Le parole di Katz
La striscia di Trump gode dell’appoggio di Netanyahu. Dalla destra israeliana un piano per ricollocare i gazawi: chi può accoglierli

La proposta del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di reinsediare i cittadini di Gaza altrove per consentire la ricostruzione della Striscia, è stata accolta seriamente in Israele, dove è già iniziato il toto-paesi disposti a ricevere i palestinesi, e rischia di scoprire le carte di quei governi che per primi hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, salvo ora rifiutarsi di ospitare i cosiddetti “gazawi”. Se infatti la reazione dei paesi arabi e islamici di rifiuto di qualsiasi spostamento degli abitanti di Gaza era scontata, il vicino Egitto teme che il suo Sinai diventi un grande campo profughi mandando all’aria i progetti di sviluppo turistico del Mar Rosso, non è così scontata quella dei paesi occidentali.
Ricollocare i gazawi
La prima provocazione arriva dalla destra israeliana. Sulla falsa riga di chi da noi chiede ai difensori dei migranti di ospitarli a casa propria, il ministro della Difesa Israel Katz ha ordinato all’IDF di preparare un piano che consenta ai gazawi di lasciare volontariamente la Striscia ricollocandoli nei paesi che sostengono la loro causa. “Il coraggioso piano di Trump potrebbe consentire a un’ampia fascia della popolazione di Gaza di andarsene in vari luoghi del mondo”, ha affermato Katz. “Hamas ha usato i residenti di Gaza come scudi umani e ha costruito infrastrutture terroristiche nel cuore della popolazione, e ora li tiene in ostaggio, estorcendo loro denaro tramite aiuti umanitari e impedendo loro di lasciare Gaza”.
Per questo il ministro ha ordinato all’esercito di preparare un piano in base al quale qualsiasi residente lo desideri può emigrare in qualsiasi luogo accetti di assorbirli. Katz menziona specificamente potenziali destinazioni come Spagna, Irlanda, Norvegia e altri paesi che hanno mosso “false accuse” riguardo alla guerra di Israele contro Hamas a Gaza, sostenendo che se queste nazioni si rifiutassero di accettare i palestinesi, “la loro ipocrisia verrebbe smascherata”. Menziona anche il Canada, che ha “un programma di immigrazione organizzato” e ha “precedentemente espresso la volontà di assorbire i residenti di Gaza”. Il piano prevederebbe l’uscita attraverso valichi di terra, così come “accordi speciali” per la partenza tramite rotte marittime e aeree. “Ai residenti di Gaza dovrebbe essere concessa la libertà di uscire ed emigrare, come avviene in qualsiasi parte del mondo”, sostiene Katz, aggiungendo che il piano di Trump potrebbe promuovere “piani di riabilitazione in una Gaza smilitarizzata che non rappresenta una minaccia nell’era post-Hamas, il che richiederà molti anni”.
Le ipotesi sulle aree
Intanto, mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che “non c’è nulla di sbagliato nell’idea di Trump di sfollare i palestinesi da Gaza”, i media dello Stato ebraico hanno ipotizzato quali possano essere le aree in cui il presidente Usa sta valutando di trasferire i palestinesi. La Tv israeliana “Channel 12” ha spiegato che il Somaliland e il Puntland, insieme al Marocco, sono i luoghi designati. In Israele raccoglie quindi consenso, nonostante qualche dura critica, il piano di Trump. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, da sempre contrario all’accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco a Gaza, ha ringraziato Trump per quella che considera “la vera risposta al 7 ottobre” perché – ha aggiunto in una dichiarazione riportata da Haaretz – “chi ha commesso il massacro più terribile di sempre sulla nostra terra si ritroverà per sempre senza la sua terra” e “ora opereremo per seppellire definitivamente, con l’aiuto di Dio, l’idea pericolosa di uno stato palestinese”.
Per l’ex ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, esponente dell’estrema destra e leader di Otzma Yehudit, “l’unica soluzione per Gaza è incoraggiare l’emigrazione degli abitanti” dell’enclave palestinese martoriata da mesi di operazioni militari israeliane contro Hamas scattate in risposta all’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. E, riporta il Jerusalem Post, c’è la sollecitazione al premier Netanyahu ad “annunciare l’adozione del piano al più presto”. Di “terremoto geopolitico” ha parlato Amichai Chikli, ministro per la Diaspora e la lotta contro l’Antisemitismo ed esponente del Likud, convinto – come ha scritto su X – che “stia crollando il paradigma di Oslo”, che si tratti di un “risultato politico importante di Netanyahu” e del “coraggio” dell’Amministrazione Trump. E’ un “nuovo ordine mondiale”, ha sottolineato sempre su X Miri Regev, ministro dei Trasporti e volto del Likud. “Ecco cosa accade quando si incontrano due leader coraggiosi”.
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