo ID è una zavorra indigeribile per chiunque
“Io punto ad avere i Conservatori dalla nostra parte, con Popolari e Liberali senza i Socialdemocratici”. Antonio Tajani fende a passo lento ma sicuro il Transatlantico con un gruppo di deputati azzurri, destinazione buvette. È urgente bere qualcosa anche perché Davide Faraone, capogruppo di Italia viva, gli ha appena urlato in faccia in aula che “Forza Italia ha già tradito l’eredità di Berlusconi restando alleata con chi se la fa con gli estremisti in odore di nazismo”. Cioè la Lega e i partiti nazionalisti europei, il Rassemblent national di Marine LePen e i tedeschi di Afd, tanto per citarne due. Tajani ha risposto per le rime: “Non vi faceva tanto schifo quando eravate alleati nello stesso governo…”. Urge bicchiere d’acqua. O caffè rigorosamente decaffeinato.
Chissà se Giorgia Meloni conosce uno dei più noti aforismi di Friedrich Nietzsche, “bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante”, qualcosa di originale e che faccia la differenza. Al di là del fatto che il filosofo tedesco sia stato o meno prodromico delle filosofie che poi hanno influenzato nel bene e nel male il Secolo breve, dal superomismo alle dittature, non ci sono dubbi che nella maggioranza regna il caos. La partita è chiara e bisogna segnarsela che tanto non cambierà fino al 9 giugno, giorno delle elezioni europee. Nonostante la serie infinita di variabili che sono proprio l’origine del caos. Forza Italia ha preso di punta la Lega, sarà Tajani vs Salvini ogni giorno dei prossimi mesi. Salvini ha preso di punta Meloni ma ha realizzato – per tempo – che non potrà mai essere un duello vista la forbice ormai incolmabile e dunque punta ad erodere un po’ delusi dallo stile governativo della premier.
Più “facile”, secondo il segretario leghista, puntare al secondo posto del podio distanziando il più possibile Forza Italia destinata al terzo posto. Fin qui le dinamiche interne alla maggioranza. Poi ci sono le dinamiche europee: a Strasburgo Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega siedono in famiglie politiche diverse. E ciascuno cerca di trascinare l’altro dalla sua parte con l’obiettivo di cambiare la maggioranza e sostituire i socialdemocratici (S&D) con i Conservatori. Anche Salvini vuole essere della partita, governare l’Europa, ma il suo gruppo ID è una zavorra indigeribile per chiunque. A cominciare da Tajani.
Ed ecco la domanda che contiene la sfida: che farà Meloni con il suo pacchetto di voti e la sua “famiglia” dei Conservatori di cui è presidente? Resterà fedele alle sue origini, cioè alle destre? Oppure busserà ai Popolari per entrare in maggioranza? La giornata di ieri è stata ricca di indizi. Ma alla fine è sempre un colpo al cerchio e una alla botte e vediamo chi resiste di più. Intervistata di prima mattina a Rtl 102.5, la premier ha indossato i panni della federatrice: “Al di là delle sfumature dei partiti di maggioranza, che sono una ricchezza, c’è coesione di fondo ed è evidente. Penso che quello che siamo riusciti a fare in Italia si debba in qualche maniera tentare di costruirlo anche in Europa”. Dunque, tutti insieme, Popolari, Conservatori e Id? Ipotesi inimmaginabile. Se Meloni parla alla radio, Salvini scrive una lettera sul Corriere della sera. “Basta mettere veti (si riferisce a Tajani che ripete da mesi “mai con Le Pen e Afd”, ndr), ricordate l’insegnamento di Silvio Berlusconi che per primo sdoganò il Movimento sociale italiano per bloccare il Pci-Pds ora Pd”. Della serie “siate pragmatici, considerate i fatti e la situazione” fino alla domanda dal vago sapore retorico: “Si può ignorare un partito che in Francia ha il 30% (LePen, ndr)? Si può snobbare la forza che cresce di più in Germania?”.
Della serie non importa cosa dici, importa se hai voti. Ragionamento da brividi. A cui Meloni risponde con una colazione a palazzo Chigi con Roberta Metsola, la presidente dell’Eurocamera accusata da Salvini di voler “inciuciare a Bruxelles per replicare la maggioranza Ursula con il bis della stessa”. Von der Leyen che domenica, nella reunion nera a Firenze organizzata da Id e dalla Lega, è stata così apostrofata: “Una malata di mente, come Hans Timmermans”. Risolta la loro rivalità, le due donne al vertice delle istituzioni Ue hanno fatto quadrato. Ed entrambe vogliono che Meloni sia nella stessa squadra. Meloni alleata con il Ppe? “Io non posso parlare per suo conto – ha detto ieri Metsola dopo il bilaterale e prima di andare a Porta a Porta ospite di Bruno Vespa – però la conosco bene, è una donna forte e quando parla si vede che l’Italia conta. È una leader pro-Ue ed è per questo che noi contiamo su di lei, sulla sua amicizia e leadeship. La presidenza del G7 a guida italiana ne sarà la prova”. Insomma, siamo alla prova di fede quasi assoluta. Popolari o destre? Ue o contro la Ue? Detta così non ci sono dubbi su dove andranno Meloni e il suo corposo pacchetto di voti.
Ed è evidente che la premier stia facendo di tutto per tenere lontano da sé anche solo il sospetto di un’intesa con la sua famiglia di origine: la destra nazionalista e identitaria. L’Italia è in un passaggio molto stretto sulle politiche economiche e di bilancio. Ieri è stato liquidato per sempre l’accordo con la Cina “la via della Seta”. Passaggio obbligato ma non senza conseguenze. Stasera a Strasburgo ci sarà la cena dei 27 ministri economici per provare a trovare una soluzione allo stallo in cui si è cacciata la trattativa sul nuovo Patto di Stabilità anche per colpa dell’Italia e del suo debito. Avanti con nuove regole che è impossibile però dire ora se saranno più o meno flessibili? O, nel dubbio, si torna alle vecchie regole? Il ministro Giorgetti – domenica in prima fila al raduno di Firenze – ha un compito difficile. Di sicuro non aiutato dai legami pericolosi del suo Capitano. L’Italia è sola – forse avrà la Francia come alleato – e non sarà semplice sbloccare la situazione. Giorgetti terrà il punto – norme più flessibili e scomputo delle spese per la Difesa e la transizione green e digital – ma il rischio del nulla di fatto esiste. Con quali conseguenze lo capiremo nell’ultima riunione del Consiglio Ue di questo 2023, la prossima settimana.
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