Il suo mito si è «definitivamente indebolito»: Vladimir Putin è uno zar pigro, «un anello in eccesso» in un sistema di potere che comunque ha bisogno di lui per legittimarsi. E che sfrutterà l’attuale ruolo dei “tecnici” chiamati a comprovare le decisioni sull’emergenza «per rafforzare il suo monopolio» creando una sorta di Stato medico-poliziesco. Sono gli effetti della pandemia sul regime di Vladimir Putin secondo Gleb Pavlovsky, il “tecnologo politico” (definizione sua) che contribuì ad assicurargli la presidenza nel 2000, e a creare l’idea della “verticale del potere” putiniana come forma di governo. Pavlovsky lasciò lo staff del Cremlino nel 2011, in disaccordo con la decisione di Putin di ottenere un terzo mandato. Parla con il Riformista mentre in Russia i casi di Covid superano abbondantemente quota 400mila ma si allenta il lockdown, si preparano i festeggiamenti di massa ritardati per il 75° anniversario della vittoria contro il nazismo, e si allestisce – per il 1° luglio – il referendum sui cambiamenti alla Costituzione che possono far rimanere Putin al potere fino al 2036.

Gleb Olegovich Pavlovsky, se il Coronavirus fosse rimasto nei pipistrelli e non fosse esplosa la pandemia, Vladimir Putin avrebbe celebrato il “Giorno della vittoria” il 9 maggio scorso sulla Piazza Rossa gremita di reparti militari, rivendicando l’autorità morale della Russia come arbitro dei conflitti davanti ai presidenti di Cina e Francia. E questo all’indomani di un plebiscito per i cambiamenti costituzionali che gli permettono di regnare all’infinito o quasi. I suoi grandi piani di primavera erano saltati e la fiducia dei russi nel Presidente è stata in discesa costante. Che fa ora Putin, cerca di tornare indietro di un po’ di settimane come se niente fosse?
Erano state rimandate solo le azioni propagandistiche puramente esteriori. Ma di fatto la Costituzione è già stata modificata, e la votazione – perché non si tratta di un referendum ma di un voto senza fondamento giuridico – è solo “decorativa”.

Quindi, tutto come inizialmente previsto: alla fine del mandato presidenziale nel 2024 Putin potrà sostituire se stesso?
Non esiste un “problema 2024”: Putin ha molti modi per rimanere al potere. E secondo me non ha ancora scelto quale. Ma guardi che Putin non è mica una figura poi così importante nella nostra politica…

Lei ama i paradossi. Come sarebbe a dire che Putin non è importante?
È importante l’élite che lo circonda. Putin è diventato un anello di troppo del sistema che ha creato: così lo vede oggi il suo entourage. Persone che sono dove sono grazie a lui, e che hanno ancora bisogno di lui per avere legittimità. Ma che ultimamente non hanno visto alcun aiuto da parte sua. Perché Putin oggi non risolve nulla e non gestisce nulla. Solo, controlla attentamente che nessun altro prenda il suo posto.

Insomma, Putin sarebbe solo la facciata di un “collettivo” al potere. Però non c’è dubbio che la politica estera la gestisca lui, e in prima persona. Non mi pare uno zar poi così pigro…
In realtà, non gli piace molto lavorare. Soprattutto, non gli piace il lavoro politico spicciolo. Ha sempre tralasciato la routine del governare. Per questo in Russia più in alto sali per la “verticale”, maggiore è il caos organizzativo che trovi. Si gestisce solo l’immagine del potere, tutto il resto è fuori controllo. Per quanto riguarda la geopolitica, da una decina di anni e specialmente dall’annessione della Crimea (nel 2014, ndr) è il centro del suo interesse. Corrisponde al suo modo di pensare: gli permette di dividere il mondo in “amici” e “nemici”. Gli piace parlare con i grandi leader e pensa che ogni problema possa esser risolto direttamente con loro. E siccome è al potere da 20 anni, si sente in vantaggio sui suoi interlocutori. Nell’ultimo anno tutto ciò ha preso una forma patologica. Putin somiglia sempre più a un monumento di sé stesso. È diventato un elemento frenante nelle decisioni su qualsiasi problema reale.

