Per la successione in corsa anche BoJo
Liz Truss si è dimessa, “l’erede” della Thatcher resta in carica sei settimane: l’addio dopo la tempesta economica e la rivolta nei Conservatori
Dopo 44 giorni si conclude l’esperienza a Downing Street di Liz Truss. La prima ministra britannica si è dimessa dal suo incarico ottenuto soltanto sei settimane fa dopo aver perso il sostegno di gran parte del suo partito, i Conservatori inglesi. Un record negativo per quella che voleva essere l’erede di Margaret Thatcher, per stile e per politiche economiche.
In una breve dichiarazione rilasciata ai giornalisti davanti Downing Street, la residenza del primo ministro, Truss ha spiegato di “non poter rispettare il mandato per il quale sono stata eletta dal Partito Conservatore. Per questo, ho parlato con sua maestà il re per comunicargli che mi dimetto da leader del Partito Conservatore”.
“Il governo ha ottenuto risultati sulle bollette energetiche oltre a delineare una visione per un’economia a bassa tassazione e alta crescita che sfrutterebbe le libertà della Brexit – ha rivendicato Truss – Ma riconosco che, data la situazione, non posso portare a termine il mandato per il quale sono stata eletta dal partito conservatore“.
BREAKING: Liz Truss has resigned as PM and Conservative leader, saying she “cannot deliver the mandate” on which she was elected.
There will be a leadership election “to be completed within the next week.”https://t.co/WUnquWwffN
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— Sky News (@SkyNews) October 20, 2022
Le dimissioni e il possibile erede
Le dimissioni sono arrivate dopo un incontro con Graham Brady, il capo del cosiddetto Comitato 1922, l’organismo del partito che tradizionalmente ha il compito di organizzare un voto di sfiducia nei confronti del leader quando un ampio numero di deputati annunciano la sfiducia.
Non è chiaro ora chi sostituirà Truss alla guida del partito conservatore e dunque al governo, visto che nel Regno Unito il capo del partito di maggioranza è automaticamente il primo ministro. Tra i favoriti c’è il Cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt, equivalente del nostro ministro dell’Economia, che però ha annunciato di non voler correre per la carica.
Ma secondo il Times in gioco potrebbe tornare anche Boris Johnson, che Truss aveva sostituito a Downing Street. Altri nomi spendibili sono quelli di Rishi Sunak, ex ministro dell’Economia del governo di Boris Johnson che era arrivato secondo nelle primarie di quest’estate, o Penny Mordaunt, ex sottosegretaria al Commercio.
Parlando coi giornalisti, Brady, ha detto che gli iscritti del Partito saranno coinvolti nella scelta del nuovo leader e che ci sarà una votazione entro il prossimo 28 ottobre, ma non ha chiarito con quali modalità.
Il Partito Laburista dopo le dimissioni di Truss ha chiesto di tornare al voto. Una mossa scontata visto che, stando ai più recenti sondaggi, la sinistra vincerebbe le prossime elezioni con un vantaggio molto ampio, per alcuni istituti di ricerca anche superiore ai trenta punti. Le elezioni generali nel Regno Unito sono piuttosto lontane, previste tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025.
L’origine della crisi
Le dimissioni di Liz Truss arrivano dopo un periodo di grosse contestazioni interne al partito, e non solo, per le riforme economiche annunciate dalla premier. La numero uno dei Tories aveva infatti proposto una serie di riforme per ridurre le tasse alle fasce più ricche della popolazione creando però nuovo debito: una mossa che aveva provocato la reazioni dei mercati e scatenato una ulteriore crisi economica in un Paese già colpito da una impennata dell’inflazione, pagata soprattutto dai ceti più popolari.
L’ondata speculativa aveva provocato il crollo della sterlina mettendo in pericolo l’intero sistema economico britannico e spingendo la Banca centrale a comprare titoli per placare i mercati. Di fronte alle critiche del suo stesso partito e a quelle ‘anomale’ arrivate addirittura dal Fondo Monetario Internazionale, non esattamente un covo di ‘socialisti’, Truss aveva deciso quindi di ‘sacrificare’ il suo ministro dell’Economia, Kwasi Kwarteng, e nominare al suo posto il moderato Jeremy Hunt, che come prima mossa ha cancellato gran parte delle misure fiscali su cui la ministra aveva basato il suo mandato e vinto le primarie interne ai Conservatori.
Un ulteriore colpo alla credibilità di Truss era arrivato mercoledì, quando il ministro dell’Interno Suella Braverman si è dimesso definendo la gestione di Truss “inetta e inadeguata“. Sempre mercoledì i Conservatori avevano rischiato di perdere un voto parlamentare importante sul fracking, ovvero l’estrazione di gas naturale tramite trivellazione di sedimenti rocciosi.
Una votazione che la stessa Truss aveva definito come “un voto di fiducia”, con la maggioranza che alla fine era riuscita a bocciare la mozione dell’opposizione laburista con 326 voti, senza il voto però di 40 parlamentari Conservatori.
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