Wojtyla e Ratzinger europei, Bergoglio no
L’eredità geopolitica di Papa Francesco: la nuova Chiesa, anziana in Europa, giovane e forte nei “continenti degli ultimi”
Numerosi i viaggi in Africa, Asia e Sudamerica, ma sulla guerra in Ucraina non ha mai preso una posizione netta

La cifra del politically correct che pervade il nostro lessico ha da tempo sostituito il classista “terzo mondo” con “Sud del mondo” per poi convergere su “maggioranza globale”: un modo più ecumenico e meno coloniale di riconoscere il peso politico e demografico dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia sud-orientale. A ben vedere, non poteva che essere un Papa venuto dalla fine del mondo, primo non-europeo da oltre un millennio, a riempire questo termine di significati: multi-polare, post-europeo, a tratti no-global.
L’eredità geopolitica di Francesco
Questa lente offre uno spaccato piuttosto coerente sul pontificato di Francesco: dall’apertura della Porta Santa nel 2015 a Bangui, capitale martoriata della Repubblica centro-africana, al viaggio fortemente voluto in Iraq nel 2021, fino a quello dello scorso anno in Indonesia, Timor e Singapore. I suoi strali sulla gestione delle migrazioni avevano una forte impronta pauperistica, ma non risparmiavano critiche politiche all’Occidente, da ultimo personificato nell’amministrazione americana. L’eredità geopolitica più complessa ha certamente riguardato l’invasione russa dell’Ucraina. Come la maggior parte degli osservatori, per di più di formazione cattolica e romana, ho avuto serie difficoltà a decifrare pronunciamenti di Francesco che rasentavano l’equivalenza (a)morale fra aggressore e aggredito.
Il tutto, certo, nel nome di una pace che Bergoglio non si stancava mai di implorare, per Kyiv come per Gaza. Ma ero arrivato a pensare che, alla vocazione di Papa Francesco per la giustizia sociale, non corrispondesse una fede altrettanto incrollabile nella giustizia internazionale. Su questo, la discontinuità con i suoi predecessori è lampante. Non è un esercizio ipotetico del terzo tipo asserire che Giovanni Paolo II, il cui papato fu segnato da uno strenuo e decisivo sostegno alla resistenza anti-sovietica in Europa centrale, avrebbe avuto una posizione più netta sul conflitto in Ucraina. Così come non è pleonastico ipotizzare che Benedetto XVI, i cui moniti si concentrarono spesso sul relativismo filosofico e dottrinale europeo, avrebbe apprezzato la presa di posizione europea a difesa del diritto, della sovranità e dell’integrità dell’Ucraina.
Wojtyla e Ratzinger europei, Bergoglio no
La verità, forse semplice ma non banale, è che sia Wojtyla che Ratzinger erano profondamente europei, mentre Bergoglio no. La verità è anche che la nostra postura a difesa dell’Ucraina, per quanto giusta, è marginale nel resto del mondo. Provate a chiedere di questa guerra in Sud Africa, in Brasile o in India e otterrete riflessi molto simili a quelli di Francesco. Come dimostrato da sondaggio dopo sondaggio, sull’Ucraina siamo minoranza nel mondo, mentre la posizione di Papa Francesco rappresenta la maggioranza. Si aggiunga a questo un istintivo anti-americanismo (si ricordi la frase di Francesco al Corriere della Sera sulla NATO che “abbaia” alle porte della Russia) e l’apertura del Vaticano alla Cina e otterremo una perfetta rappresentazione dell’evoluzione del mondo multipolare e della crescente influenza del Sud sugli equilibri di potere internazionale.
Un mondo sempre più estraneo all’Occidente
In questi giorni di cordoglio per l’uomo di fede e per la sua guida spirituale, è opportuno dunque soffermarsi sul significato di questo papato per l’ordine mondiale. È importante correlare questo pontificato ai profondi mutamenti che stanno attraversando la Chiesa e la sua comunità da un miliardo di fedeli. Questi mutamenti ci dicono che viviamo in un’Europa sempre più anziana e secolare. La visita, forzata e sgradita, del vice-presidente americano JD Vance ci ha anche ricordato come la fede cristiana in politica sia sempre più appannaggio di un’ultra-destra integralista e intollerante. Da primo papa gesuita, Francesco ha interpretato il suo pontificato nel modo più gesuita possibile: negli avvenimenti e nella Storia di un mondo che, in questa fase, è sempre più estraneo all’Occidente. E forse involontariamente, ci ha mostrato che il potere terreno in questo mondo risiede altrove.
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