È Marcello Viola il nuovo procuratore capo di Milano. A deciderlo è stato il Plenum del Csm: Viola, attuale procuratore generale di Firenze, ha ottenuto 13 voti, mentre gli altri candidati, il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli 6 voti e il procuratore di Bologna Giuseppe Amato ha avuto 3 preferenze.

Tre invece gli astenuti, tra cui il vicepresidente del Csm David Ermini, il il Primo Presidente Pietro Curzio e il Procuratore generale Giovanni Salvi.

La votazione sulla nomina del procuratore di Milano non era in realtà prevista per oggi, ma a inizio plenum è stata votata a maggioranza un’inversione dell’ordine del giorno su richiesta del consigliere togato Antonio D’Amato, presidente della V Commissione del Csm.

Nel corso del ‘dibattito’ il consigliere togato indipendente Nino Di Matteo ha ricordato come la scelta di Viola sia un segnale di “discontinuità” rispetto alla gestione precedente di Francesco Greco, l’ex procuratore capo andato in pensione lo scorso novembre, che è finito al centro di inchieste e veleni per la gestione di indagini come Eni-Nigeria o dei verbali di Amara sul caso Loggia Ungheria.

Sono onorato e ringrazio il Csm per questa nomina così importante“, ha detto a caldo Viola commentando con LaPresse la nomina a procuratore di Milano. “È una nomina che mi responsabilizza molto – ha aggiunto Viola – e sono consapevole del fatto che quello di guidare la Procura di Milano sia un incarico particolarmente delicato, ma metterò il massimo impegno nello svolgere il ruolo direttivo che mi è stato assegnato come ho sempre fatto“.

La carriera di Viola 

In magistratura dal 1981, Viola è stato giudice a Lanusei, pretore ad Avola ed a Palermo. Dopo la riforma del codice di procedura penale, è stato prima giudice e poi pm a Palermo. Promosso procuratore della Repubblica di Trapani, dal 2016 è pg a Firenze.

Già in lizza anche per guidare la Procura di Roma, col Csm che gli ha preferito Francesco Lo Voi, che ha lasciato Palermo per la Capitale, con la sua nomina arriva alla guida di Milano un “papa straniero”. Viola è stato infatti preferito a Maurizio Romanelli, unico candidato “interno” alla procura meneghina.

Contro Viola, fattore che ha giocato un ruolo chiave anche nella mancata nomina come successore di Giuseppe Pignatone alla procura di Roma, è stata utilizzata anche l’ormai nota questione della cena all’Hotel Champagne di Roma. La vicenda è quella della cena del 9 maggio 2019 tra l’allora consigliere del Csm Luca Palamara, cinque ex togati del Consiglio e i deputati renziani Luca Lotti (indagato in quel momento proprio dalla Procura di Roma) e Cosimo Ferri (magistrato già leader della corrente di Magistratura Indipendente), in cui si sarebbe deciso la nomina del nuovo procuratore di Roma.

Lì si sarebbe deciso che il nome più adeguato fosse propri quello di Viola, che però era estraneo alle manovre ‘politico-giudiziarie’: insomma, si sarebbe trattato di illazioni, tanto che non verrà mai trovata traccia di alcuna conversazione o messaggio tra lo stesso Viola e Palamara.

(in aggiornamento)

Redazione

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