Cultura
La casa, dalla Grecia di Omero a oggi: un ponte tra individuale e collettivo
Nell’ultimo saggio di Valeria Pezza, l’òikos ha un doppio significato: spazio privato e microcosmo sociale Come ha plasmato le città antiche e le nostre? Dal 24 al 31 gennaio anche la mostra al DiARC di Napoli

Il termine greco òikos deriva dal collegamento di oikia (casa) al verbo oikizein (abitare). E, nella antica Grecia, indicava indifferentemente sia la casa in termini fisici, ovvero il luogo dell’abitare, che la casa in termini sociali, la famiglia ma anche il suo patrimonio. Ma òikos è molto di più della semplice unità familiare e del suo spazio di vita privato, in quanto essa si proietta verso il contesto sociale in cui si inserisce, ovvero l’aggregato urbano. Ma non solo, òikos attraverso il prefisso “eco” costituisce la radice di innumerevoli altri termini. Basti pensare eco-nomia (amministrazione della casa) o eco-logia (studio dell’ambiente, inteso casa dell’uomo).
Queste brevi considerazioni possono senz’altro considerarsi la chiave interpretativa dell’interessate viaggio che Valeria Pezza ripercorre dettagliatamente nel saggio “L’invenzione della casa – L’ordine domestico della polis” edito da Christian Marinotti Edizioni. Saggio che ha ispirato la Mostra di architettura promossa dal DiARC – Dipartimento di Architettura dell’Università di Napoli in corso dal 24 al 31 gennaio prossimi presso l’Ambulacro della Biblioteca di Palazzo Gravina a Via Monteoliveto, 3. La casa è da sempre indissolubilmente legata alle principali attività dell’uomo che “partendo dallo spazio privato, semplice aggregato familiare: è una unità sociale estesa e complessa. Non c’è dubbio che costituisca il cuore della sfera privata, da Omero in poi, ma si tratta di un privato collettivo, non individuale”.
Il percorso del libro parte proprio dalla illustrazione di “tutta una serie di esperienze e invenzioni maturate nel tempo sulle coste del Mare nostrum, (che) avevano trovato con i Greci sintesi a livello superiore, e avevano dato luogo, forma e misura, attraverso l’invenzione della casa per tutti, a quel complesso legame tra mondo interiore e casa, casa e città, pubblico e privato, collettivo e individuale, libero e necessario, che è ancora oggi, nonostante tutto, (è) la città”. E il viaggio si conclude con un quesito, “Quale significato aveva la casa in quell’origine e cosa significa per noi oggi la casa?”.
L’autrice, ovviamente, non ci dà una risposta, che però ciascun lettore o visitatore della mostra, può trovare tra i mille stimoli che è possibile raccogliere nel corso della lettura di pagine ricche di storia, di esempi dell’abitare arcaico e di molte belle illustrazioni, di grande interesse per chi ama l’architettura antica. Illustrazioni che partendo dalle piante delle prime città egizie del II millennio a.C., quali Mohenjo Daro o Amarna, ci stimolano all’analisi della struttura delle città di fondazione greche, da Akragas (Agrigento) del 580 a.C. a Creta del X-IIX sec. a.C., e di quelle delle città romane, una per tutte Pompei.
Ma altrettanto stimolante risulta al lettore il capitolo su “Forma, ragione e misura dell’ordine domestico”, dove si ricostruiscono le attività, anche rituali, svolte dalle famiglie nelle proprie case, da quelle materiali a quelle sacre, con un giusto accento nei confronti di due elementi della natura, terra e fuoco, essenziali alla vita domestica. Il viaggio infine non poteva non riguardare ciò che è fuori la casa, fuori lo spazio privato di òikos, e quindi quello della polis. Aggregazione di unità abitative all’interno di una dimensione spaziale e sociale pubblica, come nel caso di Selinunte o Mégara Hiblea.
Insomma, una bella e appassionante lettura che ci stimola nel cercare una risposta nel passato per capire cosa oggi significhi ancora per noi quello straordinario epifenomeno umano che è, e resterà per sempre, la casa.
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