Europa
L’UE investe sulle infrastrutture: produzione, trasporto e distribuzione di gas rinnovabili. La sfida del Piano REPowerEU

Mercoledì la Commissione europea ha presentato le comunicazioni Affordable Energy e Clean Industrial Deal. La prima indica le linee di intervento che la Commissione intende perseguire per ridurre i prezzi dell’energia; la seconda riguarda quelle per promuovere la decarbonizzazione del settore industriale. In entrambe i testi, idrogeno e biometano appaiono come elementi imprescindibili. Del resto, il Piano REPowerEU – che ha rivisto i target di decarbonizzazione europei a seguito della crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina – ha stabilito obiettivi ambiziosi al riguardo: 35 miliardi di metri cubi prodotti di biometano e 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde prodotte e altrettante importate, al 2030.
Come ribadito nella comunicazione Affordable Energy, per conseguire gli obiettivi del Piano REPowerEU sono necessari investimenti significativi anche in infrastrutture di trasporto e distribuzione, per accomodare le specifiche caratteristiche dei gas rinnovabili in termini sia di loro composizione sia di localizzazione e flessibilità della produzione e consumo. Lo stesso Piano REPowerEU parla di un fabbisogno di circa 37 e 27 miliardi di euro di investimenti, rispettivamente per biometano e idrogeno. Un simile fabbisogno richiede un contributo importante del settore privato e, soprattutto, capacità industriale per mettere a terra gli interventi richiesti e conseguire quelle economie di scala necessarie per evitare che i costi delle infrastrutture sterilizzino i benefici economici derivanti dal consumo di gas rinnovabili.
Che le efficienze generate dagli operatori di grandi dimensioni debbano trovare adeguato riconoscimento, alla luce dello scenario energetico di riferimento, è convinzione della stessa Commissione europea. Ciò emerge in modo chiaro dalla risposta della commissaria per la Clean, Just and Competitive Transition, Teresa Ribera, alla lettera di incarico della neoeletta presidente della Commissione. In quella lettera, von der Leyen indicava l’esigenza di modernizzare il quadro legislativo in materia di concorrenza con, in particolare, un aggiornamento delle linee guida sulle Concentrazioni Orizzontali per “attribuire adeguato peso alle esigenze dell’economia europea in termini di efficienza, resilienza, innovazione e investimenti richiesti dallo scenario competitivo”.
Nella sua risposta, la commissaria Ribera ha dichiarato esplicitamente la volontà di rivedere il quadro normativo europeo in materia di concentrazioni, allo scopo di “cogliere le necessità imposte dallo scenario di riferimento in termini di digitalizzazione, sostenibilità, globalizzazione, innovazione e resilienza” e di assicurare “che il controllo delle operazioni di concentrazione dia il giusto peso alle necessità dell’economia Ue e rifletta i più generali obiettivi di policy e le realtà di mercato, incluse le possibili efficienze”.
In altri termini, le dimensioni degli operatori industriali – per le efficienze che ne deriverebbero – sono considerate dalla Commissione quali fattori determinanti per il successo della competitività delle imprese europee nei mercati globali. Un’impostazione – come ripreso anche da autorevoli fonti di stampa internazionali, tra tutti il Financial Times – volta a supportare la nascita di veri e propri “campioni europei”, capaci di competere sui mercati globali alla luce, soprattutto, delle sfide imposte dalla transizione energetica e digitale. Dinanzi a tale riconoscimento non si può che tirare un sospiro di sollievo, vista l’accelerazione imposta al processo di decarbonizzazione, che richiede il raggiungimento di obiettivi molto sfidanti e in tempi oramai sempre più brevi. Per la nuova Commissione, il mandato sembra oggi essere green e bello ma grande ancora di più.
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