Nemmeno tre giorni fa, i leader del mondo erano riuniti a Roma alle esequie di Papa Francesco, ricordando il suo impegno per la pace. Ma per i capi di Stato e di governo, quello che devono governare è un mondo in fiamme. E mentre l’Italia e l’Europa si dividono sull’idea di riarmo, il Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute, ha pubblicato dei dati incontrovertibili. La spesa militare cresce vertiginosamente. E la corsa al riarmo riguarda non certo solo il Vecchio Continente ma l’intero pianeta.

I dati

Secondo i dati dell’istituto di ricerca svedese, nel 2024 si sono raggiunti i 2.718 miliardi di dollari spesi nel settore della difesa. E l’aumento, rispetto al 2023, è stato del 9,4%. Ed è ormai il decimo anno consecutivo di aumento della spesa militare. Secondo gli esperti, si tratta dell’incremento più importante dalla fine della Guerra Fredda, considerato il periodo dove la corsa alle armi era qualcosa di costante ed enorme causato dalla sfida tra Stati Uniti e Unione Sovietica. E questi numeri certificano il momento di tensioni crescenti in tutto il mondo unito anche a una stagnazione economica che molto spesso rende la spesa per la difesa uno dei volani per fra crescere il Pil di molti Paesi e di far leva su determinati settori industriali. “Oltre 100 Paesi in tutto il mondo hanno aumentato la loro spesa militare nel 2024. Poiché i governi attribuiscono sempre più priorità alla sicurezza militare, spesso a scapito di altre aree di bilancio, queste scelte potrebbero avere effetti significativi sulle società negli anni a venire”, ha dichiarato Xiao Liang, ricercatore del Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri. Ma il segnale che preoccupa l’istituto è soprattutto quello dell’universalità di questa spesa. Mentre infatti prima si poteva osservare un incremento suddiviso anche per aree, con picchi legati anche a particolari fronti di guerra aperti o potenziali, ora l’interesse per la sicurezza si è esteso anche ad aree che in questi anni sono apparse concentrate su altri settori. In primis, l’Europa. Nel Vecchio Continente, le spese per la difesa sono aumentate del 17%. E questo è chiaramente da mettere in relazione con la guerra in Ucraina, la minaccia russa e la richiesta della Nato (e soprattutto degli Stati Uniti) di aumentare il budget per la difesa di tutti gli Stati membri.

Il picco di Germania e Polonia

Come spiega il Sipri, la Russia spende più del 7% del proprio Pil per le forze armate e la propria sicurezza, con un aumento della spesa militare su base annua del 38%. Questo vale naturalmente anche per l’Ucraina, che ha addirittura un terzo del Pil dirottato esclusivamente sulla propria difesa. E come spiegano gli esperti, è impossibile paragonare le capacità di finanziamento di Kyiv rispetto a quelle di Mosca, e questo conferma anche i motivi per cui il presidente ucraino Volodymyr Zelensky deve negoziare la tregua (e la pace) se l’Occidente evita di contribuire alla sua causa. Ma oltre ai Paesi in guerra, in Europa quello che si osserva è soprattutto il picco di Germania e Polonia, con Berlino che ha incrementato la spesa del 28% e Varsavia del 31%. La svolta tedesca si vede anche da un altro dato estratto dal Sipri, e cioè che per la prima volta dalla riunificazione del Paese, la Germania è il Paese dell’Europa centrale e occidentale che spende di più per la difesa. Questo è certamente il frutto del fondo già autorizzato nel 2022, subito dopo l’invasione russa dell’ucraina, da parte del governo di Olaf Scholz. E adesso, anche con la spinta al cosiddetto “riarmo” promossa dalla Commissione europea, Berlino potrebbe spingere ulteriormente in avanti la propria spesa confermandosi tra i cinque Paesi che investono di più nel settore.

Il valore dell’Asia

Insieme, alla Germania, spiccano Stati Uniti, Cina (+7%), Russia e India, che insieme rappresentano il 60% della spesa mondiale complessiva della difesa. E questo mette anche in mostra il valore dell’Asia nella corsa alle armi ma anche come mercati per l’industria bellica e tecnologica. Un tema che non riguarda non solo le due grandi potenze asiatiche, ma anche altre nazioni come il Giappone, la Corea del Sud e i Paesi del Sudest asiatico. Senza contare, a ovest, le sfide rappresentate dal riarmo del Medio Oriente e dalle guerre in corso ai confini di Israele (che aumentato del 65% la sua spesa rispetto al 2023). Segnali di un mondo in fiamme. Prove di una conflittualità evidente (ma spesso anche latente) e che coinvolge l’intero pianeta e che certificano come il dibattito sull’aumento della spesa militare sia qualcosa che non riguarda più un singolo Stato. E come le richieste della Nato e il pressing del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, debba essere valutato anche in relazione a un mondo che non va affatto nella direzione della pace.