Quanti paradossi nel sistema carcere, un sistema sempre più in fallimento. Uno, per esempio, che la dice lunga su tutto il resto, è quello dei mediatori. Il mediatore culturale è per definizione un professionista bilingue che si occupa di favorire l’interazione e il dialogo tra individui di lingue e culture diverse. Deve quindi facilitare la comunicazione tra cittadini di origini e culture differenti. All’interno di una struttura penitenziaria il suo ruolo è quello di promuovere l’inclusione e facilitare il dialogo tra i detenuti stranieri e anche tra questi e l’istituzione carcere. Bene. Allora perché tra gli assunti ci sono mediatori che non parlano una seconda lingua?

Eccolo il paradosso, uno dei tanti che spinge il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello a denunciare il caso nel corso di un convegno organizzato dalla Camera penale di Napoli, presieduta dall’avvocato Marco Campora, e chiedere sostegno nella battaglia per i diritti più elementari. Come il diritto di un detenuto straniero a essere messo nelle condizioni di poter comprendere quello che gli viene comunicato all’interno del carcere. Non siamo mica a Guantanamo. Eppure come si fa se c’è carenza di personale in grado di parlare una seconda lingua? «In Italia il 33 per cento dei detenuti è straniero, in Lombardia addirittura la metà più uno, sono tutti immigrati – spiega il garante campano -. Si fa un concorso per mediatori culturali senza verificare se parlano almeno due lingue, francese e inglese. In Campania abbiamo 700 immigrati, sono arrivati cinque mediatori culturali ma non linguistici, per cui nessuno conosce una seconda lingua. Possibile?». E non è finita.

Ascoltare il garante intervenire al convegno e snocciolare i dati sui tanti paradossi del sistema penitenziario, dà la misura di quanto il carcere sia un fallimento. «Tra l’anno scorso e due anni fa nemmeno dieci persone, tra consiglieri regionali e deputati, sono entrati in carcere – dice Ciambriello – C’è venuto l’ex ministro della Giustizia Bonafede e non è cambiato niente, è venuto di recente il sottosegretario alla Giustizia Macina, e dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere la ministra Cartabia e il premier Draghi, ma non basta entrare in un istituto, fare un percorso guidato e fine. Perché se uno va ci deve mettere il coraggio. Io – aggiunge – c’ero anche a Santa Maria Capua Vetere quando sono venuti ministro e premier ma fino a questo momento non abbiamo visto niente. Tra il dire e il fare ci deve essere il coraggio, e finora non c’è stato». Chi dovrebbe davvero vigilare sulle condizioni dei detenuti? «Chi finisce in carcere viene giudicato in primo grado, in appello e in Cassazione da magistrati – ricorda Ciambriello – ma poi dovrebbe incontrare i veri garanti, i cavalieri dell’utopia costituzionale, cioè i magistrati di Sorveglianza. Il 90 per cento di loro non incontra i detenuti», tuona il garante segnalando un altro vuoto, un altro paradosso del sistema penitenziario. Non l’ultimo.

«In Italia in questo momento ci sono sedici donne con figli in carcere , nove sono con i loro bambini nell’istituto a custodia attenuata di Lauro. Per tutte queste donne tre anni fa furono costruite cinque carceri, due mai inaugurate. Io sono contrario alla costruzione di nuove carceri, adesso hanno deciso di realizzare un ulteriore reparto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, si tratta di decisioni legate a una concezione ancora carcerocentrica». Parliamo di minori. «Si contano 261 ragazzi e giovani adulti negli istituti per minorenni, di questi solo una trentina hanno meno di diciotto anni. Sapete in quanti istituti? – chiede Ciambriello parlando al convegno dei penalisti napoletani – Diciassette prigioni». Conti che non tornano e tassi di recidiva sempre alti. «Basta mettere a capo del Dap un magistrato che è solo anticamorra, antimafia, anti ‘ndrangheta, anti tutto – conclude Ciambriello -. Il carcere è un’azienda in fallimento, serve un capo con capacità manageriali».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).