«Affidare le partecipate ai privati? Sì, ma gli imprenditori dovranno operare con trasparenza e il Comune dovrà metterli nelle condizioni di poter fare impresa: nessuna influenza della politica nelle nuove aziende di servizi e nessun obbligo ad assumere il personale comunale. Ma un manager non basta, ci dovrà essere una struttura d’impresa che guardi al mercato e che stia attenta a erogare servizi a “costi sociali”. De Luca? Lasci respirare la città». Maurizio Maddaloni riflette con il Riformista sul futuro della città.

Presidente, che idea si è fatto della situazione del Comune di Napoli?
«Ci lasciamo alle spalle una stagione sindacale disastrosa. Ora per andare avanti non c’è dubbio che serve una nuova idea di città accompagnata da una robusta iniezione di risorse economiche. In fase pre – elettorale c’è stata una grande mobilitazione e passerella degli esponenti apicali dei partiti che sostenevano la candidatura di Gaetano Manfredi nel proporre un patto per Napoli ma pare che le condizioni per realizzarle non ci siano. In più cominciano i distinguo e si sta già iniziando a sottolineare che una legge ad hoc per Napoli lascerebbe fuori le altre città che pure sono in una condizione di difficoltà. Questo però in campagna elettorale non è emerso! Ora si pone un problema grande, pur con tutta la buona volontà e l’impegno di Manfredi, senza soldi è tutto più complicato. Lui si trova in una situazione negativa e positiva: da un lato peggio di come ha “disamministrato” de Magistris non può fare, eppure al tempo stesso proprio perché la città è abbandonata a se stessa da troppo tempo, bisogna rifondare la macchina comunale che è un meccanismo pesante, lento, parassitario ed elefantiaco e non tutti brillano per particolare impegno e capacità. Su tutto questo pesa la situazione finanziaria e qualcuno ha anche ipotizzato (nuovamente) di dichiarare il dissesto e nominare un commissario».

Crede che possa essere la soluzione giusta?
«Se ne era parlato anche tempo fa quando ancora c’era de Magistris. Io in realtà spero in un accordo bipartisan e che prevalga il senso dell’appartenenza alla città e non alla parrocchia politica e che si possa trovare una soluzione per aiutare il Comune. Allo stesso tempo questa soluzione finirebbe per penalizzare i creditori del Comune, molti dei quali sono imprenditori, quindi ci andrei cauto. Ma il problema va affrontato, anche perché con la ripresa post-Covid, sia pure ancora timida perché si parla di quarta ondata e di una situazione tutt’altro che risolta, la città anche sotto il profilo turistico si sta riprendendo, e se noi non puntiamo su un minimo e iniziale rilancio delle funzioni urbane della città: le cose basilari come un minimo di viabilità, di arredo urbano, non si riparte. Bisogna creare un modello di sviluppo coerente con le funzioni tipiche della nostra città, a cominciare da turismo e cultura. Se Manfredi riesce a essere forte e autonomo rispetto alle lobby politiche che tenteranno di condizionarlo, posso provare a essere cautamente speranzoso».

Pensa che Manfredi si sia fatto condizionare molto dai partiti?
«La scelta di tenere per sé molte deleghe importanti è stata una scelta studiata proprio per evitare di dover pagare troppo scotto politico ai partiti e credo che abbia fatto bene. Le deleghe, però, le dovrà pure assegnare, perché pur essendo una persona assolutamente capace oltre che per bene, e che non si atteggia a sceriffo, non è superman né credo voglia esserlo.

Il sindaco ha tenuto per sé la delega alla cultura, cosa dovrebbe fare il Comune per un settore così strategico?
«Serve un’idea forte. Un raccordo con il sistema delle imprese e anche un luogo culturale nel quale indirizzare i turisti. Ogni grande città ha un luogo simbolo che attira i turisti. Il Comune potrebbe essere protagonista di un progetto per il turismo chiamando a raccolta gli imprenditori per mettere su un prodotto turistico all’altezza della città. Le idee non mancano…»

In generale, che opinione ha della nuova giunta Manfredi?
«Alcune scelte sono apprezzabili, in qualche caso ha pagato lo scotto alle logiche della politica. E questo può anche starci; basta non abusarne. Spero che quando definirà il quadro completo della giunta, farà scelte autonome secondo un criterio di premialità».

Si ipotizza l’assegnazione delle società partecipate del Comune ai privati. Potrebbe essere una buona idea per restituire finalmente dei servizi decorosi ai cittadini?
«Sicuramente potrebbe essere una buona idea. Ma ad alcune condizioni inderogabili: trasparenza assoluta da parte degli imprenditori ed estraneità della politica rispetto alle aziende che gestiranno i servizi. Mi spiego: che i privati possano assumere l’onere della gestione delle partecipate del comune va bene, ma i privati non possono farlo gratis. Se non ci sono i soldi per poter svolgere questi servizi, gli imprenditori non possono trasformarsi in martiri della cassa comunale che non paga. Si deve assicurare agli imprenditori autonomia gestionale dei servizi. In più bisognerà mantenere i “costi sociali” per l’utenza, non potranno pagare di più i cittadini; ma per fare questo c’è bisogno di una struttura imprenditoriale sana e basata su competenze professionali. Un manager da solo non può fare nulla se non c’è un’idea aziendale alle spalle e un’impresa che si confronti con il mercato. In più la logica non potrà essere quella di trasferire risorse umane comunali nelle aziende dei privati per sostituire a un vecchio carrozzone uno nuovo. Gli imprenditori dovranno essere liberi di assumere chi vogliono nell’ottica della competenza e della professionalità. Bisogna stabilire delle linee comportamentali, definire gli obiettivi, creare strutture imprenditoriali snelle, agili e distanti dalla politica. Strutture che vadano in una direzione manageriale dove c’è il rischio di impresa per l’impresa e dove però l’imprenditore è messo nelle condizioni di poter fare l’imprenditore. Qui non abbiamo una forte cultura del servizio, per questo serve competenza. Si pone poi il problema di dove andranno a finire i dipendenti comunali attualmente in servizio, questa è una questione assai delicata e dirimente. Senz’altro la teoria è una cosa ed è una teoria intelligente, ma la pratica poi è molto più complessa e di difficile realizzazione».

Un’altra questione spinosa riguarda la movida fuori controllo. Quale soluzione propone?
«Serve un forte senso di responsabilità da parte degli imprenditori, e una task force dedicata all’ordine pubblico composta da guardia di finanza, polizia e carabinieri per controllare il territorio in maniera precisa. Ben vengano i controlli piuttosto che la repressione ma poi si deve trovare una quadra tra imprenditori e forze dell’ordine. In questo l’esperienza di un assessore del calibro di Antonio De Iesu potrà risultare assai preziosa».

C’è il pericolo che l’ombra del Governatore eclissi la figura di Manfredi?
«Mi auguro di no. Sono certo che Manfredi, pur nella mitezza del suo carattere, è persona ferma e determinata e saprà, se eventualmente necessario, arginare eventuali invasioni di campo. Mi auguro che De Luca lasci respirare il Comune e che dia un suo contributo per affermare le ragioni della città e che collabori come diceva Totò “Senza nulla a pretendere” ».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.