Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ha dovuto ammettere davanti ai parlamentari della Knesset. Il raid a Rafah, quello dove la scorsa domenica sono morti più di 40 civili palestinesi, è stato “un tragico incidente”. “A Rafah abbiamo evacuato un milione di residenti non coinvolti e, nonostante tutti gli sforzi, ieri si è verificato un tragico incidente – ha detto il premier – Investighiamo i casi e traiamo le conclusioni. Per noi ogni persona non coinvolta che viene uccisa è una tragedia, per Hamas è una strategia”.

Il ‘rischio calcolato’

Frasi che mostrano la volontà di Netanyahu di ricordare che la morte dei civili rimane comunque un rischio calcolato dell’organizzazione palestinese. Ma ad ogni modo, sono frasi che non cambiano la sostanza. E cioè che la situazione nella città meridionale della Striscia di Gaza è a dir poco caotica. Il bombardamento, avvenuto dopo che ieri Hamas ha attacco con otto razzi il territorio di Israele, conferma che la battaglia infuria e che può mietere un numero molto elevato di vittime civili.
Il responsabile delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, si è espresso condannando fermamente l’attacco israeliano e chiedendo alle autorità dello Stato ebraico un’indagine che sia il più possibile “approfondita e trasparente” per accertare le responsabilità di quanto accaduto a Rafah. Per adesso le indagini preliminari condotte dalle forze armate di Israele indicano che i civili sarebbero morti non perché obiettivi diretti dei missili, ma per un incendio che si è sviluppato proprio in seguito a un raid condotto contro Hamas. Bombardamento in cui sarebbero rimasti uccisi anche Yassin Rabia e Kahed Najar, esponenti chiave per il coordinamento delle varie costole di Hamas in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Ma la situazione è particolarmente critica.

La solita condanna Ue

Gli effetti del raid arrivano non solo sul campo di battaglia, ma anche in quello più complesso e delicato della diplomazia. “È terribile vedere civili palestinesi innocenti uccisi nel recente attacco. Non esiste una zona sicura per gli sfollati interni a Rafah. Invito il governo israeliano a rispettare pienamente la Corte internazionale di giustizia e a fermare immediatamente la sua offensiva militare a Rafah. È necessario attuare un cessate il fuoco immediato”, ha scritto in modo molto chiaro il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “Esorto a rispettare il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Ricordo al governo di Israele che l’accordo di associazione Ue-Israele è e deve continuare a basarsi sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale in linea con i nostri valori”, ha poi continuato l’alto funzionare Ue. Dello stesso avviso l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, che in un post su X ha detto di essere “inorridito dalle notizie provenienti da Rafah sugli attacchi israeliani che hanno ucciso decine di sfollati, tra cui bambini piccoli”. Il capo della diplomazia di Bruxelles ha condannato “con la massima fermezza” il raid, e infine – come ha fatto anche Michel – ha ricordato che “non esiste un luogo sicuro a Gaza. Questi attacchi devono cessare immediatamente. Gli ordini della Corte internazionale di giustizia e il diritto internazionale umanitario devono essere rispettati da tutte le parti”. E anche da Washington è arrivata una netta di presa di posizione di condanna a quanto avvenuto nell’ultima città a sud della Striscia. “Israele deve prendere ogni precauzione per proteggere i civili, stiamo coinvolgendo l’IDF sul campo per valutare cosa è successo”, ha fatto sapere la Casa Bianca, che ha parlato di “immagini devastanti” e “strazianti”. “Israele ha il diritto di attaccare Hamas, ma come siamo stati chiari, Israele deve prendere ogni precauzione possibile per proteggere i civili”, ha chiarito il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa.

Hamas è vivo

La condanna europea e della comunità internazionale è l’ennesimo campanello d’allarme per il governo Netanyahu. Ma non è l’unico problema. Il disastroso raid, infatti, avviene dopo che Hamas nei giorni scorsi ha lanciato otto razzi contro le città israeliane, facendo capire di non essere piegata militarmente, per quanto molto indebolita – come ovvio – dall’operazione militare dello Stato ebraico nella Striscia. Inoltre questo bombardamento e un così alto numero di civili può avere effetti disastrosi sui già fragili colloqui in corso per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani delle fazioni palestinesi. E lo conferma il fatto che Hamas avrebbe deciso di disertare i negoziati previsti questi giorni proprio dopo la strage di civili. Come se non bastasse, lo scontro a fuoco tra le forze israeliane e le truppe egiziane avvenuto ieri vicino al valico di frontiera di Rafah (con un morto tra i militari del Cairo) è un ulteriore segnale di preoccupazione per la stabilità dell’intero quadrante. Le Israel defense forces hanno confermato subito la sparatoria e la morte del soldato egiziano. Episodio che secondo i media dello Stato ebraico sarebbe responsabilità delle unità del Cairo, le quali avrebbero aperto per prime il fuoco scatenando la reazione delle Tsahal. “Le forze armate egiziane stanno conducendo un’indagine attraverso le autorità competenti in merito a una sparatoria nella zona di frontiera di Rafah, che ha portato al martirio di uno dei membri del personale”, ha invece scritto il ministero della Difesa del Paese nordafricano su X. Un incidente di frontiera che è arrivato mentre Egitto e Israele hanno iniziato a cooperare, con molte ritrosie da parte del Cairo, per inviare camion di aiuti attraverso il valico di frontiera di Kerem Shalom. Sono centinaia i tir che si stanno dirigendo nella Striscia di Gaza in queste ore. E sono i primi che arrivano dopo la chiusura del valico di Rafah, causata dall’inizio dell’offensiva israeliana sulla città in cui sono asserragliati gli ultimi battaglioni di Hamas.