Ci tiene a dire che queste questioni lei le ha sollevate in Aula al Senato e nell’incontro di +Europa a Milano: Libia, migranti, la tragedia che si sta consumando ai confini tra Bielorussia e Polonia. Emma Bonino, leader storica dei Radicali, già ministra degli Esteri e Commissaria europea, oggi senatrice di +Europa, ha fatto della difesa dei senza diritti una ragione di vita politica. Di Libia se ne è sempre occupata, da ministra, Commissaria europea e parlamentare. E come parlamentare ha votato contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica da parte dell’Italia.

Cosa che allora, luglio scorso, spiegò così: «La strategia inaugurata con il memorandum Italia-Libia del 2017, proseguita con il riconoscimento della SaR (la zona di Search and Rescue) libica, con il decreto motovedette dell’estate 2018 e con queste missioni di supporto che ora si chiede di rinnovare, si regge su una finzione cui nessuno può più far finta di credere: che le autorità libiche siano in grado di salvare persone in mare garantendo il rispetto dei più basilari diritti umani. Le condizioni dei centri di detenzione, non chiamiamoli di accoglienza per favore, sono note a tutti, ne sono pieni i rapporti delle organizzazioni internazionali. Sono dei lager». Sono passati 5 mesi da quel voto, e la realtà le ha dato tragicamente ragione. Quanto poi ai balletti quirinalisti, la risposta è nell’intervista.

Dal Mediterraneo all’Afghanistan, dalla gelida frontiera tra Bielorussia e Polonia al dimenticato Yemen. Il 2021 ci sta lasciando tragedie umanitarie che mettono a rischio la vita di milioni di persone. E la comunità internazionale?
Cosa sia nel concreto oggi la “comunità internazionale” è qualcosa che mi sfugge tanto indeterminati ne sono i riferimenti. Diciamo che guarda attonita queste crisi e come sempre accade quando fallisce la politica, si rivalutano gli “umanitari”. I quali fanno il loro mestiere che non è quello di far politica o trattative. Il loro nobile mestiere è quello di salvar gente, se ci riescono e quando ci riescono. Noi siamo in una situazione, sempre quella, di una politica estera che non c’è, di una politica sull’immigrazione che non esiste, e se penso a quelli che muoiono di freddo tra Bielorussia e Polonia, come ho detto in Senato, qui anche la pietà è morta. Il che non mi rende molto orgogliosa di questa Europa. Per niente.

Un’altra zona calda è la Libia. Il regno del caos. Il 24 dicembre doveva essere una data storica per il Paese nordafricano: il giorno delle elezioni presidenziali e parlamentari. Ora è ufficiale che le due elezioni sono state rimandate non si sa a quando, mentre a dettar legge sono le milizie in armi. Libia, un fallimento annunciato?
Io ne ho parlato a lungo nella convention di +Europa a Milano. Ho ripreso il tema al Senato. Mi è stato risposto da parte di alcuni elementi del Governo che la Libia non era all’ordine del giorno del Consiglio Europeo. Vero. È però all’ordine del giorno della realtà che forse conta un po’ di più. E non ci voleva chissà quale sfera di cristallo per capire che non si sarebbero tenute le elezioni il 24 dicembre. E, che io sappia, non è esistito alcun piano B. Nel frattempo sono morte altre 156 persone nel Mediterraneo, ma ormai questo non fa più né notizia né emoziona. La Road map è fallita ma si sapeva fin dall’inizio che non avrebbe tenuto. E cosa succede adesso non lo sa nessuno.

Non lo sa nessuno. Però nella conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato che «Ue e Italia continueranno a far di tutto per il consolidamento della democrazia» in Libia. Siamo all’errare è umano, perseverare è diabolico?
Sì. Anche perché continuano “a fare di tutto” e non capisco cosa sia quel “tutto”, che rimane abbastanza vago. Per ora constato che l’accordo per il processo elettorale del 24 dicembre è ampiamente fallito. Tutto sta, sostanzialmente, nelle mani delle milizie e noi ci affidiamo, che ne so, a Dio…Non c’è nessun piano B per la Libia, Né italiano né europeo.

Il dramma è che non ci affidiamo a Dio ma continuiamo a farlo, con tanto di finanziamenti, alla cosiddetta Guardia costiera libica…
Più le milizie, che molto spesso sono la stessa cosa. Per questi criminali, anche in divisa, la tratta dei migranti produce considerevoli flussi finanziari e quindi in uno Stato in cui nessuno governa, “sgovernano” queste milizie. Ma questo lo sappiamo da sempre. Vogliamo continuare a far finta di no, ma lo sappiamo da sempre.

