Stati Uniti ultimo baluardo
L’identità fluida di Vannacci: il generale che sogna la politica e lavora 6 giorni su 42
L’America fa il suo primo passo verso elezioni cruciali per mille ragioni, anzitutto identitarie, e critiche anche per noi che, di fatto smilitarizzati, dagli americani dipendiamo per la nostra sicurezza e difesa, in assenza di una Europa che, da gigante regolatorio quale è oggi, si rifiuta di irrobustirsi e si candida a fare solo il vaso di coccio tra vasi di ferro. La quale nostra sicurezza, a guardare come ribolle una certa parte di mondo intriso di fanatico odio verso noi occidentali, non è tanto al sicuro come quasi per scaramanzia miope ci convinciamo sia.
Abbiamo una curva demografica che mette in discussione la coesione sociale e la permanenza delle giovani generazioni in Italia, e fossi nel Governo anziché generici appelli a fare figli che sempre meno gente può mantenere, metterei in campo misure drastiche per evitare di diventare una gigantesca Rsa i cui conti non si sa bene chi e come dovrà pagare (sanità e previdenza, se non si cambia qualcosa, esploderanno, e con esse le tasse sui pochi che rimarranno qui a lavorare). Sono, queste, condizioni da terra di conquista per chi ne avesse l’intenzione, economica, e perché no militare, un domani. E io non voglio certo dover imparare l’arabo o fare il cameriere per i cinesi, mi scuserete.
Fossi nella politica nazionale dunque, oltre a dare strumenti alle imprese italiane per cercare nuovi mercati utili a aumentare la loro attrattività occupazionale (dove è finito il Ttip di libero scambio col nord America, che garantirebbe loro accesso al mercato di 400 milioni di top spender?) aggiungerei ben altro accanto alle vuote considerazioni di un generale scrittore che a mezzo televisione si offre a tutti per una candidatura utile a far cosa non si sa, dalla Lega al “Pd, che perché no, valuterei” (ammazza che identità fluida, complimenti). Lo stesso Generale che da quando è stato nominato Capo di Stato Maggiore ha chiesto licenza fino al 26 dicembre, e rientrato in ufficio il 27, fa le vacanze di fine anno per poi, il 4 gennaio, richiedere una nuova licenza per motivi familiari. Ma sempre collegato con qualche studio tv o a presentare libri.
Voi capirete che da cittadino e politico, sono un po’ preoccupato se, assurto a un prestigioso incarico, un uomo delle nostre istituzioni militari lavora 6 giorni sui 42 che ne conta il calendario. Per questo dunque guardo oltreoceano, allo zio Sam, che non si perde in cavolate da orchestrina del Titanic suonando il requiem per Chiara Ferragni, la sonata per Selvaggia Lucarelli, o la cavalcata delle valchirie per il Vannacci ‘stanco’. L’America che non scambia ridicolmente per genocidio la reazione alla barbarie del 7 ottobre di Israele, oggi frontiera d’Occidente, che non invoca come il Segretario Generale dell’Onu un’inchiesta sugli stupri di massa di Hamas (ci sono i video, non bastano? O attendiamo qualche debunker cuoco che ci dirà, tra uno spago e una fettina, se sono attendibili?), e che ci deve dire se e come vorrà essere l’ultimo baluardo della libertà occidentale.
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