Dazi
L’industria UE è debole e incapace di reagire, Fabio Zanardi: “La vera sfida è la competitività”. La guerra commerciale incubo di Bruxelles

«I dazi sono una misura tattica e temporanea, e non può essere questo l’unico punto su cui concentrarci. La vera sfida è la competitività». A dirlo è Fabio Zanardi, alla guida delle omonime fonderie di Minerbe (Verona) e presidente di Assofond, l’associazione del sistema Confindustria che raggruppa le imprese del settore. Le parole di Zanardi spostano l’attenzione dall’angoscia che i dazi Usa hanno generato nelle istituzioni europee ai mali strutturali del nostro sistema produttivo.
«L’Europa dovrà reagire e farsi rispettare», ha detto Macron. «Tuteleremo i nostri diritti», gli ha fatto eco Ursula von der Leyen. Dichiarazioni muscolari che però stentano ad avere un seguito concreto. Non è ancora chiaro quale sarà la reazione della Ue sul mercato. D’altra parte comincia a circolare la voce che le tariffe doganali di Washington saranno intorno al 10%. Nella stessa misura di quelle imposte dalla prima amministrazione Trump nel 2019. Viene da chiedersi: cosa cambierà, quindi?
«Se oggi riusciamo a esportare negli Usa è perché siamo capaci di fare delle cose molto meglio di loro, non certo perché siamo più competitivi», spiega Zanardi. «Pensiamo, per esempio, ai costi energetici che dobbiamo sostenere, che sono esponenzialmente più alti di quelli delle aziende americane, o ai costi del lavoro. Così non si può competere, dazi o non dazi. La realtà è che un protezionismo americano orientato soprattutto verso la Cina potrebbe aprire degli spazi interessanti, ma l’Europa deve lavorare per garantire la competitività delle sue imprese, assumendosi le proprie responsabilità per prendersi il ruolo che le spetta in questo scenario globale». Parole che portano a osservare il problema da un’altra prospettiva. Per dimensione delle imprese, costo del lavoro, regolamentazione e produttività, l’industria europea è in handicap rispetto alla controparte americana. Questo fa pensare che, se avessimo le spalle più larghe, i dazi non sarebbero un problema.
Per alcune filiere è proprio la sotto-dimensionalità a fare da elemento critico. In termini di tenuta sul mercato e al netto di qualunque protezionismo. Prendiamo l’agrifood, già vessato dal protezionismo del tycoon in passato e oggi a rischio per i prodotti importati grazie all’accordo Ue-Mercosur. Secondo Eurostat, nell’Unione ci sono poco più di 9 milioni di aziende agricole. La stragrande maggioranza di queste ha piccole dimensioni. Il 64% dispone di una superficie inferiore ai 5 ettari. Negli Usa invece operano circa 1,9 milioni di aziende agricole, con una dimensione media di 187 ettari per azienda. È una differenza importante, che porta a riflettere sui vantaggi per un agricoltore americano a non dover competere con prodotti di importazione – in genere migliori – e quindi disporre di un mercato interno molto più ampio. Anche sui costi energetici a spuntarla sono gli Usa. Secondo le previsioni dell’Energy Information Administration (Eia), nel 2025 i prezzi all’ingrosso dell’elettricità oltre Atlantico saranno in media di 40 $/MWh. Poco meno della metà delle bollette pagate dalle imprese europee. Il confronto potrebbe andare avanti anche su altri parametri.
A questi si aggiungono i distinguo sulle potenziali vittime o meno delle tariffe doganali. Certo, l’automotive ha tutte le buone ragioni di temerle. Meno il lusso, la componentistica e i macchinari industriali. Ciascuno per proprie motivazioni. Chi è disposto a spendere 400mila dollari per una Ferrari può non battere ciglio per un sovrapprezzo di altri 40mila. Diverso è il caso dei prodotti intermedi. Se è vera la tesi secondo cui Trump con i dazi vuole rilanciare i settori manifatturieri meno competitivi, questi dovranno investire in ricerca e sviluppo e in innovazione. E qui potrebbero entrare in gioco le forniture europee. Tuttavia, come ammesso dai nostri stessi imprenditori, la nostra qualità è appesantita da mali strutturali di cui né l’Europa né i suoi Stati membri si sono occupati fino a ora. Ieri Trump ha detto che le guerre commerciali sono facili da vincere. In realtà, il rischio è che per l’Europa sia facile perderle.
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