#Iorestoacasa per qualcuno può rivelarsi il peggiore degli incubi, lo è certamente per le donne vittime di violenze familiari, costrette a convivere con il proprio carnefice e con la paura delle conseguenze, in un momento in cui anche il soccorso e l’intervento, delle forze dell’ordine è condizionato dalle misure per contrastare l’epidemia di covid-19. I dati sono chiari e noti: il 90% delle violenze avviene tra le mura domestiche e il 70% dei femminicidi è compiuto da mariti, compagni o ex e purtroppo nessuna pandemia è in grado di cambiare o invertire questi numeri.

A lanciare un forte allarme ed una nuova “chiamata alle arti” è la Ministra Elena Bonetti e il Dipartimento per le Pari Oppurtunità, con la campagna “Libera Puoi”, un messaggio di sostegno e coraggio alle donne che rischiano la loro sicurezza e la loro vita in queste settimane di forzata e intensiva convivenza domestica.

Fiorella Mannoia, Paola Turci, Giuliano Sangiorgi, Caterina Caselli, sono solo alcuni degli artisti che hanno aderito, prestando la loro immagine, alla campagna ideata in seguito alle denuncia della rete DI.RE, che insieme ad altri centri antiviolenza, ha registrato una significativa riduzione delle richieste d’aiuto già nelle prime due settimane di restrizioni. Importante è ricordare che i centri antiviolenza sono aperti, che il numero nazionale 1522 è sempre attivo e chi ha difficoltà a parlare, a chiedere aiuto con una telefonata, può scaricare l’app del 1522 per chattare in qualunque momento, con un operatore per ottenere sostegno e soluzioni.

Nel presentarvi la campagna, “Il Riformista” ha chiesto alla Dottoressa Anna Zanardi Cappon, membro dell’Associazione Europea di Psicoterapia, di fornire un ulteriore supporto e indicazioni alle donne che in questo momento sono in una situazione di pericolo e insicurezza.

Le donne vittime di violenza domestica, oggi costrette all’isolamento proprio con chi più temono, come possono gestire la paura?
La paura è un’emozione che ci dice quando dobbiamo stare attenti e quindi alle donne che sono in pericolo, dico di prendere sul serio il loro sentire. Sono e restano attive molte linee di aiuto e di centri che rispondono proprio a quelle donne ora chiuse in casa e  costrette ad un certo tipo di presenza e ad un certo tipo di minaccia, per poter essere aiutate e uscire da questa minaccia

Ci sono delle condotte che più di altre vanno evitate per proteggersi dalla violenza del propri convivente?
Quando la relazione è una relazione abituata alla violenza e abituata alla sottomissione il meccanismo è molto labile e molto delicato, quindi non c’è una modalità per controllare l’aggressività dell’altro.

Perchè non è possibile fare nulla?
Perchè non lo fai né con la sottomissione che a volte, addirittura, può eccitare un soggetto abituato alla violenza, né con la risposta aggressiva ed assertiva, poichè anche questa, in alcuni casi, eccita l’interlocutore. Il tema vero è sottrarsi il più velocemente possibile a un contesto nel quale l’interlocutore non ha un linguaggio differente se non quello della violenza, cercando di stare in uno spazio in cui non ha senso nègiudicarlo, né biasimarlo, né condannarlo, ma cercando di capire che sottrarsi a questo tipo di relazione è l’unico modo di aiutare chi abbiamo davanti e salvare noi stesse

Cosa fare in questo momento, se le stesse forze dell’ordine  hanno una possibilità di intervento condizionata dalle restrizioni?
Questo è il motivo per il quale ai primissimi segnali, una donna dovrebbe mettersi in salvo, allora il tema è come mai divenga sempre più importante la relazione con l’altro, anziché mettere in salvo se stessi.

Ecco, perchè?
Ma questa non è una domanda a cui si può rispondere in modo superficiale e generalizzato, poichè coinvolge la storia della vita di persone che si mettono nella condizione in cui l’identità di salvare l’altro diventa più importante della propria salvezza. Forse domandarsi perchè è così importante sentirsi salvatrice, anziché occuparsi in primis di salvare se stessi, è una buona riflessione, una riflessione che le donne non possono certo fare in una condizione di minaccia. Quindi la mia raccomandazione, avendo avuto esperienze con donne maltrattate, è quella di sottrarsi il più presto possibile, da ambiti nei quali la minaccia si può trasformare in un ultimo atto di violenza definitiva.

Come?
Chiedendo aiuto, usando gli strumenti a disposizione per denunciare, anche in questi giorni, in queste ore di restrizioni.