Se è davvero come dice, allora ha fatto bene a defilarsi nell’emergenza Coronavirus, delegando le decisioni ai governatori regionali e al sindaco di Mosca Sergey Sobyanin…
Le misure di lockdown sono impopolari, quindi è il Presidente ad annunciare quando c’è un allentamento della stretta, o gli interventi di sostegno, mentre lascia ai governatori le decisioni che non piacciono alla gente. Il potere sta agendo in modalità d’attesa, ritarda le decisioni. Putin ritiene che sarà la situazione a dire quali potranno essere i modi per uscire dalla crisi: è un suo atteggiamento mentale. Se le cose andranno male, la colpa ricadrà sui governatori. Se l’epidemia si esaurirà e le cose miglioreranno, sarà merito di Putin.

Cambierà il ruolo dei governatori regionali, dopo la pandemia?
Dal punto di vista formale, non sono state date vere e proprie deleghe: si è solo allentato temporaneamente il guinzaglio. Finita l’emergenza sanitaria, tutto tornerà come prima.

E il sindaco di Mosca? Sobyanin sta dimostrando un’inedita indipendenza decisionale. Ha addirittura pubblicamente ammonito Putin a non sottovalutare l’epidemia…
Ma resta una figura locale, e a Mosca non ci sono in vista elezioni che possano quantificarne politicamente la popolarità. Al Cremlino si è sicuri che sarà facile mettere il sindaco al posto suo, quando tutto sarà finito. Naturalmente, il quadro generale potrebbe cambiare: potrebbe davvero nascere conflitti fra il centro e le nuove “coalizioni manageriali” emerse in questa crisi. Un eventuale conflitto tra il Cremlino e Sobyanin, però, verrebbe probabilmente affrontato smussandone le asperità.

I “tecnici”, i medici e gli scienziati cooptati per contrastare il virus, potrebbero continuare ad avere un ruolo nel futuro?
Sono stati chiamati a comprovare le decisioni su restrizioni e requisiti disciplinari, e la pratica si è rivelata efficace per imporre le une e gli altri. È più difficile per la gente protestare quando le imposizioni sembrano arrivare dagli accademici. Penso che ciò sarà preservato nel futuro, perché aiuta a giustificare il sistema: un sistema autoritario che sfrutta ogni opportunità per rafforzare il suo monopolio. Il nostro Stato non è forte: è grande, amorfo e debole. Pertanto, è alla costante ricerca di nuovi motivi per dimostrare forze inesistenti e proclamare vittorie immaginarie. Ora si può giustificare il monopolio del potere affermando che si salvano vite umane.

Una cosa che ai russi proprio non è piaciuta è la parsimonia con cui finora si è dato aiuto economico a famiglie e aziende. Perché così poco, visto anche che la Russia ha grandi riserve e conti pubblici in avanzo?
Il denaro rappresenta l’unico vero potere, in Russia. In questo senso, le riserve monetarie sono anche scorte di potere. Distribuire denaro significa distribuire potere. Per questo il Cremlino non vuole spendere soldi.

Intanto, però, il gradimento della popolazione nei confronti di Putin è sceso al minimo di sempre. Che è successo al mito dello zar che interviene in ultima istanza e al di sopra delle parti per risolvere i problemi?
Il “mito di Putin” un tempo è stato forte, ma è ormai debole e invecchiato. Non esiste più nella sua forma precedente. La gente non gli crede, quando oggi promette misure di supporto a disoccupati e piccole aziende in crisi. Non è facile misurare il grado di malcontento nella popolazione, perché non esiste una rappresentanza politica, manca quindi il canale attraverso cui esplicitarlo. Ma penso proprio che il mito sia finito e non possa rinascere. Lo stesso Putin non ci conta più.