La Duma di Stato, la Camera bassa dell’Assemblea Federale della Federazione Russa, ha approvato in prima lettura una riforma per inasprire la legge che vieta la cosiddetta “propaganda” Lgbt. La notizia è riportata dall’agenzia Ria Novosti. Il disegno di legge propone di stabilire una sanzione fino a 5 milioni di rubli (oltre 80mila euro) “per la promozione delle persone Lgbt e fino a 10 milioni di rubli (161mila euro, ndr) per la promozione della pedofilia”. La proposta riguarda anche gli stranieri, che potrebbero essere multati fino a 400 mila rubli, arrestati fino a 15 giorni o espulsi dalla Russia.

Lo scopo della riforma è quello di impedire di pubblicizzare, non soltanto davanti ai minori, i rapporti sessuali non tradizionali e le informazioni che negano i “valori familiari”. L’agenzia russa Interfax scrive che il pacchetto di disegni di legge riguarda anche la propaganda della pedofilia e l’incoraggiamento al cambiamento di sesso tra gli adolescenti. Il governo avrà anche il potere di chiudere i media o le pagine Internet che violano la legge. Il testo dovrà essere vagliato dalla Camera prima di passare al Consiglio Federale, la camera alta equivalente grossomodo al Senato italiano, e quindi alla promulgazione del Presidente Vladimir Putin.

Le autorità russe hanno così inasprito i criteri stabiliti da una legge del 2013 già duramente contestata dalle organizzazioni per i diritti umani. Secondo queste ultime l’inasprimento delle norme è stato possibile grazie alla guerra in Ucraina. Il pacchetto è passato infatti mentre si parla del fronte di Kherson, della legge marziale e della mobilitazione parziale, della minaccia nucleare e delle “bombe sporche”. Già all’indomani dello scoppio della guerra, scatenata dall’invasione russa, il conflitto aveva incrociato i temi della comunità Lgbtq: portabandiera della crociata il patriarca russo Kirill che aveva additato modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana come “il gay pride”.

La Corte Europea dei diritti umani stabilì nel 2014 che i divieti imposti dalla legge del 2013 ledevano i diritti dei cittadini. La Russia lo scorso marzo è uscita dal Consiglio d’Europa – che non fa parte degli organi dell’Unione Europea – dopo 26 anni. La proposta di inasprimento era stata firmata da 390 deputati su 450. Il vice speaker della Duma Piotr Tolstoj, prima del passaggio, aveva dichiarato: “È una legge che difende le future generazioni dalla propaganda delle perversioni. Siamo entrati nella fase decisiva della battaglia per i nostri valori tradizionali familiari, morali e religiosi il cui esito può essere solo la vittoria. In gioco è il futuro della Russia e della nostra civiltà”.

Altrettanto dure le parole del presidente della Duma Vyacheslav Volodin dopo il primo ok. “Per quanto riguarda la seconda lettura, possono essere presentati emendamenti che inaspriscono le norme proposte, e li prenderemo in considerazione”, si legge sulla Tass. “Dovremo fare di tutto per proteggere i nostri figli e coloro che vogliono vivere una vita normale. Tutte le altre cose sono peccato, sodomia, oscurità”. Putin aveva parlato di quanto fosse “inaccettabile” il “terzo sesso” nel discorso col quale approvava l’annessione di quattro Regioni ucraine dopo i referendum considerati illegittimi dalla comunità internazionale. “Vogliamo che in Russia ci siano il genitore 1 e il genitore 2 invece di mamma e papà? Siamo completamente impazziti?”.

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