«Il capo della polizia, il prefetto Gianni De Gennaro, all’indomani dell’irruzione nella scuola Diaz, mi presentò le sue dimissioni. Io, però, le respinsi». Claudio Scajola, forzista della prima ora, a luglio del 2001 era il ministro dell’Interno del governo Berlusconi. Attualmente è sindaco di Imperia. Il Viminale è stato accusato di aver preventivamente pianificato la repressione del movimento no global che, vent’anni fa, si diede appuntamento a Genova in occasione del vertice del G8.

Onorevole Scajola, cosa risponde a chi dice che ci fu una volontà ‘politica’ di punire i manifestanti a Genova, anche sulla scia di quanto accaduto in occasione di precedenti vertici internazionali, come quello di Seattle e Goteborg?
Ma quale volontà politica! Pensi che stanziammo risorse importanti, a favore del Comune e della Provincia di Genova, per contribuire all’ospitalità dei manifestanti che erano venuti da tutto il mondo. Parlano le carte dell’epoca, quelle dei giorni precedenti al summit. Nel pochissimo tempo a mia disposizione prima del vertice, ho dedicato i maggiori sforzi a dialogare con tutte le sigle della protesta. Consegnammo anche un vademecum alle Forze dell’ordine, alla vigilia del vertice, nel quale spiegavamo che i manifestanti non erano nemici, bensì persone che esprimevano il loro dissenso in un contesto democratico e che dovevano essere messe nelle migliori condizioni di sicurezza per poterlo fare.

Le cose andarono diversamente….
Purtroppo, come era successo nei vertici precedenti, si infilarono tra i manifestanti dei violenti e dei sovversivi con l’unica intenzione di devastare tutto. In questo senso, devo dire con rammarico che cadde nel vuoto la mia richiesta ai rappresentanti del dissenso pacifico di dividere maggiormente i cortei per evitare il rischio di infiltrati.

Veniamo alla gestione dell’ordine pubblico che definire fallimentare è poco.
Il governo Berlusconi, voglio ricordarlo, era in carica da solo tre settimane. C’erano i piani di sicurezza già pronti, era stato già fatto tutto, e stravolgerli in così breve tempo non sarebbe stato saggio. Manifestammo a più riprese dubbi anche sulla scelta di Genova, troppo complessa per garantire la gestione dell’ordine pubblico. C’erano grandi timori a livello internazionale, non dimentichiamo che soltanto due mesi dopo ci sarebbero stati gli attentati alle Torri Gemelle.

Non potevate annullare il vertice allora?
Pensammo ad un annullamento del summit, ma la strada è risultata poi non percorribile. Da ministro dell’Interno, ripeto, scelta più infelice di Genova non poteva esserci.

Torniamo alla gestione dell’ordine pubblico.
Come ho detto, il governo era in carica da pochi giorni e dovemmo fare affidamento sugli uomini (il capo della polizia Gianni De Gennaro ed il comandante generale dell’Arma Sergio Siracusa, ndr) nominati dal precedente governo di sinistra.

Ed era un problema?
Su mia proposta il Consiglio dei Ministri deliberò il comando del vice capo della polizia, il prefetto Ansoino Andreassi, presso la Presidenza del Consiglio, quale componente per la sicurezza della struttura di missione per l’organizzazione del G8.

Ciò non toglie che la gestione dell’ordine pubblico fu un disastro.
Dopo poche ora la fine del vertice, convocai nel mio ufficio al Viminale, Andreassi, insieme al capo dell’antiterrorismo il prefetto Arnaldo La Barbera e il questore di Genova Francesco Colucci. Condivisero con me la necessità che si facessero da parte, anche per lasciare alla magistratura la più ampia libertà di movimento, senza rischi di interferenze, nell’accertare gli errori commessi nella gestione dell’ordine pubblico, nella quale ciascuno di loro aveva precise responsabilità. Lo feci con angoscia dal momento che avevo servito lo Stato con dedizione contribuendo ad infliggere duri colpi alla criminalità. Non so se la stessa cosa sia stata fatta, pochi giorni fa, dopo i fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere.

In attesa che la magistratura facesse gli accertamenti, una domanda, ad esempio, sulla mattanza della Diaz se la sarà fatta? Decine di manifestanti picchiati selvaggiamente senza motivo.
Io fui avvisato da De Gennaro dopo il blitz e dopo che i giornalisti avevano dato la notizia dell’accaduto.

Cosa chiese a De Gennaro?
Come mai non era stato avvertito e chi aveva deciso il blitz.

Risposta di De Gennaro?
Che l’operazione era stata decisa perché dentro la Diaz, da informazioni precise, si trovavano gli elementi più pericolosi dei black bloc, e che quando si fanno le operazione non vengono comunicate prima.

Replicò che questi pericolosi black bloc non c’erano?
Si. E la risposta fu molto imbarazzata, con la disponibilità di De Gennaro a lasciare l’incarico di capo della polizia.

Che lei, però, rifiutò?
Si. Non volevo creare ulteriori ‘scossoni’ che potevano destabilizzare la polizia di Stato. Tenga presente che avevamo allarmanti rapporti informativi sul terrorismo. Si faceva il nome di Bin Laden che allora non conosceva nessuno.

In conclusione si può dire che l’esordio del governo Berlusconi nel 2001 non è stato dei migliori?
A parte il clima di pressione per la presenza dei capi di Stato esteri e gli allarmi dell’antiterrorismo, erano in molti a fare il tifo perché il vertice fallisse.

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Giornalista professionista, romano, scrive di giustizia e carcere