“Tesoro mi si è ristretto il bilancio”. Potrebbe essere questo il titolo del brutto film alla visione del quale rischia di essere costretta buona parte dei cittadini toscani. Il regista della pellicola dell’orrore è Eugenio Giani, Presidente della Regione, ma la sceneggiatura sembra opera del Pd che ormai ha completato la sua mutazione ed è perfettamente allineato alle posizioni della sinistra radicale e dei grillini. Stiamo parlando dell’aumento dell’addizionale Irpef di 200 milioni di euro inserito all’interno del maxiemendamento alla legge di Bilancio regionale, che servirà a coprire il buco nei conti della sanità toscana.

L’aumento delle aliquote

La misura, presentata come operazione una tantum – ma che “prudenzialmente” è stata prevista anche per gli anni 2025 e 2026 – prevede un deciso aumento delle aliquote addizionali per i redditi superiori a 28mila euro lordi annui; sarebbero coinvolti insomma tutti i toscani con un reddito mensile da 1.600 euro in su (i famosi “ricchi da far piangere”, come teorizzato un po’ di tempo fa a gauche). La proposta di Giani permette alla regione che amministra di stabilire un triste primato sia nella storia della tassazione toscana sia nel panorama nazionale. Con il 3,32% per la fascia 28-50mila euro e il 3,33% per la fascia oltre i 50mila, la Toscana diventerebbe la regione italiana con l’aliquota addizionale più alta d’Italia, passando in un colpo solo dall’essere la regione con l’aliquota più bassa a quella con l’Irpef più alta di tutti.

Gli aumenti

In termini concreti si parla di un aumento che varrà 120 euro l’anno per i redditi da 28 a 50mila euro, 360 euro per quelli da 50 a 100mila, e 1.180 euro per quelli superiori ai 100mila. Un unicum nel panorama italiano, soprattutto per quanto riguarda i redditi della cosiddetta classe media, ossia quelli tra i 28 e i 50mila euro. Se infatti per gli scaglioni più alti anche altre regioni raggiungono la percentuale del 3,33% (Lazio e Piemonte), soltanto la Toscana prevede un’aliquota così elevata per i redditi della classe media, laddove nelle altre regioni la media è inferiore al 2%. Un primato non invidiabile.

L’allarme del sindaco di Campi Bisenzio

Per capire da dove nasca questa manovra lacrime e sangue occorre fare un passo indietro. Da tempo la sanità toscana non naviga in acque tranquille, con le sempre maggiori insofferenze per le interminabili liste di attesa per le prestazioni pubbliche, e allo stesso tempo per il buco di bilancio che nel 2023 ha toccato la cifra record di oltre 420 milioni. Il governatore Giani sperava fino all’ultimo di poter ricevere dal governo nazionale i soldi del payback sanitario, ossia di quel credito vantato dalla Regione nei confronti delle aziende che forniscono dispositivi medici e su cui è pendente un giudizio di costituzionalità, ma non c’è stato nulla da fare. Da qui la definizione di “Meloni tax” da parte del Pd toscano, che ha provato a gettare sull’esecutivo la responsabilità degli aumenti. Per il segretario regionale Emiliano Fossi, il governo mostrerebbe un accanimento nei confronti della Toscana. “Lo abbiamo visto in tanti passaggi, anche sull’alluvione. Credo che sulla Toscana si faccia un gioco sporco sulla pelle e sulla salute dei toscani”, attacca l’ex sindaco di Campi Bisenzio. Che prosegue con la clava: “Con il maldestro tentativo di mettere in difficoltà il centrosinistra rischiano di mettere in difficoltà la vita dei cittadini per un mero calcolo politico. Noi questo lo denunceremo in tutti i contesti possibili. Lo denunceremo anche nei luoghi pubblici e nelle piazze”. Pronta la replica dai banchi del centrodestra che parla di “Giani tax”: il governatore avrebbe saputo della questione payback da due anni ma non sarebbe mai intervenuto per ridurre sprechi e razionalizzare le spese. Voci contrarie all’aumento si alzano anche dai banchi della maggioranza, con il gruppo di Italia Viva che non le manda a dire al Pd. “Nell’anno in cui i sindaci si aumentano lo stipendio, nell’anno in cui il direttore generale della sanità si aumenta lo stipendio, in una Regione in cui i soldi pubblici vanno sugli stadi noi le tasse non le votiamo”, è il messaggio che arriva dai renziani Scaramelli e Sguanci. In molti si chiedono se questa spaccatura potrà avere delle ripercussioni negli equilibri della maggioranza. “Noi non scappiamo dalla maggioranza. Credo che ci sia tempo per approvare il bilancio anche la prossima settimana, fermiamoci, ritiriamo l’atto, mettiamoci a sedere e lavoriamo insieme su come trovare queste risorse. Io sono convinto che si possa riscuotere un credito nei prossimi 4 mesi nei confronti delle case farmaceutiche”, dice il vicepresidente Scaramelli. Da parte sua Giani spera che non si arrivi a rompere e che alla fine Italia Viva voti il bilancio, astenendosi o uscendo dall’aula al momento del voto sul maxiemendamento.

La voce dei sindacati

Intanto anche i sindacati sembrano non gradire. Lo Spi Cgil tuona: “L’aumento Irpef dovrà essere restituito”. Mentre la Cisl Toscana picchia ancora più duro: “Il presidente Giani ha deciso, in perfetta solitudine, di mettere le mani nelle tasche dei toscani, in un momento in cui tutti gli osservatori e le ricerche segnalano la difficoltà di molte famiglie a fare fronte all’aumento generalizzato dei costi. E lo ha fatto oltretutto senza alcun confronto con le forze sociali ed economiche. Non abbiamo intenzione di accettarlo in silenzio e faremo sapere a tutta la Toscana che questa è una scelta ingiusta”. Il messaggio del segretario generale, Ciro Recce, è forte e chiaro. “Tesoro mi si è ristretto il consenso”, si chiamerà così il sequel di questo brutto film firmato da Eugenio Giani e sceneggiato dal Partito democratico.