“L’elezione di Chiara Colosimo a presidente della Commissione antimafia rappresenta un segnale dei tempi, di questa stagione di normalizzazione e di restaurazione”, ha dichiarato il senatore del M5s Roberto Scarpinato, forse deluso per non essere stato scelto al posto della deputata di Fratelli d’Italia. “Bisogna tenere una linea di decenza istituzionale, in quanto la credibilità dello Stato si salva proponendo persone credibili”, ha poi aggiunto l’ex procuratore generale di Palermo, chiaramente riferendosi all’incontro avuto diversi anni fa fra Colosimo e l’ex Nar Luigi Ciavardini.

A favore della nomina di Scarpinato si era speso Marco Travaglio. Per il direttore del Fatto, l’ex magistrato siciliano in questo momento è l’unico in Parlamento a conoscere il “filo nero che collega 25 anni di strategia della tensione, da piazza Fontana del 1969 alle stragi del 1992-94”. Travaglio, però, dimentica che l’indagine “Sistemi criminali”, che avrebbe visto Cosa nostra, massoneria deviata, pezzi di Stato ed eversione nera, tutti insieme appassionatamente per destabilizzare il Paese, aperta proprio da Scarpinato nel 1998, non aveva portato a nulla, finendo subito archiviata. È interessante, invece, ricordare come avvenne la nomina della toga preferita dai grillini a procuratore generale di Palermo.

In aiuto alla ricostruzione dei fatti vi sono i libri scritti dall’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara e dal direttore di Libero Alessandro Sallusti, “Il Sistema” e “Lobby e logge”. La storia inizia nel 2012. La poltrona del procuratore di Palermo è occupata da Francesco Messineo. Il magistrato è in difficoltà per alcune vicende che riguardano il fratello. Al Consiglio superiore della magistratura aspettano solo un passo falso per sostituirlo. La Procura generale del capoluogo siciliano, invece, è vacante. Per quel posto hanno fatto domanda Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte, da sempre vicino a Gian Carlo Caselli.

Il primo è esponente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, il secondo del gruppo centrista Unicost, lo stesso di Palamara. Giuseppe Pignatone, allora procuratore di Reggio Calabria e anch’egli esponente di Unicost, e Palamara decidono di contattare Riccardo Fuzio, membro del Csm che poi diventerà procuratore generale della Cassazione. Anche Fuzio è di Unicost. Con lui si decide la strategia: Palamara dovrà convincere Lo Forte a ritirare la candidatura, in modo da spianare la strada a Scarpinato, in cambio dell’assicurazione, garantita da Magistratura democratica, che un suo esponente avrebbe preso il posto di Messineo. Md voleva Scarpinato ma la sua nomina non era affatto scontata: era necessario che Unicost convergesse nella votazione su di lui, e che Md ricambiasse il favore su Lo Forte nella successiva votazione.

Da casa di Fuzio, Palamara chiamò quindi Lo Forte assicurandogli la tenuta di questo patto, legittimato dalla presenza di Pignatone, che tra l’altro era suo amico. Pignatone in quel momento era in ottimi rapporti con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Lo Forte, al termine di queste manovre, revocherà la domanda e Scarpinato sarà nominato procuratore generale di Palermo agli inizi del 2013.

La spartizione a tavolino degli incarichi, per utilizzare le parole dello stesso Caselli, un “laido sistema”, non è stata smentita da Scarpinato. Nei suoi libri Palamara, comunque, aveva anche ricordato i rapporti di Scarpinato con Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e paladino dell’antimafia, condannato a 14 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Scarpinato si era difeso sottolineando che non c’era nulla di male ad aver avuto rapporti con Montante, all’epoca non inquisito. “Mi sarei aspettato da Scarpinato un accenno all’elenco di generali, esponenti di spicco del Ministero dell’interno, prefetti della Direzione investigativa antimafia e direttori del servizio segreto che si recavano da Montante per chiedergli favori”, aggiunse quindi Palamara. “Quando vennero trovati gli elenchi di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi esplose lo scandalo della P2”, ricordò l’ex magistrato. In occasione dell’arresto di Montante, infatti, durante la perquisizione a casa erano stati rinvenuti alcuni documenti da cui emergevano rapporti molto intensi con Scarpinato, ad esempio diverse “richieste”.

In particolare, un appunto datato 3 maggio 2012 con la dicitura: “Scarpinato (in quel momento procuratore di Caltanissetta, la città di Montante, ndr) mi consegna composizione del Csm con i suoi iscritti per nuovo incarico, procura generale Palermo più Dna”. L’appunto era una “mappetta” della sala del Plenum del Csm con su indicati, in maniera assai precisa, i nomi dei vari componenti, laici e togati, e la loro rispettiva appartenenza politica o di corrente.

Nei confronti del magistrato venne subito aperta una pratica per il trasferimento per incompatibilità ambientale, poi archiviata in quanto nel frattempo Scarpinato era stato trasferito da Caltanissetta a Palermo.