Per la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni “le donne sono le prime vittime dell’ideologia gender”. Qualunque cosa essa sia. La premier, la prima donna nella storia della Repubblica a ricoprire tale incarico, ha rilasciato una lunga intervista al settimanale Grazia in occasione della Festa della Donna. E ha preso posizione senza mezze misure su temi come identità di genere, sul diritto a cambiare sesso, contro la gestazione per altri e a favore della famiglia tradizionale. Per Meloni “tutto questo andrà a discapito delle donne e le danneggerà” dice a proprosito dell’ideologia gender.

Cos’è, però, questa fantomatica “ideologia gender”? Si può definire come un termine ombrello, un neologismo usato dagli ambienti conservatori, cattolici, tendenzialmente di destra a partire dagli anni ’90 per riferirsi agli studi di genere e alle posizioni di movimenti femministi ed LGBTQIA+. Spesso in termini complottistici, come se si trattasse di sabotaggi della famiglia tradizionale. Ebbene per Meloni “un uomo non può essere donna per autodichiarazione”.

Oggi si rivendica il diritto unilaterale di proclamarsi donna oppure uomo al di là di qualsiasi percorso, chirurgico, farmacologico e anche amministrativo. Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile. Tutto questo andrà a discapito delle donne? Credo proprio di sì: oggi per essere donna, si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell’ideologia gender. La pensano così anche molte femministe”.

E infatti la Presidente Cristina Gramolini di Arcilesbica si è detta d’accordo con Meloni. “Concordo con il fatto che non si può saltare il corpo sessuato, cioè non si è donna essendo di sesso maschile per la sola autodichiarazione, questo nuocerebbe alla realtà e alle donne, ad esempio negli sport femminili o nelle politiche di pari opportunità”. Allo stesso tempo però “l’ideologia gender è giusta quando si dice che si è uomini e donne nel tempo in modi diversi, che non è naturale la maschilità e la femminilità, mentre è naturale il corpo femminile e maschile. I ruoli sessuali sono storici, i corpi sono naturali“.

Posizione completamente diversa da altri movimenti. Come per esempio Non una di meno: “Non mi stupisce che una parte di femminismo sia in sintonia con Meloni perchè storicamente esclude e non riconosce le donne trans come donne. Questo però non è il nostro femminismo”, ha detto un’attivista all’Ansa. “Per Meloni sembra ci siano orde di uomini che si vorrebbero autodichiarare donne per ricevere chissà quali vantaggi: un’idea priva di senso in un mondo in cui essere donna non è un elemento che porta privilegi o vantaggi”. Per Arcigay quella che Meloni definisce “proclamazione” è l’affermazione da parte di una persona della propria identità di genere. “Più che essere vittime della non meglio definita teoria gender – ha osservato all’agenzia Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza – le donne continuano a subire la violenza maschile”.

 

 

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Per Meloni “i bambini hanno il diritto ad avere il massimo: una mamma e un papà”. O dell’importanza della famiglia tradizionale: “Ho avuto la fortuna di avere una madre e una famiglia che non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma non posso dire che l’assenza di mio padre non abbia pesato nella mia vita. L’ho capito pienamente quando lui è morto, e mi sono resa conto della profondità della sofferenza che il suo vuoto aveva creato in me. Non conosco nessuno che rinuncerebbe a uno dei propri genitori o che sceglierebbe di essere cresciuto solo dal padre o dalla madre. I bambini hanno il diritto di avere il massimo: una mamma e un papà”.

A una donna che volesse decidere di interrompere la propria gravidanza la premier direbbe “di provare a darsi una possibilità, che non è sola, che lo Stato le darà gli strumenti necessari per non negare a se stessa la gioia di crescere suo figlio, di metterlo al mondo nelle migliori condizioni possibili”. Sul cosiddetto utero in affitto ha commentato: “È la legge italiana a dire che questa pratica non è lecita, non io. Non credo che commercializzare il corpo femminile e trasformare la maternità in un business possano essere considerate delle conquiste di civiltà. L’utero in affitto è la schiavitù del terzo millennio e non mi rassegnerò mai all’idea che possa essere l’esito di secoli di lotte per i diritti delle donne”.

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