Se il via libera, un anno fa, ai fondi del Next generation Eu, è stato l’atto di nascita dell’Europa unita come confederazione e non più somma algebrica di stati, il Consiglio europeo in corso a Bruxelles ieri e oggi è il primo test politico di quella svolta che un anno fa sembrò scontata sotto la minaccia della pandemia. Non solo il caso Polonia, che, governata da conservatori nazionalisti, pensa di stare in Europa con un menu a la carte in mano per cui finché c’è da prendere soldi va tutto bene ma i trattati non si rispettano e gli impegni collettivi neppure. Sta fallendo anche l’altro test importante e qualificante per misurare l’Europa come casa comune unita dalla geopolitica oltre che dalle radici delle più antiche democrazie: la gestione del fenomeno migratorio. Via terra e via mare.

Su entrambi i fronti le tensioni registrate al Consiglio in corso sono tantissime. E come sempre sono i paesi dell’est Europa, Polonia e Ungheria a fare da capofila. Con la Polonia che cerca di scavalcare il diritto comunitario e si becca il cartellino rosso da Consiglio e Parlamento. Sulle migrazioni ieri sera, la riunione era ancora in corso, non si sono registrati impegni comuni. Amarissime le parole di Angela Merkel al suo ultimo meeting al palazzo Europa a Bruxelles, il numero 107 del suo lungo cancelleriato. «È e rimane un male che non abbiamo ancora trovato una linea comune sulla migrazione tra i 27 Stati membri, sebbene la Commissione abbia presentato ottime proposte». Vediamo se la notte porta consiglio. Vediamo se proprio la Cancelliera riuscirà nella sua ennesima mediazione di cui è maestra indiscussa.

Era stato chiaro Mario Draghi l’altro giorno nelle comunicazioni al Parlamento italiano. All’ordine del giorno del Consiglio ci sono temi come vaccini e pandemia (come l’Europa si sta attrezzando per combattere eventuali nuove emergenze sanitarie), la transizione digitale, il costo dell’energia, le migrazioni e l’ambiente con l’agenda Cop26. Temi chiave ma lontani dal ring delle polemiche politiche italiane dopo lo shock delle amministrative. Era stato chiaro e durissimo Draghi, per chi ha voluto avere le orecchie attente. «È impensabile – ha detto tratteggiando quale Europa per il futuro dopo la pandemia- affrontare da soli sfide come difesa, pandemia, economia». La transizione ecologica «deve essere affrontata con le nuove tecnologie, non ci sono alternative». Bene superare il carbone, ma coraggio sulle rinnovabili. Sull’annosa e sempre urgente questione delle migrazioni «l’unica soluzione è che l’Unione si concentri sul modello dei corridoi umanitari», quindi uno sforzo collettivo e condiviso. Basta con i paesi del primo sbarco, tra cui l’Italia, abbandonati a se stessi. Sulla Polonia infine, Draghi è stato perentorio: «Non si sta in Europa solo quando si ha bisogno dell’Europa».

Il nodo stato di diritto e Polonia che sta cercando di scavalcare il diritto comunitario è stato inserito alla fine all’ordine del giorno. E questo non è stato gradito né dai polacchi né dagli ungheresi che hanno inaugurato il vertice con parole chiare e di sfide. «Non accettiamo pressioni, vogliamo trattare» ha detto Morawiecki. «Ridicolo pensare a sanzioni per i polacchi che hanno ragione» ha fatto eco il leader ungherese Orban . Il tema si riduce a questo: l’Europa deve essere una vera Unione che rispetta regole comuni, ad esempio sui diritti civili, o una somma di singole nazionalità che cercano sempre e comunque di prevalere? Detta ancora più chiaro: in un mondo che vede schierati da una parte il colosso Usa e dall’altro quello cinese con la Russia a fare da sparring partner a seconda delle necessità, è chiaro che l’Europa deve saper fare massa comune per reagire di fronte alle varie emergenze geopolitiche, quelle economiche (oggi ad esempio mancano materia prime e l’inflazione galoppa), sanitarie e migratorie. Da qui il progetto di portare al 20% la produzione europea di chip e semiconduttori. La nascita dell’agenzia Hera per la produzione di vaccini. Un esercito comune per proteggere le frontiere europee. Con quello che ne consegue di oneri e condivisioni. Polonia, Ungheria e i paesi di Visegrad vorrebbero invece continuare ad essere stati individuali non condivisi. È la lotta tra nazionalisti ed europeisti. Come se la pandemia non avesse insegnato nulla.

Tutto origina dalla sentenza della Corte costituzionale polacca che il 7 ottobre ha dichiarato illegittime secondo il diritto nazionale alcune norme del Trattato Ue. Quella sentenza ha sancito il primato del diritto polacco su quello europeo. Un precedente gravissimo per l’essenza stessa dell’Unione. Che quindi è diventato centrale, per quanto non previsto, nella prima riunione utile. Il Consiglio in corso. Si tratta di una crisi politica istituzionale assai rischiosa per l’idea stessa della Ue. Un clamoroso passo indietro. Così ieri il Parlamento europeo ha votato una risoluzione «sulla crisi dello stato di diritto in Polonia e la primazia del diritto Ue». «Il Parlamento – si legge nel testo – condanna il tentativo di minare il primato del diritto comunitario e chiede al Consiglio e alla Commissione di proteggere il popolo polacco e l’Ue». Il testo è stato approvato con 502 voti favorevoli, 153 contrari e 16 astensioni. Tra i contrari anche Lega e Fratelli d’Italia nei rispettivi gruppi parlamentari europei, i Conservatori e Cultura e identità.

La risoluzione approvata parla di «attacco alla comunità europea di valori e leggi nel suo complesso» e afferma che il Tribunale è stato trasformato «in uno strumento per legalizzare le attività illegali delle autorità». I deputati chiedono alla Commissione e al Consiglio di intraprendere azioni urgenti come la procedura di infrazione, la non approvazione del progetto del piano di ripresa, l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato dell’Unione europea o la sospensione dei pagamenti da parte dell’Ue. Si cerca di fare di tutto per evitare una rottura che non è solo giuridica, ma essenzialmente politica perché la sentenza polacca mina il quadro legale su cui si fonda l’esistenza dell’Unione. Per la maggior parte degli Stati, Italia compresa, l’indipendenza dei giudici è argomento “non negoziabile”. In mancanza di decisioni concrete per ripristinare lo stato di indipendenza dei giudici in Polonia, Bruxelles non darà il via libera ai 36 miliardi del Next generation Ue polacco. Il nodo migrazioni è stato rinviato a oggi. Il caro energia è stato il menu della cena di ieri sera.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.