La Cisl cambia guida. Subentra Daniela Fumarola, ma il sindacato non cambia affatto la sua vocazione culturale, sociale e politica. Sono almeno tre gli aspetti essenziali che storicamente hanno caratterizzato, e che contraddistinguono tuttora, il cammino della Confederazione. Innanzitutto il capitolo delicato e decisivo dell’autonomia. Un’autonomia che, storicamente, è stata il cavallo di battaglia della Cisl, con qualsiasi gestione e con tutti i segretari generali che si sono succeduti.

Un elemento, questo, che è emerso in tutta la sua coerenza anche e soprattutto durante l’ultima gestione. Insomma, si potrebbe dire che la Cisl – oggi e su questo versante – è l’esatta alternativa rispetto al comportamento concreto del tradizionale “sindacato rosso”, cioè la Cgil. E quindi, nessun collateralismo con i partiti, nessun pregiudizio politico o, peggio ancora, ideologico nei confronti dei governi di turno; e, infine, nessuna commistione con l’agenda politica e programmatica dei partiti. Appunto, l’esatto opposto dell’attuale strategia della Cgil, dove non si sa ancora bene se è il sindacato che detta l’agenda politica al campo largo o se è il campo largo che lo detta alla Cgil. Nell’uno come nell’altro caso, la Cisl si trova su sponde lontane se non addirittura alternative rispetto a questa concezione.

Dialogo, confronto e risultati concreti

In secondo luogo c’è il tema della contrattazione. Se c’è un sindacato che storicamente individua proprio nella contrattazione locale e nazionale lo strumento decisivo per conseguire miglioramenti concreti per le condizioni reali dei lavoratori e per tutte le persone, questo è certamente la Cisl. Perché l’obiettivo di fondo, ieri come oggi, resta sempre quello della “coesione” e della “concordia sociale”; mai quello della “rivolta” o della “rivoluzione sociale”. E soprattutto su questo versante, le posizioni rispetto all’attuale leadership della Cgil sono radicalmente – e anche legittimamente – diverse. Per la semplice ragione che la Cisl punta a migliorare le condizioni di vita dei lavoratori attraverso il dialogo, il confronto e i risultati concreti che di volta in volta si possono raggiungere. Invece la Cgil, di combutta con l’attuale gestione della Uil, persegue l’obiettivo della contrapposizione ideologica, della “rivolta sociale” e del cambiamento del quadro politico e dell’attuale assetto di governo. Una finalità del tutto legittima ma che, appunto, si addice ai partiti e non a un sindacato.

Infine c’è il capitolo della rappresentanza sociale. La Cisl, come del resto le altre organizzazioni sindacali, ha il dovere – prima ancora del diritto – di portare risultati concreti e tangibili non solo per i propri associati e iscritti ma, soprattutto, per tutti coloro che dal sindacato si attendono battaglie mirate a vantaggio dei ceti popolari e per una migliore e maggiore giustizia sociale. Si tratta di risultati che, però, richiedono al sindacato di declinare sino in fondo il proprio ruolo, che non è quello di uno strutturale e scientifico contrasto ideologico con la controparte politica o di governo sgraditi. Perché se il comportamento si riducesse a questo, dovremmo prendere amaramente atto che anche il sindacato ha subìto una mutazione genetica rispetto alle sue origini, al di là delle differenze politiche e culturali delle varie sigle in campo.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali, la Cisl non ha cambiato né linea, né strategia, né tantomeno il suo modo di essere. Perché c’è un solo aspetto che nello scorrere rapido del tempo non può mai essere messo in discussione nella vita di una grande organizzazione democratica: la coerenza con le sue storiche radici culturali.