Non conosco il suo nome, so che aveva 26 anni. Era un ragazzino. Stava in cella in un carcere di Frosinone e aspettava che lo trasferissero a Rebibbia. Tra la prigione e la morte ha scelto la morte, non ce la faceva più di stare rinchiuso. S’è ucciso. Come pochi giorni fa si era uccisa, nella prigione di Verona, una sua coetanea, accusata di piccoli furti e tossicodipendente.

È una strage quella dei tossicodipendenti. Che sono un terzo dei prigionieri. Li acciuffano e li sbattono dentro. Lo sanno che sono soggetti debolissimi? Le conoscono le loro sofferenze? Sono al corrente della fragilità, della possibilità che non reggano dietro le sbarre? Chissà. Del resto la legge è legge e non puoi farci niente. Se hai sbagliato paghi. Anzi, paghi anche se non hai sbagliato ma il Pm pensa che tu sia colpevole. Magari, invece, potresti anche farci qualcosa, ma nel clima politico instaurato negli ultimi quindici anni in Italia, tra partito dei Pm e Cinque Stelle e giornali alla coda di Travaglio, è meglio che non ci provi nemmeno a far prevalere ragione e coscienza , sennò ti mettono nel tritacarne.

Qualche giudice di sorveglianza onesto e coraggioso ha provato qualche volta a ragionare, gli hanno dato del mafioso. Poche ore dopo la morte del ragazzo a Frosinone c’è stato un altro suicidio. Nel carcere di Arienzo, provincia di Caserta. Un uomo di cinquantanni. Credo che sia addirittura il suicidio numero 47 dall’inizio dell’anno. E noi lo sappiamo solo grazie al lavoro di vigilanza del Garante dei detenuti e di Antigone. Altrimenti il silenzio sarebbe assoluto.

47 morti suicidi, più o meno è il numero delle esecuzioni capitali in un anno in tutti gli Stati Uniti. Chiamatele pure carceri, se volete, prigioni, reclusori. Sono bracci della morte, sono patiboli. Il carcere così non ha nessun senso. È solo uno strumento di vendetta, per dare un po’ di gusto ai “buoni”, alle persone legali, per soddisfare i forcaioli, per mettere al sicuro le pulsioni repressive dei partiti. Ma la civiltà? Il diritto? Si faccia fottere la civiltà. Specie sotto elezioni. Ora bisogna raccogliere voti, non scherziamo, mica si raccolgono voti coi principi di civiltà. Lasciate che si suicidino, che poi se lo fanno ne avranno qualche ragione, no?

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.