Edizioni Terra Santa ha pubblicato “L’arte della preghiera. la compagnia dei salmi nei momenti difficili”, il nuovo libro di Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita. In questo testo, scritto per “il Riformista”, mons. Paglia ci introduce sull’attualità dei salmi.

Pregare, è forse il discorso più urgente. Non tanto il discorso sulla preghiera, quanto lo spirito di preghiera: alzare gli occhi verso l’Alto. Lo è da sempre. E non solo per i credenti. Comunque per i disperati della Terra, ossia per quelli che gridano contro l’oppressione, qualsiasi oppressione. È importante oggi: mentre siamo come precipitati all’improvviso «in una valle oscura» (Sal. 23, 4), è davvero urgente alzare gli occhi in “Alto” e sperare che qualcuno ascolti e intervenga. «Fino a quando?» chiede l’uomo malato del Salmo 13. Siamo tutti «malati», oggi: nel corpo e nell’anima e abbiamo bisogno di aiuto, di sostegno. Sono stato contro chi voleva chiudere le porte delle chiese. Sarebbe stata una ferita per l’intera città. Quella porta «aperta» ha un valore politico enorme. Così pure la preghiera. Come non pensarlo mentre il coronavirus – una molecola invisibile e neppure essere vivente e solo un parassita – ci ha messi tutti in ginocchio: le persone e le istituzioni. Abbiamo scoperto, all’improvviso, che siamo tutti fragili e limitati. Anche se la tecnica parla di trans-umanesimo, di post-umanesimo, in questo tempo tutti abbiamo avuto paura, e l’abbiamo ancora, nessuno escluso. C’è una insopportabile sproporzione tra la capacità della morte di distruggerci e la nostra incapacità di difenderci. È un’angoscia che squarcia il cielo e che, possiamo dire, turba anche la quiete di Dio. Tutto il pianeta ne è avvolto. Vorrei dire, persino Dio, dal momento che nulla di noi gli è estraneo. Un altro Dio non esiste. E tutti speriamo in un futuro nuovo.

Nei Salmi è nascosta l’intera vita dell’uomo: da quando siamo ancora nel seno materno, alla nascita, alla giovinezza, alla vecchiaia. I Salmi ci mostrano un Dio che scruta le profondità del cuore, con le speranze e le angosce, i dolori e le gioie, le delusioni e i desideri; vede anche le ingiustizie, le cattiverie, le sopraffazioni. Le parole dei Salmi spingono a rivolgersi al Signore per lodarlo e ringraziarlo, per supplicarlo e invocarlo, per chiedere perdono e aiuto, come anche per reclamare giustizia e chiedere una dura repressione per chi opera il male. Nei Salmi l’uomo ritrova se stesso nel corpo, nell’anima, nei sentimenti, nella vita. E poi ci immergono nell’intera creazione. Il Salterio, ancora oggi, resta una delle fonti più saporose ove attingere le profondità dell’umano. Tutto nei Salmi è dialogo, confronto, preghiera: Dio e l’uomo vi prendono parola vicendevolmente. E il dialogo è stringente, a volte duro, sempre fiducioso. I Salmi sono un preziosissimo scrigno di preghiera e di sapienza. Me lo ricordava un caro amico, il rabbino Elio Toaff. Raccontava: «Mio padre fin da quando ero bambino mi raccomandava di portare sempre con me il libro dei salmi: “Non c’è situazione della vita – mi spiegava – che non trovi nei salmi una preghiera adatta”».