La smemoratezza è una brutta malattia, specie in politica. In questi mesi ho perso il conto di quante volte si è usato e abusato di “corridoi umanitari”, di “chiusure dei campi di detenzione in Libia” etc. Di questo che è rimasto?
Niente. Assolutamente niente. Era niente quando l’avevamo sbandierato ed è niente adesso che tutto ciò non è nell’agenda del Consiglio Europeo ma è nell’agenda della realtà. L’Afghanistan l’abbiamo completamente dimenticato, di Yemen e altro facciamo finta di no, e tutta l’attenzione nel nostro paese è il gioco della torre tra Draghi e Mattarella: chi buttiamo giù per primo. Mattarella si è tirato fuori e adesso tutto il chiacchiericcio politico è che succede… Peraltro chiunque abbia un po’ di esperienza storica sa che solo Cossiga e Ciampi furono eletti al primo colpo e tutti gli altri quattordici votazioni, sedici votazioni, diciotto votazioni…e tra una votazione e l’altra sono stati esclusi tutti quelli che erano entrati nel “conclave” come papabili: Forlani, De Mita e via elencando, ne cadeva uno dietro l’altro. Io a questo gioco mi rifiuto di partecipare perché è un gioco di dietrologia a mio avviso inutile e anche incomprensibile. Guardo, però, ai risultati, secondo me positivi di questo Governo e mi terrorizza l’idea che si cambi il manovratore. Continuo ad essere fermamente convinta che l’energia e l’autorevolezza di Mario Draghi non debba assolutamente andare sprecata. Il paese non se lo può permettere. Per restare su questo.

Il presidente Draghi ha comunque ribadito che lui è in pista se rimane una maggioranza di unità nazionale a sostenerlo. La metto giù un po’ brutalmente: così facendo vogliamo istituzionalizzare l’emergenza?
Non è che la vogliamo istituzionalizzare. È che l’emergenza continua. C’è. Io non sono una esperta, una tecnica, ma quello che mi pare di aver capito anche da altri paesi è che questa variante Omicron è meno letale ma con una capacità di diffusione molto più grande. Siamo entrati in un’altra emergenza, o meglio, nell’evoluzione della stessa. Questo è il punto. Io tra tutte le varie tesi continuo a ritenere e a dire che la cosa più sensata è vaccinarsi. Cosa che mi pare la grande maggioranza dei cittadini stia facendo. Dall’emergenza, però, non siamo usciti. È solo che si presenta in modo diverso, ma lì stiamo.

Dal chiacchiericcio dei palazzi della politica o dei salotti mediatici alle tragedie, quelle vere. I migranti come arma di ricatto. Ricatto all’Europa. È ciò che sta avvenendo a Est. Dell’autocrate di Minsk, Aleksandr Lukashenko, si è detto di peggio e di più, giustamente. Ma che dire della Polonia, paese membro dell’Unione Europea che ha chiesto i soldi a Bruxelles per erigere un muro anti migranti alla frontiera con la Bielorussia?
No, stai attento. Lì gli è stato detto di no. Non con i soldi europei. Ma sostanzialmente non cambia niente. Voglio ribadire qui quanto ho avuto modo di dire nel mio intervento al Senato: ho vissuto, come molti credo, con un po’ di vergogna il fatto che anche dentro i confini dell’Europa si parli sempre e solo di tener fuori, di respingere… Io non mi capacito, e mai lo farò, di un continente che ha 500milioni di abitanti e che oggi abbia paura dell’ “invasione” di seimila, settemila disperati che stanno gelando ai confini tra la Bielorussia e la Polonia! Questo è un tema che, a mio avviso, va affrontato di petto nella famosa Conferenza per il futuro dell’Europa, che ha tanti, troppi, temi nella sua agenda, ma non quello della necessità di riforme istituzionali del Trattato. E se non si affronta e si scioglie questo nodo, e si mantiene, ad esempio, il ricatto delle decisioni all’unanimità su questioni cruciali, quali appunto quella dell’immigrazione, saremo sempre lì. Non è che le cose si risolvano sempre con un cerotto. A volte ci sono cose che si devono risolvere con modalità un po’ più, se mi posso permettere, radicali.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.