La guerra delle Ambasciate
La guerra delle ambasciate arriva in Italia: a cosa servono i milioni di contanti di cui dispone l’Ambasciata russa a Roma?
Che le autorità diplomatiche russe siano nell’occhio del ciclone specie dopo l’invasione in Ucraina per le loro attività è cronaca: in quella che è stata definita la “guerra delle ambasciate”, quasi settimanalmente le agenzie di stampa parlano di espulsioni di diplomatici russi da Paesi occidentali. Ma a Roma sta accadendo anche qualcos’altro, che ha attirato l’attenzione dell’UIF.e ha provocato un’interrogazione parlamentare.

Perché l’ambasciata russa a Roma muove milioni di contanti? È questa la domanda che si fanno in molti dopo alcuni articoli del Corriere della Sera, firmati dal sempre bene informato Francesco Verderami. Il campanello di allarme è suonato nella prima metà del 2022 negli uffici dell’UIF, l’unità anti riciclaggio della Banca d’Italia, quando da conti correnti intestati all’Ambasciata Russa in Italia sono stati fatti prelievi in contante per 410mila euro. Il mese successivo una società di security ha consegnato all’ambasciata seicentomila euro in banconote da 100 euro.
A cosa serviva questa somma ingente di denaro, visto che stiamo parlando di un milione di euro in soli 90 giorni? Tali trasferimenti in contanti sono stati ripetuti nei trimestri successivi? La spiegazione fornita, cioè che l’ambasciata russa con le sanzioni ha visto ridursi fortemente le capacità di trasferimento di soldi, è sufficiente? È plausibile che i fondi siano serviti solo per le attività “regolari” della missione diplomatica del Cremlino in Italia? A sentire l’unità anti riciclaggio e l’intelligence italiana, che se ne stanno occupando anche in collaborazione con altre agenzie occidentali, no.
Lo scenario di fondo non è dei più rassicuranti. Che le autorità diplomatiche russe siano nell’occhio del ciclone specie dopo l’invasione in Ucraina per le loro attività è cronaca: in quella che è stata definita la “guerra delle ambasciate”, quasi settimanalmente le agenzie di stampa parlano di espulsioni di diplomatici russi da Paesi occidentali, l’ultima l’altro ieri di 40 tra diplomatici ed impiegati del Cremlino dalla Romania. Che i tetti delle ambasciate russe siano sotto osservazione per l’eccessiva presenza di antenne anomale – possibili strumenti di intelligence elettronica – è notizia di aprile, grazie ad un’inchiesta di alcuni quotidiani nordici che ne hanno censito ben 182 su 39 edifici diplomatici del Cremlino, specie a Bruxelles, sede dell’UE e della NATO.
È sempre cronaca che diplomatici russi in Italia abbiano più volte minacciato rappresentanti istituzionali e giornalisti, come ricorda il Senatore Enrico Borghi in una interrogazione parlamentare presentata giorni fa, facendo cenno a quando nel 2022 Paramonov, allora Console russo a Milano, oggi Ambasciatore a Roma, definì “falco” il ministro della Difesa Lorenzo Guerini oppure di Sergej Razov, ex ambasciatore del Cremlino, che scrisse diverse lettere intimidatorie ai parlamentari che stavano per votare gli aiuti militari all’Ucraina.
Si aggiungano altri elementi. La vicenda degli “aiuti” russi all’Italia all’inizio della pandemia Covid, autorizzati con una telefonata con Putin dell’allora Presidente del Consiglio Conte, con mezzi che lambirono strutture militari della NATO, non è mai stata chiarita: anzi, la caduta della legislatura impedì al Copasir di completare l’istruttoria. Nei mesi scorsi un’inchiesta di alcuni quotidiani europei ha rivelato, per l’ennesima volta in realtà, l’esistenza di una rete di disinformazione russa chiamata “Doppelgänger” presente in Francia e Germania, che condivideva contenuti completamente falsi con l’obiettivo di indebolire il sostegno all’Ucraina dei Paesi occidentali (ne abbiamo parlato su Il Riformista online). I conti correnti inglesi del “campione” della Brexit, Nigel Farage, più volte accusato di aver ricevuto cospicui sostegni economici dal Cremlino, sono stati nei giorni scorsi misteriosamente congelati.
Ultima ma assolutamente non in ordine di importanza la notizia di qualche giorno fa proveniente dalla Russia: nell’annunciare la chiusura della famosa “fabbrica dei troll” di San Pietroburgo, creata dal “traditore” Prigozhin, il direttore Yevheny Zubarev ha ammesso che la struttura era attiva dal 2009 e aveva all’attivo circa 600 “partner” e cioè media, blogger e influencer controllati dal Cremlino, con un pubblico di 300 milioni di utenti. Chi si occupa di disinformazione la conosce bene, perché fu sicuramente attiva nelle attività di disinformazione messe in atto su Brexit, campagna elettorale USA del 2016, referendum italiano sempre del 2016 e le vicende relative all’autonomia catalana.
Che vi sia infine in Italia una rete di influencer attiva su social network, nelle televisioni e nelle redazioni di alcuni giornali con l’obiettivo di sostenere la narrazione russa sull’invasione dell’Ucraina è notizia dell’anno scorso, con una inchiesta sempre del Corriere della Sera.
Insomma, il quadro è questo. Davvero quelle ingenti somme in contanti sono state spese solo in affitti, stipendi di impiegati ed attività di rappresentanza della diplomazia russa in Italia? La risposta proverà a darla il Copasir ma anche il Governo, sollecitato dall’interrogazione del Senatore Enrico Borghi.
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