È da ascriversi alla scelta delle cooperazioni rafforzate nell’ambito dell’Unione, il Trattato del Quirinale Italia-Francia. Tocca una pluralità di materie che vanno dalla transizione digitale ed ecologica, alla sicurezza e difesa, al Mediterraneo, alle diverse forme di cooperazione, economica, transfrontaliera, spaziale, fino alla cultura e all’istruzione. Sono, poi, previsti nei 12 articoli del Trattato le modalità per dare concreta attuazione agli impegni in questione, dagli incontri periodici, a un Forum sulla cooperazione industriale. Da ultimo, si prevederebbe, “in limine”, su proposta di Mario Draghi, anche uno scambio con la partecipazione periodica di un Ministro italiano che presenzia al Consiglio dei Ministri francese e viceversa. Alla base vi dovrebbe essere l’intento di rafforzare l’Unione.

L’importanza dell’Accordo, considerato che i rapporti con i cugini d’Oltralpe non sono stati sempre del tutto sereni e proficui, specialmente in occasione di vicende societarie una delle quali (Tim e l’azionariato francese) è ancora “sub iudice”, è rilevante. Altra cosa, esagerata, è, però, definire l’intesa come storica. Intanto, come accennato, essa si cala in una realtà che vede l’integrazione comunitaria ancora in mezzo al guado, con l’arrestarsi dell’avanzamento dell’Unione bancaria, il non avvio del progetto dell’Unione dei mercati dei capitali, la quasi assenza di una linea precisa nella politica internazionale e i tentennamenti, nonché le inerzie nel versante della difesa e della sicurezza, delle migrazioni.

Se Il Trattato mira a dare un impulso per scuotere l’Unione e far avanzare processi ancora allo stato nascente, allora la finalità è meritoria e si deve sperare che le concrete iniziative siano coerenti e tempestive. Ma, tra le diverse misure non si vede la valorizzazione del principio di sussidiarietà verticale in base al quale ciò che può essere fatto a livello nazionale non va accentrato: un principio che i Padri fondatori avevano inserito nei Trattati di Roma, la cui attuazione, coerentemente con il disegno comunitario, falcerebbe l’erba sotto i piedi ai cosiddetti sovranisti. Diversamente, se si pensasse di supplire con le cooperazioni rafforzate alla debolezza dell’“acquis communautaire”, allora sarebbe la vittoria della logica intergovernativa su quella dell’unificazione.

E allora occorrerebbe chiarire a fondo la via che si starebbe imboccando. Abbiamo già fatto esperienza di Accordi intergovernativi generali che derogano a norme dei Trattati fondativi – si vedano il “Fiscal compact” o l’Accordo per l’Unione bancaria – e non sono state scelte esaltanti. D’altro canto, non bisogna affatto dimenticare che la Francia ha stipulato un ben altro Trattato con la Germania, quello dell’Eliseo del 1963, rafforzato dal Trattato di Aquisgrana del 2019, sottoscritto in quest’ultima città proprio per l’evocazione storica di Carlo Magno e del Sacro Romano Impero. Germania e Francia sono considerate da sempre i “motori” dell’Unione, oggi forse un po’ affaticati, ma tali rimanendo in una diffusa condivisione. L’Italia ha le carte pienamente in regola come Paese fondatore, ma deve sapere che la Francia ha un precedente storico vincolo con la Germania. Si porrà, dunque, il problema del se e come si armonizzeranno i due Atti intergovernativi, non potendo verosimilmente la Francia assumere un impegno con la Germania e, poi, per esempio, modificarlo o metterlo in discussione con l’Italia. Non si potrà immaginare, tuttavia, che il Trattato del Quirinale operi solo negli spazi che fossero lasciati liberi dal Trattato di Aquisgrana. Alla lunga si porrà un problema di un’intesa trilaterale, ma non sarà facile conseguirla.

La soddisfazione per la firma avvenuta ieri deve essere accompagnata, dunque, con la valutazione dell’impegno da profondere sui temi che potranno rappresentare la cartina di tornasole della validità ed efficacia dell’Accordo. Le prime verifiche potranno riguardare i problemi delle migrazioni e quelli della politica economica e di finanza pubblica, a cominciare dalla riforma del Patto di stabilità, nonché dalla revisione della normativa sul divieto di aiuti di Stato, in previsione della cessazione, fra un anno, della loro sospensione dovuta alla pandemia. Sui temi economici il Governo tedesco, cosiddetto “ semaforo” (Socialdemocratici, Verdi e Liberali), pur diverso dal Cancellierato Merkel, tuttavia, ha deciso nel programma di ripristinare il freno al debito, di considerare non riformabile il Patto di stabilità e, semmai, agire sulla flessibilità della sua applicazione, di ritenere non replicabile l’iniziativa del progetto “Next Generation Eu” da cui è scaturito, tra gli altri, il nostro Piano di ripresa e resilienza.

Sono posizioni che dovrebbero vedere l’Italia in dissenso. È legittimo chiedersi, allora, come agirà la Francia sui due tavoli o se, per sottrarsi ai potenziali contrasti, arriverà ad escludere questa materia dal novero di quelle da affrontare. In definitiva, con il Trattato del Quirinale si stabiliscono i presupposti per risolvere alcuni problemi e tentare di fare avanzare l’Unione, ma si aprono altri non trascurabili problemi. E, allora, per il momento sottolineiamo di più il valore politico dell’intesa e prepararsi a risolvere gli immancabili problemi che sopravverranno. Anche in questo caso non esistono demiurghi, né ci si dovrà attardare su agiografie, ma occorreranno lavoro, tenacia e capacità di negoziare e di decidere.