Il regista napoletano
La lettera di Paolo Sorrentino alla madre: “Spero che nell’aldilà possa vedere ‘È stata la mano di Dio'”
Paolo Sorrentino scrive una lettera toccante alla madre, morta con il marito quando lui era solo un adolescente in una tragedia familiare. “Chissà se, nell’aldilà, è consentito andare al cinema. Così mia madre potrebbe vedere la lettera che le ho scritto, attraverso questo film”. E il film in questione è È stata la mano di Dio, nelle sale cinematografiche dal 24 novembre e su Netflix dal 15 dicembre. Quella “mano di Dio” è un riferimento a Diego Armando Maradona, indimenticato campione argentino che vinse due Scudetti con la maglia del Napoli.
Il film è stato presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. È stato designato per l’Italia a concorrere alla selezione per l’Oscar per il miglior film internazionale. Sta riscuotendo un ottimo riscontro sia nel pubblico che nella critica. È ispirato alla vicenda personale del regista. “A me Maradona ha salvato la vita. Da due anni – ha raccontato Sorrentino a Il Corriere della Sera – chiedevo a mio padre di poter seguire il Napoli in trasferta, anziché passare il week end in montagna, nella casetta di famiglia a Roccaraso; ma mi rispondeva sempre che ero troppo piccolo. Quella volta finalmente mi aveva dato il permesso di partire: Empoli-Napoli”.
Il giorno dopo Sorrentino tornò nella casa di città quando all’improvviso squillò il citofono. Il futuro regista pensava fosse l’amico passato a prenderlo ma era il portiere. “Mi avvertì che era successo un incidente … papà e mamma erano morti nel sonno. Per colpa di una stufa. Avvelenati dal monossido di carbonio”. A prestare il volto ai genitori del protagonista Fabietto, alter ego dell’adolescente Sorrentino, nel film sono gli attori Toni Servillo e Teresa Saponangelo.
La lettera di Sorrentino è stata anticipata da repubblica.it, e sarà nelle edicole da domani con il supplemento settimanale del quotidiano D. Il regista ricorda l’ironia della madre, un sollievo per qualsiasi problema: uno strumento per minimizzare e sdrammatizzare. “Da adulto, ho compreso. Mi è parsa l’unica strada. Minimizzare. Non è utile, ma è difficile rintracciarne altre. Oggi l’educazione dei figli è una missione. Per la generazione di mia madre era solo un altro fardello che la vita imponeva. Eppure, era tutto amore. Ma l’ho capito dopo. E quando ho avuto le parole per dirglielo, lei non c’era più”.
Il consiglio del regista: “A costo di essere ridicoli, sentimentali e pieni di lacrime. È necessario, per diventare grandi, passare attraverso le porte del ridicolo e del pianto. Il pianto degli adulti. L’unico modo, per una madre, di ritrovare, davanti a sé, il bambino meraviglioso che tutti siamo stati”.
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