Scienziati divisi sull'efficacia del mix di farmaci
Prima dose con AstraZeneca e seconda con un altro vaccino: il parere degli esperti
Ricevere il richiamo con un vaccino diverso da quello che è stato inoculato alla prima dose “è una prospettiva abbastanza orripilante”, secondo il responsabile malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli. “Non ha senso”, ha dichiarato in un’intervista a Il Mattino, e “chi non vuole fare la seconda dose si tenga la prima e faccia l’esame anticorpale per vedere se c’è una risposta”.
Galli è quindi contrario a quello che ha definito “un assurdo bricolage” dei vaccini, e ha aggiunto che “sostituire la seconda dose con qualche cosa di altro disponibile sul mercato è certamente peggio che fare una dose sola”. A contribuire alla confusione generata sul tema c’è anche il dietrofront del Ministero della Salute sulla somministrazione del farmaco di AstraZeneca, che adesso è destinato soltanto agli over 60 dopo essere stato somministrato anche a insegnanti al di sotto di quella soglia.
“Inizialmente il siero è stato progettato per una sola dose poi, con una decisione che stanno ancora pagando, hanno cambiato idea decidendo per le due dosi. C’è un loro lavoro su Lancet che testimonia come la protezione con AstraZeneca sia più che efficace già dopo il conferimento di un’unica dose”.
“Se non c’è stata nessuna reazione avversa, va fatta la seconda dose con AstraZeneca”, ha detto a Che tempo che fa il ministro della Salute Roberto Speranza.
Secondo molti scienziati, invece, la combinazione di due vaccini non solo potrà rendere i piani vaccinali più flessibili, riducendo gli impatti di eventuali interruzioni della catena di approvvigionamento, ma anche rafforzare le risposte immunitarie. “Dal punto di vista immunologico il prime and boost con vaccini di tipo diverso è fattibile ed è probabilmente anche la scelta migliore” dice Sergio Abrignani, immunologo all’Università di Milano.
“I vaccini basati su adenovirus risultano infatti meno efficaci alla seconda dose a causa della risposta immunitaria contro gli adenovirus indotta con la prima iniezione. Nel mondo occidentale in genere si attendono i risultati di studi clinici controllati prima di agire, ma in una situazione di emergenza, per mancanza di farmaci o anche per il cambio del piano vaccinale, sulla base delle conoscenze dell’immunologia, le regole possono non essere per forza rispettate, come ad esempio ha già deciso di fare la Germania”.
Ci sono anche casi in cui chi riceve il vaccino non riesce a sviluppare anticorpi. “Ci sono pazienti non responsivi – sottolinea Galli – e solo per questi ultimi si potrebbe valutare di vaccinarli con un altro vaccino. Ma è una ipotesi ben diversa dal cambiare vaccino in corso d’opera e da svolgersi sotto controllo medico”.
Esistono comunque alcuni studi in corso sul mix di vaccini. Una ricerca preliminare condotta su topi – scrive il Corriere – ha osservato che combinando un vaccino a vettore virale (come AstraZeneca) con uno a mRna (come Pfizer o Moderna) si ottiene una migliore risposta protettiva nei confronti della malattia. Il Regno Unito a febbraio ha dato il via a una sperimentazione clinica su 820 volontari che combina la somministrazione del vaccino Pfizer-BioNtech e AstraZeneca, prima uno e poi l’altro (o viceversa) a distanza di 4 o 12 settimane. I risultati del trial non sono ancora pronti.
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