140 a 3. È questa oggi, la proporzione tra le alleanze nelle amministrazioni locali, dopo le elezioni municipali di maggio che il Partito Popolare spagnolo di Alberto Núñez Feijóo ha stretto con l’ultra destra di Vox rispetto a quelle fatte coi socialisti di Sanchez. Ed è questa la proporzione che Feijóo ha provato a nascondere nel vertice del PPE, dell’altro ieri a Bruxelles, ai suoi partner europei, preoccupati di un eccessivo spostamento a destra del baricentro. Ed è questa la proporzione che spiega perché è stato quindici giorni fa lo stesso Sanchez a dimettersi portando la Spagna alle elezioni, provando a schiacciare i popolari su Vox. Ed è questa la proporzione che, infine, lascia qualche (debole) speranza a Sanchez per le prossime elezioni nazionali del 23 luglio.

Il gioco in Spagna è tutto qui. Senza eccessivamente banalizzare, in Spagna il referendum sarà tra Sanchez da un lato e il rischio di Vox al governo del Paese dall’altro. Su quello che da un lato i critici del Premier dimissionario chiamano con più che una punta di disprezzo il “sanchismo”, cioè quel mix di culto della personalità e di eccessiva radicalità su alcuni temi che i conservatori vedono come un pugno in un occhio: violenza di genere e tematiche femminili, ambientalismo radicale, temi LGBT+ innanzitutto. E d’altro lato su quanto sia digeribile per i popolari stringere un’alleanza con i neofranchisti di Vox.

A sinistra dei socialisti il percorso che è stato fatto è di ricucitura di antiche divisioni e vede una delle vicepremier di Sanchez, Yolanda Díaz guidare la coalizione Sumar, formata da Podemos, verdi e altre liste locali. Considerata il volto nuovo della politica spagnola, amata a sinistra ed odiatissima a destra, la Díaz si è caratterizzata per alcune leggi (assai discusse) che hanno connotato il governo di Sanchez: il nuovo statuto dei lavoratori, il salario minimo, i rider. I sondaggi danno Sumar intorno al 13%.

Pedro Sanchez ha portato il Paese alle elezioni dopo la pesante sconfitta alle elezioni amministrative di maggio, dovuta non tanto alle politiche economiche messe in campo, generalmente apprezzate (così dicono i sondaggi), ma per una barra che è stata percepita troppo a sinistra e per assai discussi accordi con gli indipendentisti catalani e baschi di sinistra-sinistra, accordi pesantemente criticati da destra. La sua strategia è chiara: denunciare gli accordi a destra del Partito Popolare e sperare di drenare elettorato che non vuole Vox al governo del Paese. E la sua strategia sta pagando, se è vero che ha recuperato qualche punto negli ultimi sondaggi: ora è al 26%.

I Popolari si presentano alle urne con il rassicurante Alberto Feijóo ed una piattaforma più contro (lo sanchismo) che per qualcosa. L’impressione è che i popolari in realtà cerchino di arginare Vox alla propria destra, non facendosi schiacciare dagli accordi che con loro gioco forza hanno dovuto siglare. Un equilibrismo, quindi, più che una strategia politica. Attualmente sono dati stabili al 33%. Si arriva infine all’estrema destra di Vox, formazione nota in Italia per il famoso discorso che Giorgia Meloni fece in spagnolo a una loro convention. Vox è da tutti considerata tra i partiti più di destra nel continente europeo, più vicina ad Orban che alla nostra premier. Concentrata sulle politiche di genere («la violenza di genere non esiste», ha tuonato un suo esponente di spicco qualche giorno fa), sulla difesa dei valori tradizionali, sul nazionalismo, sul negazionismo del cambiamento climatico, contro le istanze del movimento LGBT+, è data stabile intorno al 14%. Tutti i sondaggi al momento danno i Popolari e Vox insieme con la maggioranza assoluta in Parlamento. Ma non è certamente questo lo scenario che Feijóo desidera, perché inevitabilmente questo gli impedirebbe di governare al centro ed avrebbe ripercussioni d’immagine anche sulle prossime elezioni europee, a Madrid come a Bruxelles.

Feijóo vuole tutt’altro: la maggioranza assoluta o la possibilità di governare, come fece già in passato, con i piccoli partiti centristi regionali, ad iniziare dai baschi. D’altro canto, Sanchez spera di mobilitare l’elettorato esattamente sul pericolo Vox: quel 140 a 3 è infatti un monito per quanti vogliono evitare che la destra vada al potere in Spagna. Il 23 luglio capiremo cosa gli spagnoli avranno scelto.

Alessio De Giorgi

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