La coordinatrice del settore penale del Tribunale di Napoli, Paola Ruocco, fissa una serie di nuove e più stringenti norme per l’accesso alle cancellerie e per la visione degli atti, inclusa quella che prevede che gli avvocati firmino una richiesta in carta bollata per conoscere la data di rinvio delle udienze. Questa nota-decalogo, emanata sulla base di un decreto del Presidente del Tribunale di Napoli, risulta perfettamente coerente all’autentico delirio collettivo in ragione del quale è sin qui stato impunemente consentito di calpestare – peraltro esclusivamente in danno dell’utenza di Giustizia – le norme in tema di accesso e funzionamento di cancellerie e segreterie. Ciò non solo e non tanto attraverso i ricorrenti provvedimenti via via adottati dai vertici locali degli uffici giudiziari per far fronte all’emergenza-Covid, ma anche e soprattutto mediante quelli adottati a cascata dai dirigenti degli uffici burocratici sottoposti, nel frattempo convintisi di poter anch’essi agire in piena libertà come altrettanti dittatori di autonome repubbliche delle banane.

A differenza di altri ho letto il decreto del Presidente del Tribunale di Napoli cui fa riferimento, ma non rinvengo al suo interno tracce dello scenario apocalittico di permanente blocco sostanziale con cui la coordinatrice del settore penale si ripropone di boicottare fino ad azzerare la decisiva ripresa delle attività anche nelle cancellerie giudiziarie, buone ultime dopo palestre, ristoranti e discoteche e così via. Ecco perché sento di affermare, in via meramente esemplificativa e non certo esaustiva, che ho ripreso appieno la mia attività di avvocato, che intendo esercitarla in Tribunale senza alcun insulso cappio burocratico e che non consentirò a nessuno di impedirmelo.

A questo scopo mi recherò in tutti gli uffici dove ho l’esigenza professionale di entrare e, se dovessi trovare le altre porte chiuse, pretenderò che quella aperta funzioni anche per me; in caso contrario, denuncerò per omissione di atti d’ufficio chiunque ostacoli illecitamente l’esercizio dei sacrosanti diritti di difesa in ragione dei quali vengo a sudare nel Palazzo di Giustizia invece di rinfrescarmi con l’aria condizionata nel mio studio. Ricevere comunicazione delle date di rinvio dei processi in cui sono impegnato dopo che gli avvisi al riguardo sono stati in gran parte omessi oppure resi dagli uffici solo tardivamente, a volte anche in modo errato e fuorviante, costituisce un sacrosanto diritto mio e degli utenti di Giustizia che si rivolgono al sottoscritto.

Nessuno, pertanto, può obbligarmi a fruirne nelle forme spudoratamente disincentivanti e più onerose della pretesa richiesta scritta previo pagamento di marche: una pretesa che la coordinatrice del settore penale non ha alcuna autorità di imporre. Allo stesso modo la dottoressa Ruocco non ha alcuna autorità per impedire a un cittadino o al suo difensore interessati da una sentenza l’immediata e doverosa presa visione del relativo dispositivo: alla dirigente, forse, sfugge come le decisioni della magistratura incidano sulla vita di persone in carne e ossa, non di polistirolo. Perciò dichiaro formalmente di straimpiparmene della prospettiva di essere iscritto nel “libro nero” di coloro che si recheranno nelle cancellerie senza alcuna prenotazione. Infine, mi permetto di segnalare alla dottoressa Ruocco che, quando si ha la pretesa di ispirarsi molto in alto per emanare decaloghi, le regole non possono essere otto.