Il vaccino Pfizer non è sufficientemente protettivo nei confronti della variante sudafricana. E’ quanto emerso in uno studio israeliano ancora in attesa di revisione, ovvero la peer review, che nell’ambito della ricerca scientifica è la procedura di valutazione e di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca effettuata da specialisti del settore per verificarne l’idoneità alla pubblicazione o al finanziamento.

Tanto però è bastato per creare nuovi allarmismi anche in Italia dove, al momento, la variante sudafricana è diffusa solo in minima parte. Ad intervenire sulla vicenda sono il virologo Roberto Burioni dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano e l’immunologa Antonella Viola dell’università di Padova.

Il primo in una serie di post su Twitter rilancia uno studio preliminare (quindi anche qui in attesa di revisione) della Pfizer che evidenzia esattamente l’opposto, invitando poi i giornalisti ad aspettare prima di trarre conclusioni con titoli “terrorizzanti”.

“Pfizer  – spiega Burioni – ha dichiarato (e finora tutte le dichiarazioni sono state confermate da lavori scientifici di altissimo livello) che in uno studio preliminare il suo vaccino sembra molto efficace contro la variante sudafricana. Numeri piccoli, ma dati molto incoraggianti”. Poi l’appello ai media: “Quando vedete uno studio che afferma cose terrorizzanti (come il fatto che una variante ‘buca’ il vaccino) aspettate che passi la peer review, che serve proprio per capire se lo studio consente di trarre le conclusioni che sparate nei titoli”.

Secondo lo studio condotto da Pfizer, il vaccino anti-Covid funziona anche in caso di variante sudafricana. Lo studio è stato effettuato su 800 partecipanti in Sudafrica, dove la variante B1351 è prevalente: si sono osservati nove casi di Covid, tutti nel gruppo trattato con placebo. E questo indica un’efficacia del vaccino del 100%. Da un’analisi successiva è emerso che in 6 dei nove casi di Covid si trattava di variante sudafricana. Questi dati supportano precedenti risultati che dimostrano come il vaccino inneschi una robusta risposta immunitaria nei confronti della variante sudafricana e nonostante questa possa essere leggermente inferiore, non sembra inficiare l’efficacia del vaccino.

A rafforzare le parole di Burioni ci pensa poi l’immunologa Antonella Viola che, sempre via social, ridimensiona lo studio israeliano: “Si sta spargendo la voce di uno studio israeliano (ancora non sottoposto a revisione) che analizza la frequenza di infezioni e delle diverse varianti” del coronavirus Sars-CoV-2 “nelle persone vaccinate e non, e arriverebbe alla conclusione che il vaccino Pfizer” contro Covid-19 “non sia sufficientemente protettivo nei confronti della variante sudafricana (da noi poco diffusa). Niente panico perché lo studio ha molti limiti tra cui la numerosità scarsa del campione”.

“Inoltre – sottolinea – le infezioni sono state identificate a partire da una settimana dopo la seconda dose, e quindi è possibile che le persone siano state contagiate diversi giorni prima; quindi la risposta immunitaria, almeno in parte dei partecipanti, non era ancora completa. Ancora: non c’è un’analisi sulla frequenza delle infezioni nelle popolazioni vaccinate e non, ma della frequenza delle varianti nelle infezioni. Infine, sapevamo che la variante sudafricana può ridurre l’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione, ma questo non significa assolutamente che il vaccino non sia protettivo riguardo a malattia e trasmissione”, puntualizza la scienziata. “Intanto – conclude Viola – Pfizer sta portando avanti un trial clinico per utilizzare una terza dose di vaccino e migliorare l’efficacia anche contro le varianti“.

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Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.