Gennaro
In onda il nuovo Grande Fratello: il ddl Sicurezza puzza di giustizialismo

Il disegno di legge Sicurezza presentato dal governo il 22 gennaio 2024, approvato dalla Camera dei deputati il 18 settembre 2024 e ora in discussione al Senato, ha nella sua ragione fondativa una matrice profondamente giustizialista e securitaria che colpisce in primis – tra gli altri – i giovani e tutto l’ambiente universitario. Si passerebbe, infatti, da una “collaborazione” degli atenei con i Servizi segreti di sicurezza a un vero e proprio controllo totale delle informazioni riservate su studenti e docenti da parte dei Servizi, in nome del controllo delle attività svolte per la sicurezza nazionale.
Il disposto
In altre parole, la modifica dell’articolo 13, comma 1, della legge 124/2007 (la legge reca la nuova disciplina dei servizi di informazione) prevede che le pubbliche amministrazioni e alcuni soggetti a esse equiparati siano tenuti a prestare al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) e alle agenzie del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica – ossia l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise) e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (Aisi) – la collaborazione e l’assistenza richieste, anche di tipo tecnico e logistico, necessarie per la tutela della sicurezza nazionale.
Due nuovi poteri
Nulla di così giustizialista e securitario si potrebbe pensare, se non fosse che la disposizione – così come “riformata” – prevedrebbe due nuovi poteri. Innanzitutto il potere dei Servizi di informazione, di poter chiedere la collaborazione con gli altri soggetti facenti parte dell’apparato dello Stato, si trasforma in obbligo di questi ultimi di prestare collaborazione e assistenza. In seconda battuta si evidenzia un’enorme possibilità di creare un “Grande Fratello” che possa spiare i cittadini, visto che le convenzioni disciplinate dalla disposizione legislativa possono prevedere la trasmissione di informazioni in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza. Tutto ciò ha il suo maggiore impatto verso i giovani, che vedrebbero – soprattutto nell’ambito universitario e della ricerca pubblica – l’obbligo di collaborare in connessione alla comunicazione di informazioni in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza.
Oltre lo stato di diritto
Qui si va oltre lo Stato di diritto, aprendo una prospettiva davvero inquietante di uno Stato di Polizia, violando palesemente e in totale contrasto con gli art. 2, 15, 21 e 33 della Costituzione: la disposizione legislativa – così come scritta in modo ambiguo – si presta a essere interpretata come fonte di un potere investigativo del tutto anomalo in capo ai Servizi di informazione, che può essere utilizzato nelle università e negli enti pubblici di ricerca. È dovere di ogni singolo cittadino che ami la Costituzione e che si definisca “garantista” protestare contro questa “controriforma” che può trasformare le aule delle università e i luoghi di formazione e ricerca – dove il dibattito politico e pubblico vede il suo nascere – in un immenso bacino dove prendere informazioni e controllare le menti dei giovani italiani. E il dibattito pubblico, che fino a oggi ha portato a una sola approvazione del provvedimento da parte della Camera, deve accendersi. L’auspicio è che anche le opposizioni parlamentari che si professano garantiste prendano coscienza della pericolosità democratica di una modifica tale dell’ordinamento facente parte della sicurezza nazionale.
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