Aveva ragione! E posso aggiungere una notazione personale, il racconto di un episodio drammatico della sua giovinezza, quando venne catturato dai tedeschi e condotto alla fucilazione. Mentre si trovava nel luogo della fucilazione, chiese all’ufficiale che comandava il plotone di esaudire l’ultimo suo desiderio: recitare i Salmi. A sorpresa, l’ufficiale diede il permesso e subito dopo, mi raccontava Toaff, mentre si raccoglieva in preghiera poco distante dal plotone di esecuzione, qualcuno gli indicò la via della fuga. È un piccolo episodio che ci mostra nei Salmi uno degli assi portanti della preghiera, secondo le vie misteriose di Dio: pregare incide nella vita, la cambia. La salva! Il Salterio è un libro ispirato da Dio. Potremmo dire che sono parole come dettate da Dio. Ed è una sorta di invito da parte di Dio: se le pronunciate Dio le ascolterà, perché sono Sue! Sant’Agostino: «Nei Salmi possiamo intendere più la voce dello Spirito di Dio che la nostra, perché non potremmo dire quelle parole se egli non ce le avesse ispirate». Fin dalle origini la Chiesa ne ha compreso la preziosità. Molti cristiani, in particolare i monaci, hanno scandito le giornate con la «preghiera delle ore», composta in gran parte dai Salmi. È il noto «ora et labora»: prega con i almi e lavora (presso i monaci il lavoro era nei campi per coltivare e nelle biblioteche per trascrivere i codici). Pregando impariamo a pregare. La preghiera non è una valanga di parole nostre, e neppure è un esercizio emotivo, per “sentirci meglio”.

La preghiera – così fa la sua apparizione nel Primo Testamento – è anzitutto un grido, un grido viscerale di aiuto, arrischiato, nella speranza che qualcuno ascolti. L’Esodo narra che c’era Dio ad ascoltare quel grido di aiuto del popolo schiavo del faraone di Egitto. Quel grido diventò preghiera perché Dio lo ascoltò. Ecco il racconto della prima preghiera: «I figli di Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono fino a Dio» (Es 2, 23). Il Signore, sta in ascolto, ancor prima del grido degli ebrei, e dice: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido…. Sono sceso per liberarlo» (Es 3, 7). Quel grido è ascoltato e diviene preghiera esaudita: il Signore scende a liberare Israele dalla schiavitù del faraone. Quante volte e quanti ebrei – lungo la storia – hanno alzato a Dio le loro preghiere! Penso a quanti di loro, e non solo loro, – per fare un esempio più recente – hanno trovato nei salmi il conforto, mentre venivano calpestati nei campi di concentramento!

La tradizione ebraica ha conferito al Salterio una particolare importanza. È stato, e resta, il libro più importante della preghiera per gli ebrei. Per tre millenni quelle parole hanno accompagnato la vita di questo popolo e, per due millenni, quella del popolo cristiano. Ambedue i popoli, pur nella loro diversità, sono uniti nella preghiera del Salterio. Non c’è stato giorno in questi millenni che il popolo della Prima Alleanza e i discepoli di Gesù non abbiano indirizzato verso il cielo di Dio alcune delle parole dei salmi. Alla scuola di questa moltitudine credente (ebrea e cristiana), tutti possono, tutti possiamo, apprendere a pregare. I Salmi restano una scuola privilegiata di preghiera.

Per me personalmente è stato importante riprenderli in mano, in questo tempo così difficile per tutti. La terribile pandemia che ha colpito l’intero pianeta ci ha costretti a scendere più in profondità per riflettere sul senso delle nostre giornate e sulle scelte della nostra vita.
Una strada che dobbiamo intraprendere è la riflessione sui nostri stili di vita, modelli di sviluppo, sui costi che abitudini, consumi, modelli tecnologici, stanno scaricando sul pianeta in cui abitiamo. Possiamo e dobbiamo riflettere sulle disparità che esistono dentro la società in cui viviamo e tra i diversi paesi, tra sviluppo e sottosviluppo, disparità drammatiche di accesso alle risorse, alla cultura, all’educazione, ai servizi di base. Nei Salmi gli uomini e le donne di oggi ritrovano la vita in tutte le dimensioni: corpo, anima, sentimenti. E con l’intera creazione. I Salmi, più di noi, molto più di noi, sono esperti di umanità. Essi ci introducono in una scuola di saggi con un cuore saldo e una bocca generosa nella supplica, nella lode, nel lamento. Rappresentano una scuola di riflessione e di formazione, per una vita personale, sociale, «politica», rinnovata.