Per il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Mark Rutte, è tutto molto chiaro: “La principale minaccia a lungo termine per la Nato è la Russia”. E anche se per Rutte è essenziale guardare anche alla Cina e al suo accumulo di armi, navi, aerei e capacità industriale, ora il problema riguarda Mosca. Lì dove il presidente Vladimir Putin “non si comporta come qualcuno interessato alla pace” ma continua ogni giorno a colpire l’Ucraina.

Guerra in Ucraina, l’accelerata russa

Del resto, le parole del segretario generale della Nato alla Chatham House a Londra sono state confermate dalle ultime mosse di Mosca. Ieri, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che i contatti per mantenere in vita il negoziato proseguono, ma con una certa incertezza anche sul prossimo round di colloqui. E nel frattempo, a parlare è il campo di battaglia. Nella notte tra domenica e lunedì, Mosca ha lanciato sull’Ucraina 20 missili e 479 droni (e la scorsa notte i raid sono proseguiti su Kiev e Odessa con oltre 500 droni). L’intensità dell’attacco, con i raid che sono arrivati anche vicino ai confini della Polonia, ha anche costretto Varsavia a far decollare i propri aerei da combattimento. “I caccia in servizio sono stati schierati a coppie e i sistemi di difesa aerea e di ricognizione radar basati a terra erano al massimo livello di allerta”, ha dichiarato lo Stato maggiore polacco, ribadendo la “natura preventiva” di tale operazione. Ma è il segnale di come la tensione stia aumentando ai confini della Nato anche per questa escalation parallela al (timido) negoziato tra Kyiv e Mosca coordinato da Washington.

L’enorme arsenale di Putin

“La Russia sta intensificando la guerra e non ha alcuna intenzione di fermarla. Qualsiasi escalation può essere fermata solo con la forza” ha denunciato su X il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Andriy Yermak. E anche Kyiv ha risposto con altre decine di droni che avrebbero colpito chirurgicamente delle basi aeree russe e una fabbrica di componenti per l’elettronica nella regione della Chuvashia, la pioggia di fuoco scatenata dalle forze di Putin certifica l’enorme arsenale a disposizione del Cremlino. Un arsenale rivelante, costruito grazie a un sistema industriale dirottato sull’economia di guerra ma anche grazie all’aiuto dei principali alleati della Federazione, in particolare Iran e Corea del Nord. E questo arsenale preoccupa ovviamente anche la Nato, che sa che questa guerra in Ucraina è anche un terrificante test per capire l’evoluzione della guerra del presente ma anche del futuro.

Anche sotto questo aspetto, il discorso di ieri di Rutte (che ha anticipato di avere in programma nei prossimi giorni un viaggio in Italia), è stato netto. “Gli investimenti che sta facendo Putin, la sua economia è completamente basata sulla guerra. L’economia della Nato è 25 volte più grande di quella della Russia: 50 trilioni, e l’economia russa è di 2 trilioni” ha detto il segretario generale della Nato. Tuttavia, ha proseguito Rutte, “questa economia da 2 trilioni produce quattro volte più munizioni di quelle prodotte al momento dall’intera Nato”. E questo delle munizioni è un tema ricorrente al pari di quello della difesa aerea. Un discorso che vale sia per il supporto militare all’Ucraina sia per le riserve strategiche dei Paesi membri della Nato. Ieri, nello stesso intervento alla Chatham House, il vertice dell’Alleanza atlantica ha addirittura chiesto un aumento del 400% della difesa aerea e missilistica. E questo è un indizio anche sull’andamento delle discussioni in seno all’alleanza in vista del prossimo summit dell’Aja. Ma mentre l’Europa discute sul pericolo strategico di Mosca, l’armata di Putin prosegue nella sua pressione militare in Ucraina in tutta la linea del fronte.

Ieri, il ministero della Difesa russo ha annunciato un ampliamento delle operazioni nella regione di Dnipro. “Il nemico ha perso più di 525 soldati, sette veicoli corazzati da combattimento, tra cui un Viking di fabbricazione svedese e sei sistemi di artiglieria. È stato anche distrutto radar An/Tpq-48 di fabbricazione statunitense”, ha poi dichiarato il ministero. E mentre sembra si stiano rafforzando le posizioni anche sul fronte meridionale, l’Institute for the Study of War, think tank che da sempre segue ogni movimento delle forze sul campo, ha lanciato un nuovo allarme. L’avanzata a Dnipro va messa infatti a sistema con le parole del vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, che parlando di quella regione ha lanciato una minaccia precisa: “Chi non vuole riconoscere la realtà della guerra nei negoziati, si troverà a dover affrontare nuove realtà sul campo”.