Se ancora qualcuno nutriva qualche dubbio, da ieri non ne avrà più neanche mezzo: l’Italia di Giorgia Meloni è schierata a pieno titolo con i paesi di Visegrad che discriminano gay, lesbiche, transgender. È schierata cioè con i Paesi omofobi. Giovedì sera scadeva la possibilità dei singoli Stati dell’Unione Europea per sostenere la causa della Commissione e del Parlamento europeo contro la legge voluta da Orban nel 2021 che censura la rappresentazione dell’omosessualità o del cambio di sesso nei libri scolastici, nei film e nei programmi tv per i minori di 18 anni.

Ursula von der Leyen aveva definito la legge «una vergogna». Una vergogna su cui l’Europa non è stata zitta, aprendo fin da subito una procedura di infrazione contro l’Ungheria. In assenza di passi indietro da parte di Orban, ha poi fatto scattare il deferimento alla Corte di Giustizia Ue. Toccava ai singoli Paesi scegliere da che parte stare. Francia e Germania insieme ad Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia hanno sostenuto la causa intrapresa della Commissione.

Nella lista non c’è l’Italia del governo di destra-destra che del resto aveva già fatto capire chiaramente da che parte stava nel momento in cui ha bloccato la trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali da parte dei sindaci e ha bocciato il certificato di filiazione europeo. Da oggi gli esponenti del governo e della maggioranza non potranno più provare a giustificarsi dicendo che la loro azione non è dettata dall’omofobia. Si tratta di una direzione politica precisa, che discrimina e alimenta l’odio contro la comunità lgbtqia+. L’Europa dei diritti è sempre più lontana.

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