Il Premio Oscar ha presentato nella sua città il suo film più intimo
“Il mio unico nume tutelare del film è Massimo Troisi”, Paolo Sorrentino alla prima di “È stata la mano di Dio”
Chi ha visto “È stata la mano di Dio” è uscito dalla sala con il cuore carico di emozioni. Paolo Sorrentino le snocciola nel suo film più intimo e sentito. Lo ha presentato a Napoli, casa sua. “Oggi sono emozionato come al mio matrimonio”, ha detto in conferenza stampa. “Sono emozionato moltissimo, qui viene compreso in ogni sfumatura, non sarà facile per me affrontarla”. Al suo fianco c’era il cast tra cui Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri, Marlon Joubert, Massimiliano Gallo e Cristiana Dell’Anna.
Paolo Sorrentino ha parlato del suo film autobiografico che narra la morte dei genitori nella città in cui tutto è iniziato. Un film che l’Italia ha candidato alla selezione per gli Oscar e che dopo il Gran Premio della Giuria a Venezia 78 e il premio Mastroianni al protagonista Filippo Scotti è anche candidato agli Efa, gli ‘oscar’ europei. Il film Netlfix uscirà il 24 novembre in sala e dal 15 dicembre nella piattaforma di streaming.
Il protagonista è Fabietto (Scotti), è un ragazzo con il walkman sempre nelle orecchie. In una Napoli anni tra l’esaltazione per la Napoli anni ’80 folle per Maradona e la sua tragedia personale (la perdita accidentale e prematura dei genitori), intravede la sua strada anche grazie all’incontro con il regista Antonio Capuano: il suo futuro è il cinema. Per Sorrentino è difficile dire quanto ci sia di vero e quanto di inventato nel film. Una cosa è certa: “Questo film non ha molti riferimenti cinematografici, ma se ce ne deve essere uno, e ce n’è uno solo, è Troisi regista – ha detto Sorrentino – Se c’è esplicitamente Fellini è perché alcuni episodi che racconto sono effettivamente accaduti nella mia famiglia, ma non è un archetipo o un modello. Non c’è altro solo il cinema di Troisi, dall’inizio alla fine. Le vie del signore sono infinite, ad esempio, mi ha ispirato per la scena della contessa”.
“Ho perso mio padre a 16 anni – ha raccontato Sorrentino in conferenza stampa – Non ho conosciuto il rapporto della conflittualità adolescenziale con lui. Capuano non so se per me è stato un padre ma è una persona che nella mia vita mi ha aiutato e spiegato che il conflitto era qualcosa di necessario per fare questo lavoro e per stare al mondo. Quando gli raccontavo del mio primo film non gli andava bene nulla, mi contraddiceva su tutto e aveva ragione. Le mie erano le tipiche idee di chi fa un primo film derivanti da una espemporaneità estetica. E lui metteva sempre un dito nella piaga e così forse mi ha aiutato a fare un film migliore. C’è Anche Angelo Curti che è stato il mio primo produttore: una persona calorosa ma che non faceva sconti”.
Dal successo a Venezia poi il film ha già girato tanto. “Parlare quasi tutti i giorni di questo film ha fatto sì che diventasse quotidiano il racconto del dolore, anche noioso, che è un bellissimo modo per risolvere i propri dolori: annoiarsi dei propri dolori. È diventato anche un dolore che racconto in una maniera diversa: non lo racconto più a me stesso ma agli altri e questo è di grande aiuto. Annoiarsi è una bella scorciatoia per non occuparsi più delle proprie pene”.
Al contrario di quanti molti pensano non è un film che parla di Maradona. O meglio lo fa in modo trasversale e profondo. “L’ unica volta che ho conosciuto Maradona ero a Madrid ma lui era distratto perchè veniva da una notte insonne, aveva litigato con la fidanzata e nella notte gli era successo di tutto, lui non aveva tempo per dedicarsi a me”, confessa Sorrentino.
Nel giorno in cui a Napoli si parla di un vecchio articolo uscito su le Figaro che definiva Napoli come “Terzo Mondo”, è stato impossibile non parlarne con due napoletani come Sorrentino e Servillo. “Mi sembra che Napoli se la cavi egregiamente da tantissimo tempo ed è difficile pensare a dei cambiamenti per una città che declina a modo suo quello che arriva da fuori: per questa città non è facile diventare altro da quello che è”, ha detto Sorrentino. Ancora più caloroso Toni Servillo che nel film interpreta Saverio Schisa, il padre di Fabietto (il Paolo Sorrentino adolescente): “Abito a Napoli e non saprei vivere da nessun altra parte, quindi amo profondamente questo terzo mondo”. “Ho la fortuna di avere tre film in sala firmati da autori campani diversi, quindi anche da questo punto di vista mi pare che il bilancio sia molto positivo”.
I due hanno raccontato una serie di aneddoti di situazioni avvenute sui set a Napoli. “Quando giravamo “L’uomo in più” – dice Servillo – il set era affollato di curiosi. “Come si chiama sto film?” Chiese un ragazzo. E io: “L’uomo in più”. “Ah, già l’aggio visto” rispose. Anche oggi Napoli è così spiazzante e magnifica: è il terzo mondo questo? Se sì, io lo amo questo terzo mondo. Del resto in questo periodo ci sono nelle sale ben tre film in cui recito, film così diversi per storia e sensibilità ma tutti che hanno a che fare con Napoli, questo mi pare sia una risposta che va oltre le parole”.
E Sorrentino: “Feci infilare Toni e gli altri della band in una decappottabile molto piccola: erano in cinque. Un ragazzo mi fece la stessa domanda di quello di prima e poi disse: “in più” nel senso che state stritt stritt dentro la macchina?”. E poi il regista ha aggiunto: “Senza voler entrare in un terreno politico o sociologico questa città se la cava egregiamente da tantissimo tempo, non è possibile che diventi altro da quello che è. Mi pare che Napoli si difenda benissimo da sola”.
“Il futuro c’e’ sempre, anche se a 17 anni e’ complicato vederlo”. E’ il messaggio che, ha spiegato Paolo Sorrentino in conferenza stampa, il suo ‘E’ stata la mano di Dio’ manda ai ragazzi di oggi. “Attraverso la mia storia adolescenziale vorrei dire ai ragazzi di non rinunciare mai, soprattutto in questo periodo complicato, alla loro idea di futuro”. Sulle ragioni che l’hanno portato soltanto adesso a immergersi cinematograficamente nella sua storia di formazione, il regista del film che sara’ il 24 novembre nei cinema e su Netflix il 15 dicembre, ha chiarito: “Era nella mia mente da tanti anni, ho trovato il coraggio di realizzarlo a 50 anni, anche perche’ avevo voglia di un film con Napoli vera protagonista, il mio ‘L’uomo in piu” era ambientato qui ma la citta’ non era la protagonista. Non ci sono ragioni particolari che mi hanno spinto a raccontare adesso la mia storia, e se ci sono non mi piace conoscerle”.
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