“Il nostro Paese è già distrutto da 12 anni di guerra, ora anche la natura. Le case, gli edifici non smettono di cadere”. Così Dirar Al-Hammadi, un medico di 26 anni che lavora al Al-Razi Public Hospital, di Aleppo, racconta la drammatica situazione dopo che l’ennesima ferita si abbatte sulla sua nazione martoriata. Sulle città ancora dilaniate e distrutte dalla guerra, ora insiste anche il dramma del terremoto. Che ad ora ha già provocato solo in Siria 810 i morti e oltre 1.280 feriti. Un bilancio destinato ancora a salire per la presenza di centinaia di famiglie sotto le macerie: lo hanno anticipato i Caschi Bianchi, organizzazione non governativa di protezione civile siriana.

Aleppo è una delle città più colpite dal sisma. Palazzi, strade e infrastrutture erano già in macerie per la guerra o comunque già resi fragili dai danni dei bombardamenti. Mancano i soccorsi, manca il personale sanitario. “Ho appena visitato una bambina di 3 anni. Ci sono tantissimi persone con ferite gravi e decine di morti. Ho il rumore delle sirene nelle orecchie. È un dramma che non ci voleva”, continua il racconto al Corriere del medico 26enne di Aleppo. Praticamente piove sul bagnato. “Stiamo lottando contro una grave epidemia di morbillo e abbiamo appena superato il picco di colera, a causa dell’acqua contaminata. Per non parlare della crisi alimentare. Vedo che i giornali internazionali stanno scrivendo molto di quello che sta succedendo in Turchia, giustamente, ma è importante non dimenticarsi di noi”, ha detto Lava una dottoressa di Aleppo, citata dal Corriere. Agli sfollati per la guerra, si aggiungono ora quelli del terremoto. “La mia famiglia, come migliaia di altre, si trova in strada da questa notte. Fa molto freddo e non hanno idea di come ripararsi. Mia madre dice chele strade sono così affollate che non si riesce a passare. La nostra casa non è crollata ma non è nemmeno agibile”, continua Lava. Il dottor Al-Hammadi dice di essere sconvolto dal dolore che lo circonda: “Vedo tragedie impensabili. Non riesco a non pensare a un padre che abbiamo medicato a cui sono morti tre i figli. E al mio collega, che ha perso la sua famiglia”.

Il terremoto arriva come una piaga in una situazione politica complicata. Il nord della Siria è diviso in quattro aree che non comunicano fra loro: una è sotto il controllo del regime, una seconda con tre milioni e mezzo di abitanti è sotto gli ultimi gruppi ribelli (dominati dagli islamisti), una terza è di fatto sotto il controllo della Turchia e infine una quarta appartiene ai curdi (quest’ultima e molto a est rispetto all’epicentro). Inoltre il confine fra Siria e Turchia è militarizzato, protetto da un muro di cemento lungo centinaia di chilometri e difeso da garitte con soldati turchi. Un incubo che rende impossibile la fuga e anche i soccorsi. L’area in mano ai ribelli, con capitale la città di Ilib, è diventata il rifugio di più di due milioni di sfollati, siriani che abitavano nelle altre parti del Paese ma sono stati costretti a fuggire a causa del conflitto e delle persecuzioni del regime del presidente Assad. Quella zona inoltre è usata da un network clandestino dello Stato islamico – è lì che si erano nascosti e sono morti due cosiddetti “califfi” nel giro di due anni – ed è probabile che gli estremisti sfrutteranno il caos dopo il sisma per fare qualche spostamento e sfuggire ai controlli.

La città di Aleppo è in mano al regime di Assad dal 2016, presa dopo anni di assedio come sta succedendo ad alcune città ucraine. Il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con l’omologo siriano Bashar al Assad, il quale ha accettato l’offerta di aiuti per rispondere all’emergenza. Come riferito dal Cremlino, i soccorritori del ministero delle Emergenza russo partiranno presto per la Siria. Putin ha in programma di avere un colloquio nella giornata di oggi anche col presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

L’ansa riporta la vicenda di un sacerdote, don Imad Daher, è morto nel crollo della residenza dell’arcivescovo emerito dei greco-cattolici melchiti di Aleppo, mons. Jean-Clement Jeanbart. Lo stesso monsignor Jeanbart è scampato alla morte ed è attualmente in ospedale per le ferite riportate; le sue condizioni sono stabili. Un altro cristiano, che si trovava nell’edificio al momento del sisma, è deceduto. Lo riferisce la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre che ha molti progetti in Siria di sostegno alle comunità cristiane. Padre Imad era già stato duramente colpito dalla guerra in Siria e aveva perso un occhio per l’esplosione di un razzo. Il devastante terremoto che ha colpito la Turchia meridionale e la Siria settentrionale nelle prime ore di oggi “si è abbattuto anche su molte comunità cristiane siriane, le quali stavano già affrontando una situazione estremamente difficile dopo oltre un decennio di guerra e persecuzione, senza contare la recente, paralizzante, crisi finanziaria”, sottolinea Acs-Italia.

Molte città e paesi con una significativa popolazione cristiana, come Aleppo, Homs, Lattakia e Hama, sono state gravemente colpite. Acs ha ricevuto segnalazioni non ancora confermate di morti nelle comunità cristiane di Aleppo e Lattakia e di decine di feriti tra i cristiani di Hama. Le prime informazioni riguardano seri danni strutturali ad alcuni edifici come la cattedrale siro-ortodossa di San Giorgio, ad Aleppo, la chiesa francescana a Lattakia, nonché danni minori al Centro della Speranza sostenuto da Acs, sempre ad Aleppo. “La Chiesa in Siria è sconvolta dalla catastrofe”, afferma Regina Lynch, direttrice dei progetti di Acs Internazionale. L’arcivescovo di Homs, mons. Jean Abdo Arbach, racconta che i 30 secondi del sisma “hanno cambiato completamente la vita di migliaia di persone. Speriamo che il terremoto apra i cuori delle comunità internazionali e di tutti i leader mondiali, affinché aiutino la Siria e non dimentichino le persone che soffrono. La popolazione è in uno stato di assoluta disperazione e angoscia. Ci sono persone che vagano per le strade, non sanno dove andare, e cercano disperatamente familiari e amici. Molte persone sono morte o sono disperse“.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.