A Napoli, de Magistris ha già vinto e rivinto le elezioni, con le conseguenze che sappiamo. Ora c’è il rischio che vinca una terza volta, sebbene non possa più ricandidarsi. Potrebbe vincere non trovando alcuna opposizione alla sua idea di città. Un’idea “naturalistica”, per così dire: basata sul sole, sul mare, magari sulla maestà del Vesuvio, ma non su una nuova architettura, una più razionale organizzazione dei servizi e una maggiore attenzione a tutte le “vocazioni” produttive. De Magistris vincerebbe culturalmente, ecco il punto. Ed è per questo – credo – che la sua romanticheria andrebbe ugualmente contrastata. Ma chi lo fa? Il Pd che si è alleato con lui? Il centrodestra sparito dai radar? Le organizzazioni imprenditoriali e sindacali? Eppure la questione va posta, altrimenti addio “fase due”, addio ripresa.

A chi oggi si affida unicamente al panorama di Napoli andrebbe ricordato che il potere dell’uomo sulla terra, a differenza di quello di altre forze della natura, è “riflessivo”, cioè modificabile e persino revocabile. Una ragione in più – nel pieno di un’emergenza con pochi precedenti – per riflettere sulle conseguenze dell’iniziativa umana. Ma l’impressione è che oggi si voglia cogliere l’occasione della pandemia non per riconsiderare il rapporto dell’uomo con la terra, ma per inseguire aquiloni. E per fare questo si arriva ad auspicare addirittura la resa incondizionata del genere umano. Proprio così. Il ragionamento è grosso modo questo: decidano pure le altre forze della natura; decida “il mare di Posillipo, trasparente e pieno di pesci”; e decidano “l’aria tersa e la bellezza che ci esplode negli occhi”. Napoli può attendere.

Il virgolettato è dell’assessore Annamaria Palmieri, qualificata interprete del pensiero naturalistico del sindaco, che ieri ha inviato un articolo al Corriere del Mezzogiorno. Un vero e proprio manifesto. Ed ecco, dopo una prevedibile premessa contro lo “sfrenato neoliberismo del profitto individualistico”, il cuore del messaggio. “Sarebbe bene – scrive – affidarsi alla Natura”. Con la enne maiuscola, naturalmente. Quella che “libera dall’accidente umano sta riconquistando sotto i nostri occhi la sua potenza spaziale e temporale”. Ripeto: accidente umano. Noi napoletani, noi abitanti di questa terra siamo dunque un ostacolo, un intralcio al libero dispiegarsi del disegno naturale. E che ostacolo! Su questa terra siamo più di sette miliardi. Più numerosi di qualsiasi altro mammifero di grossa taglia. La massa dei nostri corpi è 15 volte quella di tutti i mammiferi terricoli del mondo.

Resta poi un mistero quanto indietro nel tempo dovremmo andare per ritrovarci liberi dal neoliberismo. Al tempo dell’ultima accelerazione economica, subito dopo la seconda guerra mondiale (60 milioni di morti)? Alla Belle Époque che naufragò nelle trincee della prima guerra (17 milioni di morti e più di 20 milioni di feriti)? Al Settecento, quando Europa, Cina e India avevano lo stesso prodotto interno lordo ma i poveri morivano ovunque di fame? Alla scoperta dell’America, quando i virus portati nel Nuovo Mondo fecero più di 50 milioni di vittime? O ancora prima, a 10mila anni fa, quando per darsi all’agricoltura l’uomo distrusse intere foreste? “Il momento è propizio per una politica non più schiava della Finanza”, scrive Palmieri. Ma per cosa? Per una politica fatta di retorica? No, grazie