Partiti armati fino ai denti, sono rimasti con qualche cerbottana e nemmeno una fionda. Tutto il resto si è rivelato a salve: la richiesta di dimissioni del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese; la accuse di “incapacità” e di “non sapere lavorare e meno che mai gestire la situazione”; la lista dei suoi presunti fallimenti all’apice dei quali ci sarebbe, secondo Lega e Fratelli d’Italia, il disastro nelle gestione del rave party organizzato nella riserva del lago di Mezzano nel viterbese a cavallo di Ferragosto.

Oltre che un numero di sbarchi quattro volte superiore di quando al Viminale sedeva Salvini. Chiesta ed ottenuta la diretta tv in cui, secondo i piani, sarebbe dovuta andare in onda la figuraccia della ministra con tante di carte e file audio (raccolti da La Verità) che dimostrerebbero “l’inadeguatezza politica” nel capire e quindi gestire il fenomeno, ai telespettatori collegati con l’aula alla fine deve essere rimasta in testa soprattutto una cosa: quando Salvini era ministro dell’Interno sono stati organizzati numerosi rave party del tutto simili a quello nel territorio del comune di Valentano. Nessuno mai però, anche all’opposizione, si è sognato di chiedere le dimissioni dell’allora ministro Salvini.

Lamorgese si è ben guardata dal fare riferimenti specifici. Con una certa eleganza – non facile in un’aula dove dalla parte destra dell’emiciclo facevano di tutto per farle perdere la pazienza necessaria per ricostruire passo passo un evento scomodo e certamente sbagliato come quello del rave di Viterbo – la titolare del Viminale ha spiegato come quello dei rave sia un fenomeno antico e diffuso. E quindi ci sono stati rave party – in Italia legittimi in base ad una sentenza della Cassazione del 2017 – “nel 2016 in Umbria, in provincia di Terni, e in Piemonte, nel territorio di Alessandria. Nel 2017 in Lombardia, nella zona del pavese e anche allora purtroppo con una vittima”. Anni particolarmente ricchi sono stati il 2018 e il 2019, quando per l’appunto al Viminale c’era Matteo Salvini.

“Tra il 17 e il 23 agosto 2018, anche allora a cavallo di Ferragosto, a Monte Vermenone, in provincia di Macerata, si radunarono circa 1.500 partecipanti. Un mese dopo, a fine settembre a Montalto di Castro si dettero appuntamento circa 1.000 persone. In ottobre la convocazione fu in una fabbrica abbandonata di Moncalieri con circa cinquemila persone. A giugno del 2019, in un terreno agricolo del comune di Terranova, in provincia di Alessandria, un altro rave party con oltre duemila persone. “In nessuno di questi eventi – ha commentato il ministro – si è deciso di intervenire con la forza se non quando lo hanno potuto consentire le circostanze di tempo e di luogo, e soprattutto quelle connesse al numero dei partecipanti”. Insomma, la richiesta di informativa alla fine ha fatto flop. Nel senso che il ministro dell’Interno ha potuto smontare pezzo dopo pezzo le accuse di “inezia operativa e incapacità politica”. I ravers son ostati abili nell’usare canali via social e poi via chat impossibili da intercettare. E’ vero, ci cono stati contatti con polizia e carabinieri che la sera del 13 agosto alle 20 e 45 intercettano 40 camper con destinazione sud, forse la Puglia.

Le comunicazioni via radio e via telefono tra le pattuglie e la centrale – che La Verità ha pubblicato a dimostrazione di una “scorta complice tra le forze di sicurezza e i ravers” – altro non erano che forze dell’ordine che avevano intercettato qualcosa che però non potevano bloccare perché nulla faceva pensare ad un rave. Il resto l’hanno fatto le ore notturne, il traffico nella settimana di Ferragosto, l’area molto estesa e le numerose vie d’accesso alla zona. Insomma, tra la sera e la mattina del 13 e 14, intorno al lago di Mezzano c’erano “cinque mila persone giunte lì in orari e per via diverse”. Nelle ore successive erano già settemila. L’immediata cinturazione dell’area e il relativo filtraggio con circa 900 unità di soccorso “ha impedito che il numero dei partecipanti arrivasse a 30 mila”. Quello che è successo nei giorni successivi fino alla notte tra il 18 e il 19 agosto quando c’è stato lo sgombero, è stata “una costante attività di controllo e dissuasiva” in modo di evitare nuovi arrivi e convincere le persone a lasciare l’area. Intervenire con la forza a quel punto avrebbe potuto provocare incidenti gravi, alle persone, alle cose e all’ambiente. L’area è zona faunistica protetta senza contare che il gran caldo di quei giorni avrebbe potuto provocare gravi incendi. La scelta operativa del ministro del Viminale è stata quella del danno minore. In un paese, come l’Italia, dove è possibile organizzare rave party.

È chiaro che qualcosa in quei giorni non ha funzionato, soprattutto nella prevenzione e nelle prime ore quando si è creato l’assembramento. Ma la richiesta di dimissioni è apparsa nell’aula della Camera in tutta la sua strumentalità: attaccare e indebolire il ministro tecnico che non è protetto da un partito pur di avere argomenti da sventolare in queste ultime settimane di campagna elettorale. Molinari, capogruppo della Lega, ha preferito infatti parlare d’altro, cioè di immigrazione e sicurezza in genere, temi di facile consenso tra gli elettori di centrodestra. Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia, ha cercato di spostare l’obiettivo: “Il problema non sono i rave party ma il fatto che il governo e lei signor ministro fate i controlli nei ristoranti perché c’è una pandemia ma non siete capaci di evitare un assembramento di settemila persone”.

Come hanno certificato le Asl di zona, dal punto di vista del contagio per fortuna il rave non ha avuto conseguenze. Giorgia Meloni tiene il punto: “Informativa imbarazzante, il ministro si deve dimettere”. Salvini lascia correre. Non può fare altro visto che sta al governo. E che la battaglia contro il Green Pass si tradurrà oggi in un nuovo decreto che, contro i suoi auspici, ne estende l’obbligo ai lavoratori pubblici e privati. Enrico Borghi, responsabile sicurezza del Pd, svela in aula “l’inganno ipocrita”. “Il tema politico di questa vicenda – dice in aula – è la perenne notte dei lunghi coltelli all’interno della destra italiana. Fino a quando, onorevole Meloni, terrete sequestrate le istituzioni per una battaglia egemonica all’interno della vostra coalizione? Fino a quando, senatore Salvini, lei scaricherà sul Governo, sulla sua stabilità, le sue pulsioni per la conquista della leadership della destra?”. Almeno fino al 3 ottobre. Poi comincerà un’altra partita.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.